Mario Adinolfi: Caso Cappato, una sentenza determinante

23 Ottobre 2018 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

La Corte Costituzionale si è ritirata in camera di consiglio per emettere la sentenza sul caso Cappato. Il Popolo della Famiglia è dentro il Palazzo della Consulta e abbiamo seguito l’udienza contando in un esito che non stravolga il tessuto giuridico italiano a tutela del diritto alla vita. Dobbiamo avere chiaro un concetto: la sentenza della Corte Costituzionale sull’articolo 580 del codice penale, quello dell’istigazione e dell’aiuto al suicidio, non avrà in alcun caso una valenza marginale. Marco Cappato prova a dire, nella sua propaganda ideologica, che la motivazione per cui l’articolo 580 non può essere applicato e mandarlo alla giusta detenzione sta nel fatto che si tratta “di un articolo del 1930, scritto in epoca fascista”. Cappato e i suoi legali sanno bene che la stragrande maggioranza degli articoli del codice penale italiano sono di fatto gli articoli del codice Rocco, quello appunto varato in epoca fascista. Dunque l’accusa davvero non regge, se dovesse motivare la sentenza della Corte Costituzionale verrebbe meno l’intero impianto della giustizia penale italiana. Il tema è uno solo e lo scriviamo nell’editoriale de La Croce di oggi: l’articolo 580 del codice penale è poco chiaro e necessita di un intervento interpretativo della Consulta? Oppure, è incostituzionale? L’istigazione al suicidio non è stata rinviata al giudizio della Corte Costituzionale quando, recentemente, ha motivato la condanna di un povero genitore che ha perso la figlia suicida dopo un diverbio. Lì, nessun dubbio e nessun equivoco, nessun richiamo all’articolo “del codice fascista”. Lì per quel genitore oltre al dolore immenso per la perdita della figlia, anche la condanna come istigatore del suicidio in nome dell’articolo 580 del codice penale. Per Marco Cappato che invece ha platealmente aiutato Dj Fabo a suicidarsi, rivendicando politicamente e ideologicamente l’atto, ci sono stati prima gli applausi della pm, poi il rinvio degli atti alla Consulta e ovviamente il plauso di tutti i giornali. Ora la Corte Costituzionale faccia giustizia e non ideologia. Noi siamo nel Palazzo ad aspettare la sentenza.