Mario Adinolfi: Se non mentendo

10 Luglio 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Stanchi di leggere ricostruzioni fantasiose dei fatti recenti riguardanti il PdF, una volta e per tutte per i pochi interessati li narriamo per come sono avvenuti, in termini oggettivi non contestabili.

Senza astio alcuno nei confronti delle persone, perché è legittimo per tutti cambiare idea e andare da chi vince o anche solo stancarsi di un’attività faticosa e inevitabilmente divisiva come la politica, precisiamo: che fino al 4 marzo 2018 nessuno si è mai lamentato di nulla su conduzione del Pdf o proprietà del simbolo e si diceva di cattedrali, contadini e “votare Lega è immorale”; che in data 11 marzo Amato sottolineava in un lungo scritto il buon risultato del PdF e la necessità di continuare sulla strada intrapresa; che a fine aprile una riunione sollecitata da Grigolini si teneva a Roma presenti Amato, Grigolini, Di Matteo, Torriero, Marcotullio e il sottoscritto, confermando tutti l’intenzione di andare avanti, nessuno ha posto alcun tipo di questione su conduzione e simbolo; che a casa mia si è tenuto un faccia a faccia con Amato in cui è stata ribadita amicizia e fedeltà al progetto del PdF, senza porre alcuna questione su gestione e simbolo, anche perché a Amato e a tutti è noto che le scarse entrate del PdF e le ingenti uscite per cinque campagne elettorali hanno costretto la presidenza a intervenire sempre e di tasca propria per coprire le spese, mentre il segretario nazionale e molti candidati alle politiche non hanno ritenuto nel 2018 utile neanche sottoscrivere l’iscrizione al partito, pretendendo però che fossero inviati migliaia tra manifesti, bandiere, gadgets per la loro personale propaganda; che si è tenuta una assemblea plenaria e analogamente nessuno ha avanzato alcun tipo di questione, anzi ci siamo spellati le mani per don Ottorino Baronio che ci invitava ad andare avanti; che a maggio l’unica forma di lamentela riguardava l’insistente richiesta di Grigolini di cacciare De Carli, mentre la Arminio pretendeva l’allontanamento di Di Matteo dalla Sicilia, della Ciconte dalla Calabria e di Fumaneri dal Trentino A.A. di cui si era autoproclamata coordinatore regionale pur vivendo in provincia di Siracusa (questo per far capire la fondatezza dell’accusa sul “partito dittatoriale”); che il 23 giugno dopo le elezioni amministrative che hanno dimostrato un PdF in salute e in crescita, si è tenuta a Verona una riunione tra gli Amato, una quindicina di veronesi e un altro paio di rappresentanti locali, non pubblicizzata né nelle premesse né negli esiti; che il 28 giugno è uscito un articolo su La Verità di Amato che non pone la questione della gestione del Pdf ma ne proclama improvvisamente (e senza pregressa comunicazione alcuna, senza una telefonata, partecipando la sera prima a una iniziativa in Toscana con amici del PdF senza dire nulla) la sua inutilità come strumento politico perché “il quadro è cambiato”, bisogna sostenere il governo gialloverde considerato “governo di tregua per i cattolici” e in particolare il veronese ministro Fontana. Imbarazzato nel ricordare i suoi stessi proclami sulla pazienza e sulla cattedrale, Amato si autogiustifica attestando che la cattedrale è da considerarsi incompiuta per assenza di pietre e di monaci.

Questi, i fatti. Da luglio, per provare a dare un senso al voltafaccia in direzione filoleghista, i transfughi hanno preso a lamentare la gestione a loro dire autocratica del PdF. Parole identiche sono state usate contro la Meloni dai transfughi di Fratelli d’Italia in direzione Lega, perché quando si tradisce un campo considerato “perdente” e si passa a quello del vincitore qualcosa bisogna pur dire e di solito tutti dicono le stesse cose. Questi sono i fatti nudi e crudi, difficilmente contestabili se non mentendo. Il Popolo della Famiglia continua il suo cammino, la sua traversata del deserto, a testuggine e lieto di aver perso chi evidentemente voleva vincere la guerra avendo in canna energie per una sola battaglia, pur dicendo a tutti che avrebbe atteso paziente per decenni e addirittura secoli. Un consiglio a tutti ora: misurare le parole. I prossimi proclami saranno, inevitabilmente, poco credibili.

Per quanto ci riguarda noi cercheremo di dare prospettiva e profondità al nostro percorso e, sollecitati, miglioreremo: studieremo di più, ci incontreremo di più, discuteremo di più. Formeremo un coordinamento nazionale da qui a pochi giorni con 220 membri, in rappresentanza ognuno di mille nostri elettori del 4 marzo. Ma non per perderci nei rivoli di uno sterile dibattito interno, perché la testuggine la guerra deve farla in campo aperto. La questione non è prevalere nel rissoso campo dell’associazionismo prolife. Il Popolo della Famiglia è l’unico soggetto esplicitamente politico e massicciamente partecipato, non un’associazioncina che deve andarsi a cercare cinquemila iscritti farlocchi in una settimana per andarsi a sedere a qualche tavolo, noi abbiamo 220mila voti veri, misurati nella sede più difficile e ufficiale, quella delle elezioni politiche. Ora bisogna farli crescere e poiché, a differenza delle associazioni che meritoriamente agiscono nel pre-politico autonominando i loro dirigenti e potendo prescindere dal consenso, noi dal consenso siamo misurati, dobbiamo semplicemente guardare ai prossimi appuntamenti elettorali e organizzarci: elezioni regionali autunnali in Basilicata e probabilmente in Abruzzo, provinciali a Trento e a Bolzano, poi il 26 maggio le europee. Abbiamo tappe, scadenze, obiettivi, concretezza di un lavoro da svolgere, raccolta firme, costruzione di candidatura credibili. Dunque, con questa pagina, riteniamo chiusi i conti con il passato e auguriamo davvero a tutti buona strada o buon riposo. Io, se non tirato per i capelli, non tornerò più su fatti che considero anche umanamente e personalmente dolorosi perché, al di là della politica, raccontano una dimensione di amicizia tradita. Mi fido troppo e regalo a molti con troppa generosità, trovandomi qualche volta fregato. Va bene, servirà da lezione, anche se ho paura di non essere più capace di cambiare a 47 anni. Caratteraccio compreso, per il quale mi scuso.