LO “SCRITTORE” E IL SELF-MARKETING SUL TERREMOTO

31 Ottobre 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Definimmo giustamente “sciacallo” l’imprenditore Piscitelli che ridacchiava pensando al profitto che poteva incassare grazie al terremoto, la povera nazivegana che se ne uscì con una battutaccia sull’amatriciana il giorno dopo il terremoto ad Amatrice venne unanimemente condannata e perse un lavoro addirittura a Los Angeles, poi arriva questo “scrittore” che ha un libro in uscita l’8 novembre con Mondadori e per fare self-marketing si inventa un post in cui definisce “divertente” il crollo della chiese per la furibonda scossa delle 7.41 del 30 ottobre e non gli diciamo nulla?
Lo “scrittore” non lo citeremo, cerca solo pubblicità e ce n’è chi ne gliene dà a iosa. Ovviamente il tipo è protetto dalla nota lobby, per cui niente esecrazione per lui su Repubblica e sul Corriere della Sera, manco una riga di rimprovero quando su Piscitelli e la nazivegana vennero versati fiumi di inchiostro. Lo “scrittore” in questione vanta le amicizie giuste, fa l’editorialista sul Giornale di Alessandro Sallusti, il libro che esce l’8 novembre lo firma con Vittorio Feltri, offre notizie della manicure di Selvaggia Lucarelli del Fatto Quotidiano (per la quale ha avuto una “ossessione erotica” durata un biennio) e la sua santa protettrice derivata sempre dalla nota lobby è Barbara D’Urso, che sui Piscitelli e sulla nazivegana e sugli sciacalli da terremoto ha fatto tante trasmissioni e faccine, ma stavolta si astiene, vietato parlarne, la cintura di protezione garantita dai novelli kapò in fascia arcobaleno funziona.
Il tipo non solo trova “divertente” che decine di chiese siano state devastate dal terremoto, che San Benedetto a Norcia non ci sia più, ma a questa idiozia riesce ad aggiungerne una più grande, affermando che “il problema è che saranno ricostruite”. Lo sputo sulla tragedia e una pisciata pure sulla speranza di futuro. Tutto questo tranquillamente consentito: Piscitelli lo sciacallo si fece giustamente la galera, lo “scrittore” in qualsiasi altro paese del mondo non scriverebbe più e Mondadori si ricaccerebbe in gola l’uscita dell’8 novembre su cui lo screanzato ha fatto marketting approfittando della tragedia, Feltri ritirerebbe la firma e si vergognerebbe d’aver scritto un libro con un tizio così ignobile. Ma l’Italia non è un altro paese del mondo. Pensate agli Stati Uniti, pensate a uno scrittore americano che avesse scritto che erano “divertenti” le Torri Gemelle mentre venivano giù. Non avrebbe più potuto camminare per strada, non avrebbe più lavorato manco da McDonald, altro che libro in uscita. Ma siamo in Italia, Feltri è iscritto all’Arcigay, tifa per l’eutanasia e lo “scrittore” protetto dalla nota lobby ha cancellato il post, perché vigliacchetto il tizio lo è di natura, beccandosi giusto qualche improperio da noi “cristiani”. Incidente chiuso e se l’è cavata con poco.
Davvero ci importa così poco di noi stessi, dei nostri simboli, della radice più profonda che da secoli ci tiene insieme? Davvero siamo arrivati al punto in cui le foto di San Benedetto a Norcia distrutta girano sulle prime pagine di tutto il mondo e noi non abbiamo pietà neanche di noi stessi? Anzi, permettiamo a un nostro intellò da quattro soldi di darci lo spettacolino che ci diede Charlie Hébdo qualche settimana fa, beccandosi l’esecrazioni di Sallusti e di Feltri, di Barbara D’Urso e di Selvaggia Lucarelli. Una bella bottigliata sulle palle Tafazzi style, senza reazioni, senza risposta, senza neanche quel briciolo di indignazione che regaliamo anche per un cane abbandonato sull’autostrada. Niente editoriali, anzi proprio neanche un articolo con qualche mugugno, muro di protezione sull’idiota, perché lo sapete che è un idiota, ma è uno di voi e omertosamente lo tutelate, tanto se l’è presa solo con le chiese e i cristiani, quelli si possono massacrare sempre, è “politically correct” farlo.
Ho scritto che servirebbe ormai una grande, silenziosa ed umile Preghiera per l’Italia, un’Italia dissestata non solo idrogeologicamente, ma quasi impazzita e sempre più priva di una direzione di marcia che sappia farci distinguere il bene dal male. Mi ritrovo a pensare che forse sarebbe una preghiera che non troverebbe ascolto, siamo causa del nostro dissesto e paghiamo le conseguenze.
Ma poi guardo le scene delle persone in ginocchio davanti a San Benedetto appena crollata e penso che potrete provarci in tutte le maniere sempre, scrittori alla moda e sciampiste della tv, a cancellare la radice profonda del nostro popolo italiano, ma non ci riuscirete mai nonostante il sostegno di tutto il démi-monde su cui pure potere contare, nonostante i vostri giornali e le vostre case editrici e le vostre televisioni. Siete ricchi e molto potenti, ma non forti quanto la fede del nostro popolo. E potranno crollare mille chiese, saranno ricostruite pietra per pietra, una per una e lo farà il popolo italiano, quelli che hanno fede e anche quelli che non ne hanno, ma sanno che i simboli non si abbattono. E chi ride davanti a un simbolo abbattuto, a una radice estirpata, non è solo uno sciacallo, è soprattutto un imbecille che manco riesce a capire che se ha la libertà per scrivere i suoi libri e insultare il paese che lo nutre è anche perché un millennio e mezzo fa un monaco che si chiamava Benedetto nato a Norcia pose le basi della civiltà nazionale ed europea di cui quello stesso scrittore è figlio.
Amiamo di più noi stessi, amiamo questa meravigliosa nazione cresciuta attorno ad ottomila diversi campanili, non consentiamo l’oltraggio alla nostra storia, meno che mai ai markettari di questo tempo triste di cui anche solo fare il nome sarebbe sciocca concessione alla loro strategia. Siano seppelliti dall’oblio come dalle nostre preghiere, anche per la loro anima. E che i loro libri restino invenduti.