Mario Adinolfi: A Platinette che chiede le scuse

3 Maggio 2019 Mario Adinolfi
immagine mancante
Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Ospite di Caterina Balivo a Raiuno, Platinette alias Mauro Coruzzi ha affermato di attendersi delle scuse “che tanto non mi farà” da “Adinolfi il politico che è grasso quanto se non più di me”. Ha detto che lo avrei “pestato come una bistecca” parlando della sua sessualità e anche della sua condizione obesa. Francamente non ricordo proprio di aver avuto nei suoi confronti alcun astio o pensiero malevolo, comunque semmai qualche mia frase lo abbia ferito, certamente mi scuso e senza difficoltà perché né verso di lui né verso nessun altro io coltivo pensieri negativi di natura personale. Né verso Platinette né verso alcun omosessuale, insomma, per dirla chiaramente. Io sono un cittadino impegnato nella lotta prolife e a sostegno della famiglia naturale, al dettato costituzionale che la riconosce e mi batto certamente contro il “matrimonio” omosessuale e le sue inevitabili conseguenza come l’utero in affitto. Questo non significa voler “pestare come una bistecca” chicchessia, ma semplicemente spero che una riflessione su alcuni temi che riconosco come delicati si possa fare senza ritenere un appestato colui che non segue la moda corrente a sostegno della lobby Lgbt.

Proprio sul caso specifico di Platinette, ricordo di aver pubblicato su La Croce una riflessione dedicata a Mauro Coruzzi quando andò a cantare a Sanremo. Mi fa piacere ripubblicarla oggi: “Ma più di tutti mi è piaciuto Mauro Coruzzi. No, non la canzone: troppo jazz, poco popolare, affettata, in fondo suonava vittimista e un po’ falsa, troppo birignao. Andava bene per una puntata delle Invasioni Barbariche che fanno il 3%, non per i dieci milioni di telespettatori di Sanremo. C’è chi mi vuole convincere che essere snob, radicali e chic sia una figata. Ma io sono un tipo da pane e mortadella, troppa classe mi annoia. No Mauro Coruzzi non mi è piaciuto per la performance. Mi è piaciuto proprio lui. Mi è piaciuta la verità che emergeva nuda e cruda nell’istante stesso in cui rinunciava a trucco e parrucco. Suonava vero e addolorato Coruzzi con quella pelata, quella barba perfettamente incolta, quella camicia bianca a pennello se stava in piedi e terribilmente arricciata sulla pancia quando era seduto (conosco il problema, mai sedersi sugli sgabelli in tv caro Mauro, il bottone tira). C’era tanta verità e derivava dal contrasto con la sua versione imbellettata, la Platinette che ci fa divertire ma che è una maschera a cui Coruzzi ha rinunciato. E quanto sia chiara la distanza tra l’uomo e la maschera è stato evidente a tutti. Quanto la verità sia più possente della recita, non ha avuto bisogno di spiegazioni. Certo Coruzzi cantava con Grazia Di Michele una lagnetta che provava a dire il contrario: che lui era un po’ uomo e un po’ donna, che ci sono i cattivi che lo giudicano se si mette il rossetto (ma quando mai, deve tutto il suo successo a quel rossetto e a quella parruccona da Platinette), che in realtà lui va valutato come indistinto ‘essere umano’. E’ il cuore della ideologia gender. L’indistinto, appunto: maschile e femminile che non sono nulla, solo un vestito da cambiare. Roba che non è, paccottiglia che una volta avremmo definito da avanspettacolo becero, oggi invece dobbiamo inginocchiarci e omaggiare altrimenti sei omofobo. Un marchio d’infamia e vai con gli insulti, chissà quanti ne attirerà questo articolo. Ma per me così è e su questo giornale la libertà della verità conta e io voglio essere libero di dirlo. Me lo ha insegnato in tutta evidenza Mauro Coruzzi salendo sul palco di Sanremo finalmente privo della falsa armatura da cui si è fatto appesantire, mi sembrava il Robert De Niro di Mission quando finalmente qualcuno lo libera di corazze e spade che trascinava con sé, retaggio di un passato che oramai odiava. Coruzzi, come quel De Niro, esprimeva grandissima dignità e verità su quel palco di Sanremo, senza nascondere una forma di dolore. Il suo cravattino da smoking slacciato sulla camicia aperta valeva la barba inzaccherata di De Niro. Siamo così, siamo imperfetti. Se ci mettiamo a nudo lo siamo tutti. Ma la nostra bellezza è tutta nelle imperfezioni. Teniamole da conto. Non mascheriamoci. Siamo uomini e donne, maschi e femmine, ognuno con la sua specificità. Ma il gender che vuole raccontarci che l’essere maschio o l’essere femmina è solo un cambio d’abito, quello no, non spacciateci più ‘sta cazzata alla moda. Non è vera. E’ robetta da salotto. La verità è Mauro, la recita è Platinette. La verità è sempre più bella, potente, emozionante di una recita. Il vero è, il non vero non è. Questa angosciante notte che volete dipingere per forza buia e in cui tutte le vacche sono nere è roba che passerà, come passano le mode, come passano le ideologie. Mauro Coruzzi, uomo senza trucco e parrucco, ha puntato un raggio di sole su quel buio e ha dimostrato, forse finanche a se stesso, che si sta più comodi senza indossare le maschere imposte dallo star system per farci sopra la grana. Ci rifletta, Coruzzi. Senza sceneggiate che, lo ha capito bene credo, sono davvero inutili”.

Io non so se da queste parole Coruzzi-Platinette si sia sentito “pestato come una bistecca”, non credo, lo reputo persona intelligente. Sia chiaro: non ne ritiro una. Ma sono disposto ad ascoltare quale elemento offensivo eventualmente contengano. E, nel caso, chiederò scusa. Oppure il 26 maggio Coruzzi voterà Popolo della Famiglia.