IL FLOP (PAGATO CARO) DI STATO CIVILE

27 Dicembre 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

I dati auditel sono impietosi, l’opera di indottrinamento gender tentata da Daria Bignardi a Raitre imponendo per cinque prime serate consecutive la trasmissione filmino-matrimoniale-di-bassa-qualità sulle unioni gay va a sbattere sui numeri. Stravince la tradizionale soap immaginata da Giovanni Minoli molti anni fa, un Posto al Sole. Per la precisione quando a Raitre finalmente l’operazione ideologica lascia il passo alla cara vecchia telenovela seriale in salsa napoletana (non proprio peraltro un prodotto di quelli maggiormente in linea con i gusti del pubblico abituale della rete costruita da Angelo Guglielmi), il canale recupera 800mila spettatori e quasi il 60% del suo share, passando dal misero 5% di Stato Civile (così si chiama il programma sulla propaganda dell’omogenitorialità) all’8% sfiorato da Un Posto al Sole.
Ora però cerchiamo di approfondire alcuni dati relativi ai costi, anche perché il vicedirettore che Daria Bignardi ha imposto tra gli assunti Rai in barba a tutti i paroloni sulla “valorizzazione delle risorse interne” di un’azienda che ha 19mila dipendenti, è stato visto condurre trattative per comprare con i nostri soldi anche una seconda serie di questo programma-flop utile solo alla dimensione ideologica del lavoro della moglie di Luca Sofri tanto voluta da Matteo Renzi. Allora il vicedirettore della Bignardi si chiama Alessandro Lostia e per ventimila euro al mese di stipendio ora si apparta con Francesco Siciliano, figlio di un passato presidente della Rai e attuale esponente del Pd amico di Monica Cirinnà, per comprare con i soldi delle famiglie italiane da noi pagati con il canone un altro blocco di questi filmini amatoriali prodotti da Panama Film, la società di Siciliano appunto. Il primo blocco, sei puntate per complessivi duecento minuti, è stato pagato seicentomila euro con i nostri soldi. Tremila euro al minuto. Un prezzo spropositato per un materiale televisivo, lo ripetiamo, di bassissima qualità: un filmino amatoriale matrimoniale, in sostanza. Ci hanno appiccicato sopra i soliti inutili “autori”, tipo quella Daniela Collu il cui contributo al programma è stato fare tweet in cui si esultava per la protesta del Popolo della Famiglia, almeno fuori luogo quando le famiglie ti pagano la fattura a fine mese, ma è gente che viene dal Grande Fratello, come Daria peraltro, e si credono grandi intellettuali perché mandano in onda quella robetta amatoriale a basso costo strapagandola perché noi versiamo ormai il canone in bolletta.
Tanto per darvi un metro di paragone, un minuto di un Posto al Sole che è programma televisivo dove lavorano centinaia di persone tra attori, scenografi, costumisti, sceneggiatori, registi, truccatori, tecnici con una macchina impressionante (non una telecamera accesa su un finto matrimonio) costa millecinquecento euro al minuto, la metà di Stato Civile, per fare un ascolto quasi del sessanta per cento maggiore. Devo sottolineare di nuovo: un minuto di Stato Civile pagato tremila euro alla produzione esterna Panama Film di Francesco Siciliano per una telecamera amatoriale tenuta accesa su un finto matrimonio, contro millecinquecento euro per un minuto di un Posto al Sole con centinaia di persone che ci lavorano ma, piccolo particolare, produzione interna Rai. Caro Alessandro Lostia, sicuro che ti convenga spendere i nostri soldi di nuovo per una seconda serie di questo flop per regalarli a Francesco Siciliano? Non saranno sufficienti i vergognosi seicentomila euro regalati nel primo contrattino per le sei incredibili puntate di propaganda della omogenitorialità?
Perché, amici miei, il Popolo della Famiglia lo ripete da mesi: dietro a queste campagne c’è solo un vorticoso giro di fondi pubblici, quelli che finanziano i corsi gender nelle scuole, l’editoria gender, i vari Gay Pride sempre patrocinati e ora hanno deciso di andare a prendere a piene mani anche direttamente dalle nostre tasche tramite la Rai. E’ sempre un colossale e vergognoso business da smascherare nei dettagli. Caro Lostia, tieniti lo stipendione ma ora basta spendere i quattrini delle famiglie italiane per quei filmatini, se li riguardassero a casa se ci tengono tanto. E cara Daria Bignardi, tu che per quarantamila euro al mese sei riuscita a toppare tutti i programmi, portando addirittura il glorioso talk show politico di prima serata di Raitre agli ascolti ridicoli delle tue Invasioni Barbariche senza manco difendere il povero Gianluca Semprini
che giustamente te ne ha dette di ogni in diretta (gli hai rovinato la vita professionale, era il minimo, ma anche lì gli amici degli amici ne hanno silenziato lo sfogo bloccando ogni eco sui giornali), dovresti dimetterti dopo questo ennesimo spreco di denaro pubblico costruito e voluto per ragioni ideologiche, per costruirti un’aura da martire nel caso qualcuno decidesse finalmente di cacciarti come sarebbe giusto. Ma ancora una volta la dignità dimostrerai di non conoscerla, resterai incollata alla poltrona magari facendo gridare qualcuno dei tuoi stipendiati agli “omofobi”, che sono tanto cattivi. Ma sono i numeri a condannarti. Se la cara vecchia tradizionalissima e napoletana soap inventata da Giovanni Minoli fa ottocentomila spettatori più del tuo filmatino amatoriale strapagato alla Panama Film, è perché si può provare a prendere in giro qualcuno per qualche tempo e qualche altro persino per sempre, ma non puoi prendere in giro tutti e per sempre. I nodi vengono al pettine, i soldi spesi emergono, i numeri spiegano.
Cattolici, sveglia! Famiglie, sveglia! Come ha ben scritto il segretario del Popolo della Famiglia, Gianfranco Amato, ora davvero è il tempo di dare battaglia tutti insieme ognuno nel proprio ruolo. Il Pdf sul terreno dello scontro politico, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli nell’ambito culturale e pre-politico, Alleanza Cattolica nel territorio più propriamente confessionale, le associazioni e i movimenti tra la gente, magari leggeremo prima o poi anche qualche riga su Avvenire. Ma adesso serve aver chiara l’idea che l’azione comune si dimostra (con)vincente. Gli imbrogli a alto costo pagati con i soldi delle famiglie italiane possono essere facilmente svelati per rivelare i volti di questa lobby e le ragioni dalle quali è mossa. Numeri e dati alla mano gli elementi d’accusa contro costoro diventano incontrovertibili.
Ancora una volta, i fatti e le radici di un popolo vincono sull’ideologia di un clan che si crede élite.