Governo Conte, errori e alternative

21 Maggio 2020 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

L’informativa resa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Parlamento sulle misure previste dal Decreto Rilancio è stata inevitabilmente deludente come lo sono peraltro le misure stesse. Si è deciso di provare a spegnere un incendio di terrificanti proporzioni usando il nebulizzatore d’acqua da barbiere, si è scelta la via di microinterventi a pioggia che, come titolò La Croce il giorno dell’annuncio del DL avvenuto sette giorni prima della pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale (sgrammaticatura istituzionale grave del solito Rocco Casalino che considera prioritaria la comunicazione rispetto alla sostanza, con giusta conseguente incazzatura di Sergio Mattarella al Quirinale), lasceranno tutti scontenti. L’Italia non potrà ripartire invitando le imprese italiane a indebitarsi, il turismo non lo puoi rilanciare con il bonus vacanze che dovrà essere anticipato dagli albergatori, i disabili non puoi sostenerli finanziando il progetto Vita Indipendente che obbliga a assumere infermiere e badanti per minimo 25 ore a settimana per ottenere poi un rimborso da settemila euro che ogni cavillo burocratico può bloccare. E sono solo tre esempi.

Conte ha speso con il Decreto Cura 25 miliardi di euro, 55 con il Decreto Rilancio. Sono 80 miliardi di euro complessivi, il grosso dei quali finiti nel finanziamento della cassa integrazione in deroga per diciotto settimane e nel cosiddetto “bonus da 600 dell’INPS” per gli autonomi. Poi una ridda di microinterventi fantasiosi, dal bonus baby sitter agli 1,5 miliardi sulla scuola con gravissima è miope marginalizzazione degli istituti paritari, dal bonus monopattino al 110% sulle ristrutturazioni di immobili, che non saranno in grado di rilanciare alcunché perché esigui e fuori focus.

Poiché però noi non siamo usi a criticare senza avanzare proposte alternative, spieghiamo immediatamente quel che avremmo fatto noi del Popolo della Famiglia se fossimo stati al posto di Giuseppe Conte (esercizio sempre utile quando si accusa di inadeguatezza qualcuno è evitare l’indeterminatezza delle accuse, mettendosi nei panni di chi deve decidere, spesso panni difficili da indossare). Ebbene noi avremmo certamente avuto un criterio guida: l’Italia riparte se viene riacceso il motore delle famiglie italiane.

Gli 80 miliardi di euro li avremmo dunque spesi con direzionamenti precisi: assunto il dato che 17 milioni di italiani sono pensionati, 4 milioni sono lavoratori statali o parastatali garantiti, dei 19 milioni di dipendenti del settore privato il 44% (9 milioni) ha continuato a lavorare e a ricevere dunque lo stipendio, 8 milioni sono minorenni, saremmo partiti dai 22 milioni di non garantiti. Il primo intervento urgente sarebbe stato quello di helicopter money sui conti correnti delle famiglie con figli a reddito spazzato via dal Covid: 2.000 euro subito a famiglia per la liquidità di emergenza, ci sarebbe costato 10 miliardi di euro. Alle imprese dove lavorano due o più familiari (sono i bar, i ristoranti, le botteghe artigiane, le carrozzerie, la miriade di commercianti e piccoli imprenditori che sono il tessuto dell’economia Italiana e raramente superano i dieci dipendenti) 15.000 euro di liquidità sul conto corrente dell’impresa e immediata rottamazione delle cartelle esattoriali, dunque con la possibilità di recuperare parte di quella liquidità come forma di gettito fiscale a sanare le pendenze. La spesa netta finale per questo tipo di intervento sarebbe stata di 20 miliardi di euro. Avremmo poi riconosciuto a tutti i 4 milioni di mamme italiane con figli minori l’una tantum di 8.000 euro di indennità Covid per il sovraccarico di lavoro di cura familiare in assenza dei consueti servizi offerti dalla fiscalità (a partire dalla scuola) per 32 miliardi di euro complessivo di spesa, con l’intenzione di rendere centrale e evidente l’investimento della collettività e del nostro governo sulla figura femminile. Con 3 miliardi di euro avremmo dato 2.000 euro a testa a 1,5 milioni di disabili gravi senza supporto familiare, anziani o single in difficoltà e anche ai senza fissa dimora con comprovata condizione di povertà assoluta privi di familiari, per il progetto che abbiamo denominato a inizio emergenza “nessuno resti solo”. Altri 3 miliardi li avremmo investiti sulla ripartenza della scuola, 5 miliardi alle imprese che operano nel turismo, 5 miliardi sul rilancio della sanità (compresi le Rsa e gli hospice) con bonus immediato a medici e operatori sanitari che hanno affrontato in prima linea l’emergenza Covid. Con gli ultimi 2 miliardi avremmo finanziato il progetto che più abbiamo a cuore: il reddito di maternità per le neomamme (nel 2020 avremmo speso molto meno di un miliardo per dare mille euro al mese alle mamme che si dedicheranno in via esclusiva alla cura del neonato e della vita familiare, accantonando il resto per finanziare anche gli anni successivi con stanziamento annuo sempre di 2 miliardi, che più le riserve ci garantirà di coprire il percorso di almeno otto anni di vita di ogni figlio).

Questo nostro progetto avrebbe prodotto un’Italia più serena, più fiduciosa nel futuro, attenta alla impresa, prossima ai lavoratori, incentrata sulla preziosa figura femminile e soprattutto una prospettiva piena di famiglie e bambini, unica possibile linfa energetica per un Paese che ascolta in progressiva depressione i continui autoelogi di Conte per i provvedimenti del suo governo.

Io penso che un’alternativa programmatica come quella che abbiamo proposto sia un’alternativa valoriale e ovviamente anche politica. Io penso che possiamo da questa base attraversare il Paese per raccogliere attorno a questa piattaforme idee di collaborazione e certamente consenso. La sfida a questa maggioranza abborracciata, inadeguata, litigiosa e anche intellettualmente disonesta non è che cominciata. Intendiamo portarla avanti, però, parlando di cose da fare. Subito. Per evitare il collasso di un’Italia che a settembre potrebbe ritrovarsi in ginocchio. Quando l’Agenzia delle Entrate peraltro prevede di inviare a cittadini e imprese i 22 milioni di cartelle esattoriali che ha sospeso in questi mesi. Scatenando, allora sì, l’inevitabile rivolta. Prima che l’incendio su cui costoro sono intervenuti con lo spruzzino da barbiere aggredisca anche le nostre case, magari con la benzina della violenza di una ribellione innescata da ciò che verrebbe giustamente giudicato come oltraggio e sopruso, si animi in Italia una risposta di chi ha voglia di mettere mano davvero ai bisogni concreti delle famiglie. Il Popolo della Famiglia, come sempre, è pronto a fare la sua parte offrendo idee immediatamente fattibili e persino ricopiabili da forze politiche ormai evidentemente incapaci di una elaborazione propria.