VIA FANI, L’ENNESIMO OLTRAGGIO

11 Marzo 2018 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Mi arriva un comunicato stampa di una trasmissione che intende ricordare la settimana prossima il quarantesimo anniversario della strage di via Fani, cinque agenti della scorta di Aldo Moro uccisi in pochi minuti dalla pioggia di fuoco delle Brigate Rosse protette oltre che addestrate dai servizi segreti sovietici e dell’Europa dell’Est, con il silenzio complice dei servizi deviati italiani e americani, inglesi e francesi (tutti rappresentati presso la finta scuola di lingue Hyperion di Parigi, dove il capo brigatista Mario Moretti andava a prendere ordini e dove prese anche quello di uccidere il 9 maggio Aldo Moro). Ebbene, il comunicato parla di una serie di interviste a “donne straordinarie che si raccontano”. La prima, per via Fani? Adriana Faranda. Era in via Fani, è stata carceriera di Moro, liberata già nel 1994, 11 anni dopo la condanna all’ergastolo pronunciata a suo carico il 24 gennaio 1983. La Faranda si prende anche gioco degli uccisi in questa intervista: “Non immaginavamo che gli uomini della scorta fossero così impreparati”. Infangata così anche la memoria di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera. Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, raccontati come agenti “impreparati” nello svolgimento del loro lavoro, quando invece furono raggiunti da una grandinata di 91 proiettili brigatisti sparati in pochi secondi da 8 armi diverse, 45 colpi colpirono i bersagli. Come potevi essere preparato ad un attentato così, che mai prima e mai dopo si sarebbe verificato nella storia italiana? La Faranda fa la fotografa e si fa pagare per le interviste, ne darà tante in questi giorni. Ha una ricca pagina di Wikipedia, da cui sono abilmente rimosse le condanne che ha subito (Wikipedia è dominata da alcune lobby, con inclinazioni ideologiche ben precise). Rivera e Iozzino avevano 24 anni. Per loro niente pagina Wikipedia. Per loro nessuna memoria. Per loro, postumo, anche l’oltraggio. Erano impreparati. Non so neanche come commentare più.

PS: nessuno dei brigatisti rossi condannati per la strage di via Fani e l’omicidio di Aldo Moro è in carcere, tutti hanno dato numerose interviste, molti hanno scritto libri. Quando sarà proiettata sui teleschermi l’intervista a Adriana Faranda credo che i familiari dei cinque agenti uccisi a via Fani reagiranno con una lettera simile a quella che inviarono in circostanze simile dopo una proiezione sempre dedicata ai terroristi avvenuta in occasione del trentennale. Eccola: “Tale proiezione ci ha riportato indietro di trent’anni, a quel terribile giorno in cui le nostre vite si fermarono insieme a quelle dei nostri cari, ci ha inorridito vedere un terrorista accanto alla lapide che ricorda l’eccidio, ci ha disgustato sentirlo parlare di Brigate Rosse proprio in quel luogo di ‘memoria storica’ per la Nazione tutta. Silenziosamente sino ad oggi, in quanto educati dai nostri caduti nel rispetto delle Istituzioni e nel credo cristiano, abbiamo taciuto sui vari accadimenti degli ultimi tempi. Abbiamo silenziosamente osservato Sergio D’Elia, ex terrorista di Prima linea, essere eletto segretario di presidenza della Camera dei deputati, abbiamo fissato l’ex terrorista Susanna Ronconi essere nominata alla Consulta nazionale delle tossicodipenze, abbiamo assistito l’ex brigatista Barbara Balzerani, nè dissociata nè pentita, ottenere la libertà condizionata nonostante il parere negativo espresso da noi familiari al Magistrato di Sorveglianza (parere che data la nostra discrezionalità non è mai stato dato in pasto alla stampa), ed ora, infine, siamo costretti ad assistere all’esaltazione mediatica dell’ex BR Franceschini proprio sul luogo in cui vennero uccisi gli uomini della scorta di Moro (come purtroppo vengono ormai ricordati i cinque agenti, precipitati nel limbo della dimenticanza comune). Abbiamo avuto sempre la massima discrezione, nel rispetto dei valori e delle Istituzioni, assistendo in cristiano silenzio al ritorno, in primo piano, degli ex terroristi. Li abbiamo guardati presentare libri, tenere convegni, salire in cattedra, entrare a far parte delle Istituzioni stesse, assistere, infine, all’ennesima loro ‘escalation mediatica’ in puro stile al-qaediano sul proprio ricordo di quegli anni, come se quella stagione avesse avuto per protagonisti, agli occhi dei telespettatori, i soli componenti della lotta armata.

Con sdegno, rammarico e commozione i familiari della Strage di via Fani”.