Mario Adinolfi: su questa storia del fascismo

2 Novembre 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Il “test” di Michela Murgia su quanto siamo fascisti se crediamo alla famiglia naturale e ai bimbi che nascono da una mamma e un papà può essere preso da un duplice versante: quello comico e allora stiamo dalle parti di Geppy Cucciari, che però è più alta e più divertente (odo le grida murgiane “sessista, fascista”). Oppure facendo finta che sia una cosa seria. La cosa seria non è il test, ma l’ossessione per il fascismo della sinistra orfana del partito di riferimento e del leader forte.

Finché c’erano il Pd al 41% e Renzi, Murgia borbottava qualcosa ma niente fascismo. Quando arrivano “gli altri”, scatta sempre lo strillo antifascista, sempre più artefatto, sempre più inverosimile, da trentacinque anni. Dopo la morte di Berlinguer e la crisi del Pci divenne “fascista” Bettino Craxi, veniva disegnato sempre in pose mussoliniane dalla satira e ovviamente D’Alema e soci lo appesero per i piedi in Tunisia incastrato tra l’essere esule e essere latitante. Poi fu ovviamente “fascista” Bossi e i ministri di sinistra in Europa non gli stringevano la mano manco fosse il novello Hitler, che poi si sa che per essere Hitler non bisogna avere figli, comunque anche a Bossi l’inchiesta giudiziaria per farlo fuori non gliel’ha tolta nessuno. Non parliamo dei paralleli Berlusconi-Mussolini che per vent’anni c’hanno ammorbato con i 25 aprile trasformati in ridicole parate anticav, che poi a voler essere precisi il fascista lì era Fini, ma siccome era da usare per fare il culo a Silvio a Fini veniva perdonato tutto e se il Giornale scriveva che era un ladro lui e la sua famiglia, scattava subito Saviano (molto amico della Murgia) a dire che quello era un quotidiano ovviamente “fascista” e contro Fini era stata messa in moto la “macchina del fango” (già, pochi se lo ricordano ma la felice espressione fu coniata per difendere Fini dagli articoli sulla casa di Montecarlo, ora si usa per difendere i sodali politici quando finiscono nei guai con i magistrati: se invece ci finiscono gli avversari si invoca la “legalità”). Chiaro che anche con il Berlusconi mussoliniano a fare il 25 luglio ci hanno pensato i magistrati con una spruzzatina di spread.

Ora ovviamente Murgia si agita perché Salvini è fascista, c’è il guaio che il Fatto Quotidiano è al governo con Di Maio, altrimenti pure Travaglio ci si metteva, Saviano lo sappiamo, è già della compagnia. Ed allora non solo il test stampato sull’Espresso con i toni da psicopolizia orwelliana, ma anche il libro primo in classifica che è M di Scurati e M avete capito chi è (Mussolini, non Matteo, caproni), gli editoriali scandalizzati per il raduno di Predappio (si fa ogni anno, da sessant’anni, solo stavolta si sono andati a leggere cosa c’è scritto sulle magliette?), persino il film Sono tornato dato a manetta su Sky dove l’antifascismo militante lo affidano alla credibilissima capacità di recitarlo di Frank Matano (che ci fa innamorare tutti di Popolizio, che fa quello che è tornato, sempre M).

Perché quest’ossessione della sinistra con il fascismo? La mia risposta è secca: perché sono composti della stessa pasta, hanno lo stesso istinto totalitario, non a caso Mussolini nasce socialista rivoluzionario massimalista. Il test della psicopoliziotta è pubblicato su un settimanale che un paio di mesi fa ha fatto una copertina che intendeva negare a Salvini persino il diritto di appartenenza alla razza umana. Verso l’avversario in quell’ambito non c’è un sano vigore proprio della contesa politica, c’è invece la volontà di personale distruzione, deve morire, con qualsiasi mezzo. Non è degno di alcun rispetto o considerazione, è feccia “ignorante” di cui farsi beffe consegnandolo poi dal ridicolo direttamente al boia, di solito attivato da magistrati iscritti a MD.

Invece sono solo capre. Appena sentite questa banda di guitti evocare il fascismo, sgargarozzatevi di risate. Il fascismo è stata la più grande tragedia nazionale della storia italiana e non per le leggi razziali, non per l’entrata in guerra con Hitler, ma per quello che avvenne molto prima: la cancellazione del diritto a esistere di una opposizione in politica e nella società. La tragedia non è nessuna delle orrende leggi “fascistissime”, non è il terribile omicidio Matteotti, la chiusura di giornali e partiti. La tragedia è che al discorso del 3 gennaio 1925 di Mussolini che instaurò di fatto la dittatura in Italia non reagì nessuno. Il fascismo è tragedia nazionale perché governò con il consenso della stragrande maggioranza degli italiani e Mussolini si dimostrò politico insuperabile e anche statista, perché la mole di riforme varate dal fascismo non ha pari nella storia italiana. Gli italiani barattarono la loro libertà con il miglioramento delle condizioni di vita assicurato da un governo dittatoriale, sostenendolo perché quel Mussolini dirigeva l’Italia facendo stare meglio i suoi connazionali. È la stessa tragedia da cui i tedeschi non si sono ripresi, perché sanno che il male assoluto non furono Hitler o la Soluzione Finale, ma la entusiastica adesione e la fattiva collaborazione del popolo tedesco all’uno e all’altra. E i tedeschi, gente seria, mai si sono sognati di definire Kohl o la Merkel, che pure hanno tenuto il potere nelle loro personali mani in termini temporali ben più dei nazisti, novelli Hitler.

Se anche i comici intellettualini nostrani de sinistra avessero minimamente letto qualche libro oltre a scrivere i propri, magari di storia, capirebbero la tragedia nazionale chiamata “fascismo” e si vergognerebbero come cani di evocarla all’apparire di ogni leader che non va loro a genio. Farebbero serenamente opposizione, con rispetto, attendendo che anche Salvini come gli altri che hanno studiato poco finisca per sgonfiarsi. Accadrà, prima di quando la Murgia pensi. A patto però che costoro tacciano o scrivano d’altro, perché altrimenti saranno loro a far durare Salvini un trentennio. Perché se l’alternativa auspicata dall’Espresso è il ritorno del Pd al governo, trent’anni sono pure pochi.