LETTERA APERTA AL DIRETTORE DI AVVENIRE

20 Dicembre 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Caro Marco, ci conosciamo da un quarto di secolo e i miei primi anni di vita professionale li ho condotti apprezzando le tue doti di collega accorto e ligio, aiutando credo in maniera decisiva la tua scalata alla direzione di Avvenire. Mi permetterò dunque la franchezza per una volta spoglia dalle ipocrisie del cattolichese, a cui il tuo giornale quotidianamente ci abitua. Il riferimento è alla lettera di Valeria Fedeli e alla tua risposta pubblicate il 20 dicembre 2016 sotto il titolo “Fedeli: il mio impegno per educare alla parità tra uomo e donna”. Il Popolo della Famiglia, movimento che presiedo, non chiama la signora ministro o ministra o che dir si voglia, è indegnamente seduta a viale Trastevere avendo mentito sui suoi titoli di studio, millantato una laurea mai posseduta, addirittura non ha mai sostenuto neanche l’esame di maturità. Abbiamo dimostrato questi fatti con evidenza, colei che noi chiamiamo “pinocchia” li ha candidamente ammessi, con arroganza non ha presentato le dimissioni che sarebbero state considerate naturali e ovvie in qualsiasi paese del mondo. Anzi, cerca legittimazione venendo a scrivere una lettera densa di bugie proprio al direttore di Avvenire, che non ritiene di menzionare l’incidente del titolo di studio inventato (per non dover menzionare il Popolo della Famiglia), mentre nello scritto della signora riscontra “lineare chiarezza”.
“Lineare chiarezza” su cosa? Sulla questione della menzogna agli italiani sul titolo di studio certamente no, quella per Avvenire era gravissima quando a pronunciarla era l’innocuo Oscar Giannino, ma oggi Avvenire ha posto la mordacchia al tema e manco citato la notizia. Il riferimento è al tema dell’introduzione dell’educazione gender nelle scuole come materia obbligatoria, su cui la pinocchia è prima firmataria di un apposito disegno di legge nonché responsabile dell’inserimento del famoso comma 16 all’interno della legge 107 nota come “buona scuola”. Valeria Fedeli afferma: “Non ho mai fatto riferimento a una supposta ‘teoria gender’, tanto meno a una ‘ideologia’, non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, e non è mai stata d’ispirazione per l’operato mio, o del Parlamento o del governo. Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa, e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini, in linea con le normative nazionali e internazionali sui diritti umani”. Tu, caro Marco, le dai bordone: “La ringrazio, gentile ministra Fedeli, per la lineare chiarezza di questa sua pur articolata lettera. Una risposta non solo e non tanto a me quanto a interrogativi legittimi (anche se non sempre lucidi nell’argomentazione e pacati nei toni) per le posizioni che aveva assunto o che le erano state attribuite sul tema che (per sintesi) ormai quasi tutti, comunque la pensino, richiamano con la parola-slogan ‘gender’, intendendo con essa la pretesa di decostruire la basilare differenza maschile-femminile e alludendo a un’offensiva (che ha avuto e ha organizzatori e sostenitori anche in Italia) per istruire in questo senso scolari e studenti”.
Caro Marco Tarquinio, l’allarme sul gender non l’ha lanciato Mario Adinolfi o il Popolo della Famiglia. La parola “gender” non è una “parola-slogan”, ma una delle principali preoccupazioni di Papa Francesco che l’ha denunciata utilizzando proprio quella parola in innumerevoli interventi, l’ultimo il 3 ottobre 2016 rientrando dalla Georgia: “Ho parlato di quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria gender. Un padre francese mi raccontava del figlio di dieci anni: alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’ ha risposto: la ragazza! Il padre si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria gender, e questo è contro le cose naturali”. Sul quotidiano La Croce del 20 dicembre 2016, il giorno in cui tu trovavi “lineare chiarezza” nelle parole di Valeria Fedeli, noi riportavamo i dati di una nazione, la Svezia, dove ora fin dall’età della scuola dell’infanzia è stato introdotto il pronome “hen” per identificare bambini “neutri, dall’identità sessuale incerta”, portando l’ospedale di Stoccolma che fino al 2012 aveva “curato” appena 4 bambini per disforia di genere, a ricoverarne nel solo 2015 ben 116 e oltre 200 nel 2016 (aspettiamo la fine dell’anno per i dati ufficiali). Centinaia e centinaia di bambini in un solo ospedale di una sola città in un solo anno, l’ospedale è l’Astrid Lindgren pediatrico di Stoccolma. I bambini vengono sottoposti a sovradosaggi ormonali e alla somministrazione di farmaci per il blocco della pubertà con la finalità di prepararli al cambio di sesso. Ecco, questo è esattamente quello che intendeva Papa Francesco, ripeto Papa Francesco e non Mario Adinolfi, quando riferiva l’episodio del bambino di dieci anni francese. I responsabili di questa tragedia sono gli ideologi del gender e Valeria Fedeli in Italia ne è una delle esponenti principali, tanto da aver presentato il disegno di legge sull’educazione gender come materia obbligatoria nelle scuole, travestito da legge sulla “educazione di genere” e sulla “parità tra uomo e donna”, concetto ovvio su cui non sono necessarie materie di studio obbligatorie a scuola.
Che Valeria Fedeli sia un’ideologa del gender non è una supposizione, basta leggere le sue dichiarazioni. Basta riascoltare il suo intervento in aula al Senato durante il dibattito per l’approvazione della vergognosa legge sulle unioni gay, nota anche come legge Cirinnà. La Fedeli ha parlato il 4 febbraio 2016 e questo ha detto: “Se tutti i cittadini sono uguali, come dice la Costituzione, perché ad alcuni è negato il riconoscimento del legame affettivo e familiare che hanno con un’altra persona? Se tutti i bambini sono uguali perché alcuni hanno meno tutele di altri e sono condannati a vivere nella discriminazione? Se in tutta Europa questi diritti sono riconosciuti, perché non è lo stesso per le coppie omosessuali italiane e per i loro figli, figli di italiani?”. Dunque è chiaro. Per la Fedeli la coppia omosessuale è famiglia, la coppia omosessuale ha figli (nati con l’utero in affitto, non ci sono altri modi) e il riferimento normativo è quello “europeo”, dunque della Francia che preoccupa Papa Francesco e della Svezia che preoccupa noi per i dati che abbiamo appena elencato.
Vedi caro Marco, se qualche volta i toni si alzano e diventano poco “pacati”, è perché legittimando le falsità e le ipocrisie e il non detto delle Valeria Fedeli di turno, per paura di mettersi in urto con il potere, a chi di potere non ne ha resta solo l’urlo. Vorrei che ti arrivasse forte quest’urlo, vorrei che tu lo facessi tracimare nelle pagine sempre “pacate” e qualche volta placate di Avvenire, vorrei che portassi un po’ di sconquasso e reale dibattito su un tema che pare essere secondario e invece è determinante. Pochi giorni fa a Ragusa un tribunale ha emesso una sentenza sempre ossequiante l’ideologia gender: autorizza un 27enne a dichiararsi donna all’anagrafe pur restando maschio a tutti gli effetti anatomicamente. Ecco, quando ti chiedi cos’è l’ideologia gender, la risposta è in questa sentenza. Una sentenza ideologica, appunto, che scardina un elemento fondante della verità, scritta nel Dna delle nostre cellule, nei nostri cromosomi, scientificamente rilevabile. L’ideologia gender dichiara transeunte ciò che transeunte non è, in nome di un’ideologia dell’autodeterminazione che è finta libertà contro la verità. Questa follia è destinata a travolgere la nostra società, ha la finalità di giungere al traguardo ideologico dell’omogenitorialità legittimata, per devastare la famiglia che è l’unico ostacolo che separa lorsignori dalla costruzione di una società di individui fragili e sbandati perché profondamente soli, che senza verità non hanno alcuna libertà e son dunque agevolmente manipolabili.
Questa mia preoccupazione, la preoccupazione del Popolo della Famiglia, non dovrebbe essere una preoccupazione dei cristiani, ma di tutti gli uomini di buona volontà. E se Papa Francesco indica la via su molte strade innovative, la indica anche su questa, sull’allarme reiterato rispetto all’espandersi della colonizzazione ideologica del gender. Essere complici e vedere “lineare chiarezza” in chi chiaro davvero non è e mente persino sul titolo di studio nel curriculum, vuol dire aver inforcato un paio di occhiali con le lenti sbagliate. Con affetto e amicizia, ma anche con fermezza e nettezza, ti chiedo di dare spazio a queste mie osservazioni su Avvenire come hai voluto darne a una persona che indegnamente ricopre la carica di ministro, in violazione dell’articolo 54 della Costituzione che prevede che i pubblici uffici siano svolti “con disciplina e onore”. Ricordando a lei e a tutti coloro che avessero dubbi che è famiglia solo la “società naturale fondata sul matrimonio”. Anche qui, non siamo nei canoni del diritto ecclesiastico, ma all’articolo 29 della Costituzione repubblicana che quasi venti milioni di italiani domenica 4 dicembre hanno difeso dall’assalto di manipolatori che avevano promesso che avrebbero tolto le tende e invece, poiché sono bugiardi matricolati, sono ancora al governo a fare danni. E chi scrive li conosce bene, forse più di te, caro Marco, che sei caduto nella loro strumentale ricerca di legittimazione che non meritava ascolto.