Mario Adinolfi: Sulla crisi della classe dirigente

3 Dicembre 2019 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi
Leggevo del deputato che ha fatto la proposta di matrimonio in aula. Pare fosse tutta una messa in scena, le nozze erano già fissate per il 5 settembre a Ventimiglia, prenotata la chiesa e prenotato pure il ristorante per il pranzo. Tutto finto, tutta comunicazione per avere un attimo di gloria, tutta “narrazione” finalizzata a ottenere qualche riga sui giornali. Risultato ottenuto, congratulazioni al parlamentare leghista.
E congratulazioni a quelli di Fratelli d’Italia e del Pd che si sono presi a cazzotti sotto gli occhi di una scolaresca venuta ad assistere ai lavori dell’aula di Montecitorio, congratulazioni al ministro degli Esteri del M5S che confonde il Cile con il Venezuela e sbaglia il nome del presidente cinese, congratulazioni al leader e ex premier che si fa pagare 40mila euro a conferenza e prestare 700mila euro dall’amico da lui nominato alla Cdp Immobiliare spa, congratulazioni a chi si sta litigando direzioni e strapuntini in Rai dopo aver tuonato contro la lottizzazione degli altri, congratulazioni al premier che si è fatto dare la cattedra universitaria dal prof socio e dunque illegalmente, congratulazioni al sindaco di Roma che è riuscita a generare le cascate nella stazione metro di Termini, congratulazioni a chi ha trattato in Europa un Mes che è tutto a vantaggio della Germania, congratulazioni a chi non sa manco scrivere i progetti per utilizzare i fondi strutturali europei o non li scrive perché non sarebbe in grado di rendicontarne l’utilizzo, così alla fine vanno sprecati miliardi di euro a decine, congratulazioni ai ministri dei trasporti di ogni colore che in dieci anni hanno speso 9 miliardi di euro per Alitalia nominando sempre commissari incapaci e ora vogliono bruciare altri 400 milioni, congratulazioni a chi ha stanziato 40 miliardi di euro in tre anni per comprarsi i voti dei lavoratori in nero del sud e dei pensionandi con reddito di cittadinanza e quota 100, congratulazioni a chi sta confermando lo stanziamento dicendo ovunque che sono leggi sbagliate. Io credo che la tragedia italiana sia dovuta alla incapacità della sua classe dirigente politica composta da furbetti e servi, figlia della logica delle liste bloccate, dunque priva di qualsiasi relazione con i bisogni dei cittadini che semplicemente non conoscono, con loro non parlano mai, al limite accettano di farsi un selfie.
Il ridicolo dibattito sul Mes dovrebbe condurre, secondo ragionevolezza, ad una immediata crisi di governo da concretizzare dopo l’approvazione a fine mese della legge di bilancio. Risultano incomprensibili le esitazioni di Zingaretti che avrebbe l’occasione di mandare al tappeto i rivali d’area Renzi e Di Maio nel loro momento di massima difficoltà, peraltro evitando (se lo scioglimento delle Camera avvenisse prima del 12 gennaio 2020) quel taglio dei parlamentari che con 345 poltrone in meno molti degli attuali protagonisti vivono come dolorosissimo. Ma questa classe dirigente poverissima da fine impero non riesce neanche a far di conto, finisce sempre per preferire la certezza dell’uovo oggi rispetto alla nebulosità della gallina domani.
La ragione per cui la classe dirigente cattolica che guidò ininterrottamente il governo dalla presidenza del Consiglio dal 1948 al 1981 invece riuscì a mettere in campo politiche che risollevarono un paese in macerie trasformandolo nella quarta potenza industriale del mondo con una rete di welfare capace di tutelare tutto e tutti risiede nel fatto che quella classe dirigente era forgiata dalla dura esperienza della guerra e culturalmente formata da uno studio profondissimo, con uno sguardo dunque rivolto al presente senza dimenticare il medio e lungo periodo. De Gasperi nel 1904 era già laureato in filologia, Andreotti nel 1941 in giurisprudenza, Moro morì trucidato da docente universitario in servizio, professori universitari erano Fanfani, Cossiga, Leone. Il loro essere espertissimi economisti o giuristi permise di avere un approccio analitico ai mali del paese, costruendo un reticolato di cure efficaci e durature. Ancora oggi il sistema previdenziale universale, quello assistenziale, il servizio sanitario nazionale gratuito per tutti, l’istruzione pubblica e gratuita sono conquiste di cui ci gioviamo perché ci fu chi seppe intuirle e renderle sostenibili, disegnando una costruzione organica di governo della comunità nazionale che contemperava interessi di parte (la Dc certamente si giovò elettoralmente degli effetti di quei provvedimenti) e quelli del Paese tutto intero.
La drammatica inadeguatezza delle attuali classi dirigenti ha invece immaginato di poter sostituire la preparazione con la narrazione. Ci si affida ai Rocco Casalino che con impudenza dichiara al Corriere della Sera: “Ho la sensibilità di prevedere dove va l’opinione pubblica”, senza capire che le classi dirigenti si qualificano per la capacità di persuadere l’opinione pubblica attraverso la propria azione di governo, non di inseguirla. Ma l’ex gieffino era uno di quelli che millantava il “master negli Usa” come un Oscar Giannino minore, il che appare persino patetico al tempo degli scontri tra i seguaci del Papeete e quelli di un perito odontotecnico che occulta la scuola professionale in cui ha (forse) preso il diploma, al tempo in cui il ministro tinto di rosso della Istruzione, Università e Ricerca scientifica non ha mai fatto manco la maturità e millanta una laurea in Scienze Sociali. Noi riteniamo che con modestia ci si debba dedicare alla politica formando una classe dirigente ai tempi in cui la formazione viene considerata solo una perdita di tempo.
Per questo il Popolo della Famiglia ha costruito l’esperienza della Università della Politica riprendendo l’idea delle grandi scuole di formazione come le Frattocchie e la Camilluccia, dopo aver frequentato le quali allora sì che anche un operaio o una casalinga con un titolo di studio minore poteva ambire a rappresentare la propria comunità fino ai massimi livelli. C’erano le scuole di formazione territoriale, c’erano quelle diocesane. Ora è sparito tutto. E allora il bibitaro dello stadio San Paolo fa il vicepresidente della Camera, il vicepremier, il ministro degli Esteri. E il servo di partito preoccupandosi solo di leccare le chiappe al leader per essere immesso nelle liste bloccate in posizione di elezione sicura arriva magari a fare il ministro dei Trasporti. E allora sì che sarà malleabile per dare altri 400 milioni ad Alitalia o veder crollare un altro ponte Morandi senza batter ciglio, magari lamentandosi perché sono state turbate le ferie ferragostane. Senza titolo di studio, senza expertise, senza neanche uno straccio minimo di formazione analitica alla politica, non può che accadere questo, perché ad ogni causa segue un effetto. Università della Politica è un antidoto a questa velenosa ignoranza che caratterizza la classe politica italiana tutta, furba e avida, ma da tempo assolutamente impreparata. È una esperienza senza eguali in Italia, non meramente partitica, ma improntata alla necessità di fornire una formazione e specifica a cittadini che non vogliono essere sudditi, ma almeno comprendente i meccanismi della politica, per governarli in prospettiva.
Noi offriamo la “pillola rossa” della famosa scena di Matrix, quella che garantisce conoscenza e di conseguenza invoglia alla battaglia, la rende possibile persino. In un trimestre d’attività con i motori al minimo già duecento persone hanno scelto la rossa al posto della pillola blu, quella della permanenza nell’inconsapevolezza. È un bel segnale. Forse in molti, in moltissimi in prospettiva, si stanno rendendo conto che con questa classe dirigente indegna quanto poco preparata il Paese non può che andare a sbattere, preparando una forma di rivolta che modifichi le dinamiche dei rapporti di forza: perché se loro di certo almeno nel breve periodo manterranno il potere, potranno essere contrastati da chi si orienterà al sapere. Noi saremo parte di questa rivolta culturale che, sola, può salvare l’Italia dalla perdizione cui sembra essere destinata.