Mario Adinolfi: Capitale amorale

25 Giugno 2019 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Sarà lunga questa estate romana che puzza ormai solo di monnezza lasciata irrancidire per strada, nella solitaria follia di Virginia Raggi che immagino stia contando i giorni che mancano alla fine del suo mandato (sono più di settecento però) e nel frattempo passa il tempo congratulandosi con Sala che ha ottenuto quelle Olimpiadi che lei sdegnosamente rifiutò e Roma 2024 avrebbe vinto a spasso e Dio sa se la città ne aveva un disperato bisogno, per tirarsi un po’ a lucido dopo decenni di terrificante degrado. Ma di questo hanno parlato in tanti più autorevoli di me, siamo certi che la Raggi manco si ricandiderà nel 2021, il problema è che non immaginiamo chi potrebbe sostituirla invertendo la tendenza al disastro. Perché? Perché Roma è ormai capitale amorale di una nazione che non la ama, che i romani stessi non amano più. Credo che se potessimo votare cederemmo volentieri governo, Parlamento, ministeri e ruolo a Milano: ne riconosciamo ormai la superiorità su tutti i piani (salvo quello della bellezza, ma è merito degli antichi e degli antichi papi, noi la stiamo solo mandando in malora).

Volete la fotografia della capitale amorale? La morte del povero Francesco al rave organizzato sotto la celebre statua de La Sapienza all’Università La Sapienza. Sotto la statua Francesco, un laureato della Luiss foggiano di quelle famiglie del Sud che sperano di salvare i loro ragazzi mandandoli “a studiare a Roma”, non ci è mai arrivato: si è reciso l’arteria femorale cercando di scavalcare una cancellata. Eppure l’ingresso principale, quello di piazzale Aldo Moro, era aperto. Però al rave partecipavano migliaia di ragazzi, c’era la fila perché si entrava solo “con sottoscrizione”, cioè un biglietto abusivo ottenuto versando almeno due euro. Francesco ha cercato la scorciatoia e c’ha rimesso la pelle. I ventuno che incassano i soldi raggruppati nel “collettivo” (nome che certa sinistra universitaria ama dare alle associazioni a delinquere) Sapienza Clandestina se ne fottono, già pensano al prossimo evento che terranno sempre dentro l’università La Sapienza l’11 luglio. Altri denari a fiumi che entreranno: il biglietto abusivo da almeno due euro, tre euro il bicchiere di birra, cinque euro il cocktail, poi c’è l’ovvio spaccio di droga di ogni genere, dalla cannabis fino a tutte le sintetiche. Tutto questo avviene sistematicamente più volte al mese dentro l’università più grande d’Europa, di notte, come fosse cosa loro, in maniera totalmente non autorizzata. Gli introiti sono ovviamente tutti “esentasse”, cioè mai registrati. Badate bene, dentro l’università c’è un commissariato di polizia. Non ha mai agito. La Questura fa sapere che per agire ci deve essere la richiesta del rettore. Il rettore dice di aver fatto sessanta denunce. Ma aggiunge subito: “Non sono uno sceriffo”. Frase che vuol dire che ha tacitamente autorizzato tutto. La Questura ha fatto sapere informalmente che, richiesto di un intervento del commissariato sul rave in questione, il rettore ha fatto capire di lasciar perdere.
Roma puzza di putredine e dentro questo olezzo stanno i ventuno capetti di Sapienza Clandestina, il rettore che li lascia fare, il commissariato che tutto sommato una grana in meno, la fiumana di soldi da grandi evasori fiscali incassata in ogni serata da questi spacciatori di sballo, alcool e droghe, il tutto in una tramortita indifferenza morale generale. Roma è diventata così. Ve la ricordate Desiree, la ragazzina drogata e stuprata e uccisa a San Lorenzo? Tre giorni di indignazione, Salvini che va sul posto a giurare che non accadrà mai più, i media che si occupano ossessivamente della vicenda per meno di una settimana. Tornate nel posto dove hanno ammazzato Desiree, troverete tutto esattamente come prima. Così, nonostante Francesco, Sapienza Clandestina incasserà un fiume di altri soldi a nero nell’evento non autorizzato ma manco impedito dell’11 luglio.
Si muore inutilmente in questa città, attraversata da gabbiani che sembrano avvoltoi che attendono solo un destino già scritto che noi non abbiamo più alcuna forza morale per evitare.