Mario Adinolfi: per il soggetto unitario dei cristiani in politica

20 Luglio 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Il Popolo della Famiglia sta utilizzando questa fase estiva e anche la riflessione innescata da alcuni fatti recenti per ragionare sulla prospettiva futura e organizzare la visione che dovrà animare il senso del nostro cammino, che certamente non può essere scisso dal tempo e dal contesto in cui ci ritroviamo a vivere. Il rischio che si avverte, come scrive bene anche la rivista Limes di questo mese, è lo stesso che probabilmente riguarda le direzioni intraprese dalla Chiesa oggi, in sostanza di trovarsi al bivio fra il “fondamentalismo evangelicale e l’integralismo cattolico”. Sta al Popolo della Famiglia dunque sapersi districare al meglio in questo momento di crisi e di scelte conseguenti, considerando anche che sempre come scrive Limes, nella Storia “con gli scismi si può convivere, con la frammentazione no”. Tornando sul piano meramente politico, credo che vada ostacolata la visione disgregativa e divisiva che Salvini sta cercando di imporre al cristianesimo, da una parte puntando a rappresentarne alcune ali estreme, dall’altra rifiutando molto del magistero della Chiesa e in sostanza nutrendo forte ostilità per i suoi vertici.

Salvini può dunque aggregare solo una porzione limitata di cattolici. Poi fa gli accordi con la lobby delle armi, vuole la prostituzione libera, alla prova dei fatti e pur potendo disporre del massimo del potere dominando il governo e avendo una significativa forza parlamentare, non produce alcuna norma a favore della famiglia (vedi il decreto dignità) e sui temi etici non va oltre gli slogan mentre potrebbe andare seriamente all’attacco di legge Cirinnà, biotestamento, legge 194. Invece il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Vincenzo Spadafora, va al Pride di Pompei che sfila provocatoriamente sotto il Santuario della Madonna di Pompei reggendo lo striscione accanto a Monica Cirinnà. Un Salvini che avesse al cuore l’assenza di ambiguità in tema di famiglia glielo avrebbe potuto impedire con uno sguardo, con mezza parola: “Se ci vai, salta il governo”. Il Popolo della Famiglia si sarebbe comportato così. Per Salvini queste sono questioni secondarie, non importanti. E dunque ha lasciato fare. Oggi ha il vento in poppa, il potere glielo gonfia. Non sarà sempre così.

La prospettiva indicata dal Popolo della Famiglia al di là delle contingenze è quella di un soggetto unitario dei cattolici e dei cristianamente ispirati. Il tempo dei “cattolici nei partiti” si è concluso perché dimostratosi fallimentare e ha condannato in pochi anni i cattolici all’irrilevanza, con il paradosso che le peggiori leggi contro la vita e contro la famiglia sono state varate con cattolici, eletti nel centrodestra e nel centrosinistra, che detenevano tutte le leve del potere. Ovviamente servirà tempo, la Chiesa dovrà rendersi conto di questa necessità e fidarsi della responsabilità dei laici cristiani impegnati nel progetto, senza pretendere di tornare alla stagione dei vescovi-pilota, a cui peraltro si sottrassero sia Sturzo che De Gasperi (finendo il primo in esilio, il secondo in un clima di ostilità con Pio XII per tutta la fase finale della sua vita). Ma il futuro del cattolicesimo politico è in un soggetto il più possibile unitario dei cattolici, autonomo e libero da vincoli coalizionali, accettabili solo se della coalizione si detiene la piena condizionabilità o l’egemonia. Ad alcuni questo traguardo pare inarrivabile, il Popolo della Famiglia si è attrezzato per la traversata del deserto dando appuntamento a molti al compimento della stessa, quando la visione chi indichiamo sarà a tutti più nitida.

La grande storia dei cattolici impegnati in politica si apre il 18 gennaio del 1919 con l’appello ai liberi e forti di don Sturzo, prosegue dopo il fascismo con il Codice di Camaldoli che fece seguito al relativo incontro del 18-24 luglio 1943 e giunge al compimento del soggetto unitario con capacità egemone di governo solo con le elezioni del 18 aprile 1948. Ci vollero trent’anni di lavoro nel periodo storico più complesso in assoluto, un paio di generazioni di dirigenti, oltre alla mente lucidissima di Sturzo prima e di De Gasperi poi per raggiungere il risultato. Si dovette attraversare una scissione (quella dei popolari che all’avvento di Mussolini si schierarono con lui finendo nel listone fascista, mentre Sturzo doveva fuggire dall’Italia e De Gasperi veniva addirittura arrestato con la moglie), lo scioglimento per via dittatoriale del Partito popolare italiano, la guerra mondiale, i dissidi interni feroci nella prima Democrazia Cristiana (protagonista De Gasperi, contestato da destra da Sturzo e da sinistra da Dossetti) ma alla fine la visione era quella giusta e per decenni il partito unitario dei cattolici italiani assicurò libertà e benessere a un popolo. Su questo vanno giudicati i movimenti politici, sulla capacità di garantire libertà e benessere, miglioramento delle condizioni di vita, rispettabilità a livello internazionale, nella loro azione di governo. In un secolo e mezzo di storia patria, il mezzo secolo a guida cattolica è certamente da questo punto di vista l’età dell’oro della storia italiana.

Nell’ultimo quarto di secolo, quello trascorso senza un soggetto politico autonomo cristianamente ispirato capace di essere egemone, le famiglie italiane si sono impoverite, il debito pubblico è aumentato a dismisura, la disoccupazione in particolare giovanile è diventata insostenibile, il livello di coesione sociale è quasi a quota zero, con tensioni devastanti che attraversano il Paese tutto, con un grado di rabbiosità in particolare dei ceti popolari particolarmente preoccupante. Il lavoro da svolgere è dunque molto ampio e ci dobbiamo attrezzare per compierlo. Nelle prossime settimane anche organizzativamente daremo una veste nuova al Popolo della Famiglia per proseguire nel suo cammino, in vista della festa de La Croce di settembre a Camaldoli, delle elezioni regionali di autunno e delle europee del 26 maggio 2019.

Tra dieci mesi, proprio a quelle elezioni europee, avremo un momento di verifica importante della validità del cammino intrapreso. Sono elezioni con il sistema integralmente proporzionale, dove non esistono le coalizioni e ognuno si presenterà con il proprio simbolo, dunque non esisterà il ricatto del voto utile. Alle politiche del 4 marzo 2018 il Popolo della Famiglia ha ottenuto, come è noto, la fiducia di 220mila persone: secondo alcuni sono poche, secondo me (e anche secondo molti analisti indipendenti come Aldo Cazzullo del Corriere della Sera) sono moltissime e rappresentano un’iniezione di fiducia. Mi sono beccato l’accusa di “trionfalismo” per questa analisi, ma io resto ancorato all’idea che se senza soldi e visibilità mediatica abbiamo ottenuto il voto militante di centinaia di migliaia di persone, in un contesto elettorale dove il ricatto del voto utile era più prepotente che mai, allora davvero il progetto del Popolo della Famiglia ha un senso. Alle amministrative del 10 giugno il PdF si è dimostrato in salute, ha triplicato la sua percentuale a Roma e l’ha nettamente migliorata a Imperia, Terni, Imola. Gravina di Catania, Camogli, Grottammare, Vicenza, Villafranca di Verona, Venegono, Pontecagnano per non parlare delle percentuali trionfali a doppia cifra di Feisoglio e Roure in Piemonte (rispettivamente 37% e 19%). I risultati si devono ai militanti che sul territorio hanno lavorato duramente, pur attaccati da tutti i fronti fino al 4 marzo e dopo il 4 marzo, dimostrandosi capaci dirigenti di un processo politico di ampio respiro e a lunga scadenza.

Ora i 220 dirigenti più in vista provenienti dalle realtà territoriali mi affiancheranno nella gestione operativa del movimento che con Gianfranco Amato e Nicola Di Matteo abbiamo fondato per dare concreta risposta a chi diceva che il tempo del popolarismo, di un secolo di storia del cattolicesimo politico in Italia, si fosse improvvisamente concluso. Noi rispondiamo che quel tempo prosegue e prosegue con il Popolo della Famiglia, l’unica organizzazione politica cristianamente ispirata e dichiaratamente connessa alla dottrina sociale della Chiesa capillarmente presente in ogni regione d’Italia e capace dunque di presentarsi alle elezioni. Avremo un dirigente membro di coordinamento nazionale ogni mille elettori e a ciascuno di essi spetta il compito di portare nel territorio di appartenenza il messaggio politico preciso che vogliamo incarnare, ribadito in cinque consecutive assemblee nazionali del Popolo della Famiglia: alternativa radicale a Pd e M5S, autonomia e competitività rispetto alle altre offerte politiche in campo, prospettiva unitaria. Sì, il traguardo è essere il soggetto che riunirà i cattolici dispersi e le persone di buona volontà cristianamente ispirate nell’agone politico. La traversata del deserto sarà compiuta quando avremo raggiunto questo obiettivo e saremo tornati al governo del Paese per garantire libertà, benessere e coesione sociale agli italiani.

Che Maria protegga il nostro cammino. A noi la battaglia, a Dio la vittoria.