PER UNA GRANDE E DEFINITIVA CASA COMUNE

26 Aprile 2024 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

Il leghismo bossiano occupò negli Anni Ottanta e Novanta uno spazio di rappresentanza politica lasciato vuoto, quello di un nord produttivo che si sentiva sfruttato da “Roma ladrona” e voleva sganciarsi da un sud clientelare assistito dalla peggiore politica. Bossi voleva mettere il tricolore “al cesso”, s’era inventato grazie a Miglio la Padania e pure i riti dell’ampolla con l’acqua delle sorgenti del Po. Salvini lo sa bene perché Radio Padania la dirigeva e lì sì respirava il clima da coro da stadio contro i meridionali, intonati in un noto video da Salvini stesso. Pino Daniele di contro intonava “questa Lega è una vergogna” a suggellare un’incompatibilità strutturale tra le istanze, a mio avviso peraltro sensate, di regioni le cui imprese costituivano buona parte del Pil nazionale e uno Stato italiano capace di divorare risorse sprecandole per nutrire le proprie burocrazie oltre che in un assistenzialismo scriteriato verso il Sud.

Nei film di Checco Zalone, l’Alberto Sordi dei nostri tempi, il leghista militante guarda al meridionale come a un adoratore del “posto fisso” ottenuto con pratiche clientelari, a un carabiniere che raccomanda il nipote inadeguato e si arrangia con qualche piccolo impiccio, a un falso invalido che balla sfrenato ad una lunghissima festa per un battesimo. Salvini alle europee 2019 ha preso il 35% dei voti, stavolta spera di non andare sotto l’8% delle politiche 2022, che è la stessa percentuale che prese la Lega di Bossi alle politiche 1994 concentrando tutti i consensi al nord e ponendo così le basi per governare oggi Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia: più di un quarto della popolazione italiana, con alto tasso di produttività.

Mi chiedo da tempo perché le migliori intuizioni politiche, anche assai redditizie per i leader, siano state tutte mandate in rovina: Berlusconi si inventò il Popolo della Libertà che alle europee del 2009 andò sopra il 35% alle politiche 2013 diventato il 21% e poi si sciolse, oggi Forza Italia è all’8%; Renzi prese addirittura il 41% alle europee 2014, oggi spera di superare lo sbarramento e per farlo deve allearsi con Emma Bonino; di Salvini si è detto, alle europee 2019 aveva tutto in mano con il 35%, oggi nel suo partito affilano le lame in vista delle Idi di giugno. Sono convinto che la Meloni andrà oltre il 30% stavolta, ma poi resisterà? La mia impressione è che il sogno dei “pieni poteri” accechi un po’ tutti.

Berlusconi non sopportava “i piccoli partiti” e si ritrovò a farne nascere di nuovi che volevano sottrarsi al suo strapotere, tra cui lo stesso Fratelli d’Italia che alle politiche 2013 prese meno del 2% e guardate ora dov’è. Renzi pensò di potersi permettere di tutto compresa la legge Cirinnà e il referendum su se stesso per farsi incoronare imperatore, sappiamo come è andata. Salvini svaporò tra i fumi alcolici dell’estate del Papeete con annesso delirio di onnipotenza e oggi deve affidarsi alle preferenze del generale Vannacci e del ras molisano Patriciello, fotografie di tutto ciò che è l’esatto contrario del dna leghista. Tutti avevano pescato il biglietto vincente della lotteria, tutti l’hanno perso. Perché? Cosa vogliono gli italiani? Intanto vogliono un capo, un leader vero. Poi vogliono valori chiari di riferimento, direttamente riferiti ai valori cristiani, lo sapeva bene la Dc. La stagione migliore di Berlusconi coincide con la difesa della vita di Eluana Englaro, di Renzi con la proposte del boy scout che rottama i leader comunisti, di Salvini con lo sventolìo del rosario, persino Di Maio al massimo della gloria si faceva fotografare mentre baciava la teca col sangue di San Gennaro, mentre la Meloni con la storia della “donna, madre e cristiana” ci ha fatto pure una hit per discoteche.

A sinistra ancora girano con Alessandro Zan e i cartelli contro “Dio, patria e famiglia”. Sentivo Elly Schlein intervistata da Formigli ieri sera a La7 ed era percepibile la totale inconsistenza, sembrava una passata di lì per caso tra una seduta dall’armocromista e una leggiucchiata sommaria di M di Scurati. Scelsi ad un certo punto della mia vita, quando si sfaldarono i grandi partiti cattolici in cui avevo militato (Dc e Ppi), di stare a sinistra perché la forza evocativa della sinistra era l’idea di migliorare le condizioni di vita di chi stava peggio, degli ultimi e dei penultimi. Mi candidai al Parlamento con quel Pd che prese il 38%, perché la proposta al Paese era chiara. Poi fu tradita, io lo lasciai e come me lo fecero molti milioni di italiani, non mi meraviglio che oggi la Schlein consideri un grande successo raggiungere la metà di quella percentuale. Manca del tutto la proposta. E lei non è assolutamente credibile come capo.

Lo è di più Giorgia Meloni, ma il dubbio che Fratelli D’Italia passa fare la fine che fecero tutte le forze che negli ultimi 15 anni hanno superato il 30% dei voti (PDL di Berlusconi, Pd di Renzi, M5S di Di Maio, Lega di Salvini) è più che legittimo. A queste elezioni europee il mio consiglio è di votare il progetto Libertà perché, nel piccolo, propone il percorso che secondo me serve al Paese. Unire le forze, ridurre tante sigle ad un solo soggetto, federare in nome di valori forti e di un progetto che usa parole chiare: pace, autonomia, sussidiarietà, rifiuto dei diktat sovranazionali che ledono gli interessi di famiglie e imprese italiane.

Credo che tutto ciò che non è di sinistra, nel medio termine, debba percorrere la strada indicata da Libertà: un grande contenitore popolare e valoriale, in cui ognuno con la sua identità possa sentirsi a casa nella difesa dell’interesse nazionale. Credo che solo questo traguardo chiuderà la lunga stagione di transizione politica che in questo XXI secolo ha portato gli italiani già ad affidarsi a cinque diverse leadership per cercarne una buona. Meloni rischia di compiere lo stesso errore di Renzi: stravincerà le europee e allora proverà la forzatura costituzionale sul premierato. Finirà per perdere il relativo referendum e con esso perderà tutto. E allora si ricorderà di un Salvini che nell’infinito gioco dell’oca della politica italiana è tornato alle percentuali di Bossi, ma senza la chiarezza del senatur, che almeno non doveva rincorrere i Vannacci e i Patriciello per tappare le falle di una barca che affonda perché ha perso la rotta.

Se in quindici anni l’Italia ha misurato cinque leader da 30% o più, tutti diversi, vuol dire l’Italia è a caccia della sua nuova Dc, che non a caso durò al potere più di mezzo secolo tenendo insieme le istanze più diverse ma con un comune orizzonte valoriale. Sfottono il progetto Libertà perché assomma troppi simboli al suo interno, ma vi assicuro che le correnti democristiane erano di più. Dopo le europee si assuma il progetto Libertà come modello, a me piace anche il nome, si costruisca una grande e definitiva casa comune di forze nazionali alternative alla sinistra, sul modello dei repubblicani americani più che dei conservatori inglesi. Solo così finalmente l’inutile gioco dell’oca delle leadership che brillano per una stagione sola finalmente finirà.

Teniamo per una prima fase tutti le nostre organizzazioni, così nessuna avrà paura di perdere il proprio ruolo e il proprio peso, usiamo i voti delle europee per stabilire le proporzioni dei rapporti di forza, poi progressivamente verrà naturale organizzare un processo di unificazione reale e di costruzione sostanziale della casa comune. Può essere uno straordinario progetto che incontrerebbe davvero l’interesse degli italiani stabilizzandone il consenso per un partito guida e una vera leadership da eleggere democraticamente. Sarebbe una entusiasmante nuova stagione di cui la politica italiana ha bisogno, per offrire finalmente un approdo a troppe navigazioni arzigogolate e bislacche. Occorre una semplificazione nella chiarezza.