Urticare la retorica

23 Maggio 2020 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

A margine della Giornata della Legalità, una riflessione urticante fuori dalla melassa retorica: Totò Riina, lo stragista mandante di Capaci e via D’Amelio è morto in carcere a Parma; Giovanni Brusca, esecutore materiale “pentito” della strage che uccise Falcone, chiede invano i domiciliari e resta a Rebibbia; Giuseppe Graviano, esecutore materiale della strage che uccise Borsellino, è al ventisettesimo anno di carcere duro a Trani. Perché invece gli stragisti di Bologna sono usciti dal carcere da un quarto di secolo? Perché gli stragisti di via Fani sono tutti liberi da anni? Perché buona parte del commando brigatista che uccise Roberto Ruffilli, il generale Hunt, i poliziotti di lungotevere Pietra Di Papa è libero e addirittura c’è chi è stato scarcerato per fargli raggiungere la Svizzera ormai quasi vent’anni fa? Qual è la differenza tra l’attacco al cuore dello Stato compiuto dai mafiosi e quello invece realizzato dai terroristi di destra e di sinistra? Molto semplice. I mafiosi sono contadini siciliani semianalfabeti, profondamente disprezzati dal contesto mediatico, politico e giornalistico in voga. Giustissimamente dunque sono destinati a morire in carcere per le loro orrende azioni che hanno avvelenato il Paese. I terroristi no. Perché?

Il motivo è uno. I terroristi andavano a scuola, all’università, nei movimenti a “contestare lo Stato borghese” insieme a coloro che guidano l’Italia anche attualmente dai giornali, dai partiti, dalle tv. Il terrorista “si porta bene in società” e nella società che conta. Per Giusva Fioravanti e Francesca Mambro c’è la benevolenza di Emma Bonino, la nostalgia dei bei tempi che furono dei politici di destra, la simpatia dei giornalisti di sinistra. In un bar venni duramente affrontato davanti ad allibiti testimoni da un noto parlamentare di Fratelli d’Italia irritato da un mio libro in cui avevo ricordato che sono per sentenza passata in giudicato gli esecutori materiali della strage di Bologna (85 morti, 200 feriti) e di altri orrori che avevano fatto arrivare sulla coppia ben nove ergastoli, di fatto non scontati. Analogamente non si contano le interviste, i libri, i convegni, le trasmissioni tv in cui i protagonisti delle rievocazioni delle “gesta” brigatiste sono i terroristi stessi, coccolati da politici e giornalisti appartenenti al loro stesso “album di famiglia”.

Questa è l’Italia, organizzata per clan e se sei nel clan giusto puoi essere anche uno stragista, ma la rete degli amici degli amici arriva sempre a proteggerti. Altro che Giornata della Legalità. Servirebbe prima uno straccio di giustizia, che in questo Paese così organizzato è semplicemente impensabile, perché le leggi servono a colpire i nemici, mentre per gli amici sono sempre e solo da interpretare. L’unico elemento che accomuna tutto è l’oblio per le vittime, che oggi dovrebbero offrire una sonora pernacchia alla retorica della Giornata della Legalità.