PROPOSTA IN 4 PASSI AI CATTOLICI IN POLITICA

11 Dicembre 2023 Mario Adinolfi
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, , Il Popolo della Famiglia
Leggo una paginata di Repubblica sulla fine dei cattolici in politica partendo dalla notizia di Pierluigi Castagnetti che si lamenta perché non c’è nessuno dei suoi nella segreteria del Pd targata Elly Schlein. Il cronista di Repubblica confonde, credo volutamente, la presenza di cattolici nelle istituzioni con la questione della rilevanza politica dei cattolici, che si è chiusa un po’ più di vent’anni fa quando proprio Castagnetti fece sparire per sempre dalla scheda elettorale il simbolo dei Popolari, con il voto contrario in un drammatico Consiglio nazionale solo di un giovane Mario Adinolfi e del direttore del Popolo Pio Cerocchi. Era il 6 novembre 2000, i cattolici rinunciavano ad avere un loro partito e pensare che fino al 1994 era ancora viva la Dc.

Ammainata la bandiera dello scudo crociato che garantiva seggi e potere, gli orfani di quelle sicurezze andarono a farsele garantire chi da Berlusconi, chi da Fini, chi dagli ex comunisti dopo essere passati pure dagli ex radicali. In pochissimi anni i cattolici che erano stati per mezzo secolo dominatori dello scenario politico scelsero di essere dominati, cercando strapuntini in casa d’altri. Un unico serio tentativo egemonico fu compiuto nel Pd da un pugno di ragazzini provenienti dal Ppi: prima con il sempre giovane Mario Adinolfi nel 2007 alle primarie fondative, poi con il più evidente e clamoroso successo dall’ancora più giovane Matteo Renzi alle primarie del 2012-2013.
Renzi riesce a “rottamare” nel Pd i leader ex comunisti, da Veltroni e D’Alema, portando il Pd al record del 41% alle europee del 2014. Ma invece di costruire il “partito della nazione” inevitabilmente incentrato sulla radice cattolica, impazzisce e iscrive il Pd al Partito socialista europeo, si mette a spingere la legge Cirinnà e quella sul testamento biologico, tutta roba che Veltroni e Bersani non avevano mai osato proporre. Esito: Renzi perde rovinosamente il “suo” referendum e tutte le elezioni successive, viene di fatto cacciato dal Pd, che tra qualche mese alle europee considererà un grande successo prendere la metà della percentuale renziana. La bandiera delle istanze cattoliche viene raccolta dalla destra e il microscopico neonato partito di Giorgia Meloni che alle elezioni politiche del 2013 prendeva l’1.96% oggi, convertito nel partito della premier “donna, madre e cristiana” veleggia attorno al 30%. Chissà se qualcuno leggendo queste cifre coglierà qualcosa: il Pd ha perso più di 20 punti in dieci anni e li ha consegnati pari pari alla Meloni. Volete la Schlein? Benissimo, così non fate manco il 20%.
Castagnetti s’è rabbuiato per il mancato posto nella segreteria Schlein, adesso Giuseppe Fioroni lo sfotte perché pensa di costruire alle prossime europee una scialuppa di ex democristiani in cui imbarcare la qualunque, da Renzi a Mastella. Ha chiamato la sua associazione Tempi Nuovi, il riferimento è al più celebre discorso di Aldo Moro, ma l’effetto è involontariamente comico. I tempi sono sempre gli stessi da un quarto di secolo: dopo la chiusura del Ppi nel 2000, i “politici di professione cattolici” non hanno una propria casa e devono trovare il modo di farsi garantire il seggio dai nuovi potenti e in casa d’altri, con le modalità più disparate. Lo strepitoso Gianfranco Rotondi, fondatore di varie riedizioni farlocche della Dc, fingeva malori davanti a un impietosito Berlusconi; Maurizio Lupi con appena l’1% ottenuto da 4 partiti sommati (UDC di Cesa, Lista Brugnaro, Lista Toti e Rinascimento di Sgarbi) ha intascato con destrezza 9 parlamentari tra Camera e Senato, ovviamente trattandoli prima delle urne perché sapeva bene di non avere voti; meno bravo Demos che riesce solo a farsi garantire 1 seggio dal Pd per il leader Fabio Ciani; la galassia Family Day a queste elezioni si è accontentata della candidatura di Pillon con la Lega e Ruiu con Fratelli d’Italia, entrambi non eletti. Il 2023 si è così aperto con una mozione votata da tutti i gruppi politici a favore dell’aborto e sull’intangibilità della legge 194, ora si chiude con gli infortuni a raffica del ministro Valditara tra nomina della commissaria Lgbt all’indottrinamento “sulle sane relazioni” e conferma delle carriere alias, oltre che con il Pd che candida Cappato in uno dei collegi senatoriali a più alta densità cattolica d’Italia.

Quando il 6 novembre 2000 votai contro la proposta di Castagnetti era perché avevo chiaro che senza una struttura organizzata propria i cattolici avrebbero commerciato i principi con i seggi, perdendo alla fine questi e quelli. Ero un ragazzino di 29 anni, mi è capitato a 41 di fare anche il deputato del Pd e tutto mi ha confermato nell’idea che avevo allora. Personalmente ho scelto di mollare seggio e Pd, di ragionare provando a invertire i fattori: partiamo da quello che i cristiani devono fare in politica, dal perché sono preziosi e unici. Scriviamo un programma e poi al programma diamo una forma organizzativa autonoma. Ne è nato nel 2016 il Popolo della Famiglia che è l’unico partito di esplicita ispirazione cristiana presente con il proprio simbolo autonomo sulle schede elettorali sia alle politiche del 2018, che alle europee del 2019, che alle ultime nazionali del 2022, oltre che ad innumerevoli amministrative con i nostri che cominciano a entrare nei consigli comunali. Il PdF ha ottenuto il voto di centinaia di migliaia di italiani (220mila all’esordio alle politiche), pochi rispetto al necessario, ma molti rispetto agli altri cattolici che si aggirano attorno al Palazzo ma hanno il terrore di farsi contare e per questo svaniscono come rilevanza. Eppure il terreno potenziale di semina e raccolto è vasto e fertile.
Non propongo il Popolo della Famiglia come approdo, so che tanti mi detestano. Propongo però il metodo perché l’ho sperimentato e funziona. Primo passo: uscire dalla subalternità nei partiti altrui, ringraziare e andarsene, altro che strapuntini in una segreteria che i temi cattolici li avversa e un pochino li disprezza. Secondo passo: costruire un serio programma identitario non negoziabile, imperniato su natalità, sostegno a famiglia naturale e maternità, difesa della vita sempre, pace. Terzo passo: costruire una struttura organizzativa autonoma non condizionabile dall’esterno, certamente aperta a alleanze e collaborazioni, ma mai per ragioni meramente mercantili. Quarto passo: presentarsi alle elezioni e misurarsi col consenso.

I cattolici vogliono contare ancora qualcosa o vogliono solo farsi travolgere sperando di mendicare qualche tozzo di pane prima di scomparire? Per tornare a contare, bisogna fare tutti insieme quei quattro passi.