Questo nostro Paese è straordinario. Ha accolto negli ultimi trent’anni milioni di immigrati dando loro un posto migliore dove vivere rispetto alla nazione d’origine, una casa, un lavoro. Alcuni di loro tradiscono il patto d’accoglienza: delinquono, rubano, spacciano, stuprano, deliberatamente non si integrano, si organizzano in mafie (attenti alle cosche nigeriane, diventeranno pericolosissime, ne scrissi già in O capiamo o moriamo nel 2016). La stragrande maggioranza però di questa marea umana accolta in Italia vive laboriosamente accanto a noi, insieme a noi, rispettosa e rispettata, in una mescolanza che è certamente la novità epocale del XXI secolo. Ieri un ragazzino italiano di 19 anni si è urtato camminando per strada nel centro di Bergamo con il 34enne tunisino Tayari Mouran, da tempo regolarmente residente a Terno d’Isola. Si saranno mandati a quel paese come spesso capita in queste situazioni. Il giovane però è salito nella casa da cui era appena sceso e con un coltello in mano. Davanti alla moglie e alle due piccole figlie di Tayari, una nel passeggino, ha sferrato più fendenti al petto di quel padre di famiglia e con uno gli ha spaccato il cuore. Le donne atterrite hanno chiamato i soccorsi, che sono arrivati solo per constatare la morte del loro marito e padre. Il Popolo della Famiglia porge le condoglianze a loro e invita chi crede a pregare per l’anima di Tayari. Io sono personalmente preoccupatissimo, lo ripeto per l’ennesima volta, della china presa in particolare dalle giovani generazioni nel nostro Paese dopo questi stranissimi due anni. Rivolgo agli extracomunitari presenti in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi laboriosi e innamorati della propria famiglia come Tayari, un pensiero di unità nel dolore. L’Italia piange Tayari come fosse un figlio proprio.