HO VISSUTO IN SEI DECENNI

14 Ottobre 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia
Ho vissuto ormai in sei decenni e sto cercando di capire se la nostalgia che provo del passato sia l’inevitabile prezzo da pagare all’imbecille desiderio di tornare ad essere giovani o la fattuale constatazione di un mondo cambiato tremendamente in peggio. Questa analisi è fondamentale perché un solo dato accomuna questi sei decenni: mi hanno sempre propinato la parola “cambiamento” come qualcosa di palingenetico, dalle inevitabili conseguenze positive. Io ho finito per crederci ma avrei dovuto chiedere con più insistenza: cosa volete cambiare? Perché? Per andare verso dove. Invece l’impressione è che il cambiamento sia riuscito, è cambiato davvero tutto. Ma solo un’analisi fattuale ci dirà se in meglio o no.

1. GLI ANNI SETTANTA. Sono gli anni della mia infanzia. I mali li ricordo perfettamente: l’inflazione e il terrorismo. Al telegiornale si parlava sempre di quello. Il quadro internazionale era piuttosto semplice: noi eravamo i buoni, i Paesi comunisti i cattivi. C’era pure qualche dittatore fascista, da Franco a Pinochet, ma se ne parlava poco. Un po’ più dei generali argentini, anche per via del mondiale di calcio del 1978 e che goduria per quel gol di Bettega a Mar del Plata. Ah, il 1978, anno pazzesco: il mundial, i tre Papi con l’arrivo di Wojtyla, i 55 giorni di Aldo Moro, le Brigate Rosse che danno l’assalto “al cuore dello Stato”. Mi sono sempre chiesto perché nessuno abbia scritto un libro o girato un film sul 1978 italiano. È roba da kolossal hollywoodiano. Invece nel 1978 Hollywood pensava all’Italia solo per via delle casse riempite in passato dal Padrino di Coppola e di quelle che stava per riempire con the Italian stallion (Rocky II è del 1979) mentre premiava con l’Oscar per il miglior film il pur strepitoso Io ed Annie (con Woody Allen che non andò a ritirarlo). L’hit parade esaltava Lucio Battisti (Una donna per amico), Antonello Venditti (Sotto il segno dei pesci) e Renato Zero (Il triangolo). Io ero già andato e venuto dall’Australia con mamma quindi canticchiavo i Bee Gees e pure la canzoncina di John Travolta e Olivia Newton John tratta da Grease; papà aveva vinto il concorso al ministero e la nostra tipica famiglia monoreddito si spostava dal quinto piano senza ascensore di via Vespucci a Roma al sesto piano con ascensore della limitrofa via Antinori, due camere e cucina con tv in bianco e nero. Papà comprò dopo un decennio di sacrifici e bot una rossa fiammante Fiat 128 CL (stava per “confort lusso”), gli fu rubata dopo un mese e fummo costretti a ripiegare su una ipereconomica Zaz sempre rossa, ma assemblata nei sovietici stabilimenti Moskovic. La messa in moto aveva la rumorosità di un aereoplano e la famiglia dell’impiegato Ugo Adinolfi era comicamente assai simile a quella dell’impiegato Ugo Fantozzi i cui libri prima e film poi avevano clamoroso successo, per la verità anche presso il nostro sempre più povero ma autoironico nucleo familiare. Nonostante la legge sul divorzio appena approvata e poi confermata dal referendum le inevitabili tensioni tra un giovane meridionale italiano e una giovane australiana di Sydney non sfociarono in una separazione e fu un bene per noi due figli. Cosi, nonostante la condizione economica per niente florida, quando sembrò che stesse per arrivare un terzo fratellino nessuno pensò di utilizzare la legge 194, io mi servii del mio ruolo di chierichetto in parrocchia per pregare intensamente affinché ci fosse evitata quell’ulteriore rogna che già la mia sorella marmocchia mi bastava e fui ascoltato: falso allarme. C’era già lei a monopolizzare la scarna tv dei ragazzi per vedere Heidi, mentre per me esistevano solo Sandokan e Orzowei. Devo a quella sua prepotenza il rifugio presso i libri e la storia, prima quella a fumetti di Biagi e poi i librini della Bur della Storia d’Italia di Montanelli. Il decennio si chiude con Sadat, Carter e Begin che si danno la mano per gli accordi di Camp David tra Egitto e Israele che nel 1979 diventano un vero e proprio trattato di pace che istituisce l’autorità autonoma della Striscia di Gaza.

2. GLI ANNI OTTANTA. Sono gli anni della mia adolescenza, certificata dall’esplosione di attrazione erotica per la prof di matematica Isabella Re nella più che rigida scuola cattolica solo maschile istituto Pio IX Aventino, scelto dai miei genitori perché considerato un campo di disciplina. Fantasticare sulla prof di matematica già in prima media era il mio moto di ribellione. Papà e mamma erano atterriti dalla piega presa dal decennio. Pronti, via: nel 1980 il 6 gennaio ammazzano Piersanti Mattarella, a febbraio sulle scale all’università Vittorio Bachelet, a marzo lo scandalo del calcio scommesse, a maggio abbattono il giornalista Walter Tobagi, a giugno il giovane magistrato Mario Amato, poi Ustica, poi la strage di Bologna. Non meraviglia che il singolo dell’estate fosse l’inno all’indifferenza provocata dal dolore, Comfortably Numb tratto da The Wall dei Pink Floyd, non meraviglia che i coniugi Adinolfi scegliessero come scuola per il proprio primogenito una sorta di casa circondariale, non sia mai mi venisse in mente di diventare terrorista o di drogarmi. Gli otto anni trascorsi al Pio IX furono preziosi. Eh sì perché la piaga sociale del tempo tra i giovani era il furibondo diffondersi dell’eroina e l’eroe italiano degli Anni Ottanta fu senza dubbio Vincenzo Muccioli che salvò migliaia di ragazzi con i metodi anche coercitivi, finiti poi nel mirino della magistratura, della benemerita comunità di San Patrignano. Alla paura per la droga si aggiunge presto il terrore per l’Aids e così per un adolescente la pressione diventa difficile da gestire. La risposta diventa un clima da perenne divertissement e gli Anni Ottanta saranno apparentemente i più spensierati del secolo, con tanta voglia di fare festa come nella notte dell’11 luglio 1982 quando Paolo Rossi, Enzo Bearzot e Dino Zoff ci riportano da Madrid la Coppa del Mondo che viaggia sull’aereo del “presidente partigiano” cantato da Toto Cutugno, Sandro Pertini. Cruciale per l’immaginario sarà il successo della tv commerciale, la più importante invenzione di Silvio Berlusconi: dai cartoni animati come Candy Candy e Lady Oscar, fino all’intrattenimento rivoluzionario da prima serata targato Antonio Ricci (primo graffio, Drive In), la leggerezza di quella proposta di palinsesto diventa centrale nella vita degli italiani di ogni fascia di età. La serialità non è più quella degli sceneggiati Rai, intensi e colti, ma quella sui grandi plutocrati americani alla Dallas e Dinasty, che fa sognare inarrivabili ricchezze. Nella musica spopolano Duran Duran e Spandau Ballet, al cinema si vuole ridere e si affermano i nuovi comici: Troisi, Benigni, Verdone, Nuti, Grillo. Quest’ultimo è forse il più popolare perché fa tanta tv e anche la pubblicità dello Yomo. Poi sbaglia una battuta in Rai contro i socialisti e il presidente della Rai, socialista messo lì da Bettino Craxi che era stato capace di mettersi contro anche agli americani a Sigonella, lo fa cacciare dopo che il navigato Pippo Baudo s’era già dissociato in diretta. Io tra tutti preferivo Troisi e Benigni. La radice campana di papà, che da giovane era stato attore di cinema, mi risuonava nel genio malinconico del primo mentre con il secondo papà aveva pure lavorato e alla messa di Natale una notte in parrocchia a Santa Maria Liberatrice al Testaccio venne a salutarci. Non credo di aver mai riso al cinema quanto con Non ci resta che piangere. Dalla parrocchia passai alla sezione, il PCI governava Roma e eravamo tutti convinti che i comunisti andassero battuti sempre, così mi impegnai nella campagna elettorale delle elezioni di primavera del 1985, per sublimare la scarsa attenzione che la prof di matematica aveva dimostrato verso la mia tensione erotica dei tre anni di scuola media. Da democristiani battemmo i comunisti, ci riprendemmo il Campidoglio, ma alle elezioni del 1987 il genio malefico di Marco Pannella riuscì a far diventare deputato la pornostar Cicciolina e l’immaginario collettivo oltre che inevitabilmente quello di tutti gli adolescenti maschi d’Italia si colorò di luci rosse. Rosso era anche il sangue del prof che veniva in sezione a fare i corsi di formazione per noi giovani Dc. Roberto Ruffilli venne ucciso a Forlì del 1988 dai terroristi comunisti, non fece in tempo a vedere il muro di Berlino cadere dopo il decennio di missione profetica di Giovanni Paolo II. Il decennio apertosi con la rivolta dei polacchi di Solidarnosc e il tentativo di uccidere il Papa, si chiudeva con la trionfale fine del comunismo. Gli U2 a Dublino la sera del 31 dicembre 1989 cantarono l’orgoglio di chi in nome dell’amore aveva restituito l’Europa tutta intera a un’idea di libertà. O almeno così ci sembrava.

3. GLI ANNI NOVANTA. Sono gli anni della gioventù. Uno storico giapponese scrisse subito un saggio che fece iniziare il decennio sotto il marchio della “fine della storia”. Crollato il muro, finito il comunismo, la dialettica che Hegel pone a fondamento dell’evoluzione della storia si chiudeva con la vittoria del modello occidentale. Lo si proclama ovunque e io ci credo. Il mio “modello occidentale” era la Dc in cui da giovanissimo avevo fatto carriera, ero bravino a scrivere e mi aveva subito trovato lavoro presso quotidiano e settimanale del partito, pensavo avrei fatto quello tutta la vita e a meno di vent’anni lasciai casa dei miei genitori per sposarmi poi il 24 aprile del 1993. Sì, era scoppiata Tangentopoli ma in piena bufera nell’aprile del 1992 avevamo comunque sfiorato il 30% alle elezioni politiche, stavamo di conseguenza saldi al potere del Paese e nonostante le stragi terribili come Capaci era democristiano il presidente della Repubblica che venne eletto il 25 maggio 1992. Insomma, meno di 11 mesi dopo mi sposo e a luglio la Dc viene sciolta, il settimanale del partito viene chiuso e il quotidiano ridimensionato, alle elezioni del 1994 ci presentiamo da soli contro il Polo delle Libertà in cui Silvio Berlusconi riesce non si sa come a mettere insieme i nazionalisti di Gianfranco Fini e i secessionisti di Umberto Bossi, battendo la gioiosa macchina da guerra dei comunisti di Achille Occhetto che hanno cambiato nome e travolgendo noi che su centinaia di collegi uninominali maggioritari, perché era cambiato il sistema elettorale, né vincemmo solo quattro. Un tracollo. Sulle ceneri della Dc viene rifondato, con me partecipe, il Partito popolare italiano ma ormai è iniziata un’altra storia. Non è la fine della storia. È la fine della nostra storia. La Seconda Repubblica si caratterizzerà per una serie di governi a maggioranze vastissime, inframmezzati da tentativi di Berlusconi di governare per conto suo. Dal 1994 a fine decennio saranno presidenti del Consiglio Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema che nel 1999 andò in crisi consegnandosi poi a inizio 2000 ad Amato. Il decennio fu quello dell’esplosione del debito pubblico e della sua impennata percentuale rispetto al Pil, ma grazie alla lira e alla previdenza generosa (che venne infatti riformata da Dini) fu l’ultimo decennio in cui ci sentivamo tutti piuttosto ricchi. Di conseguenza al cinema prese piede il Cinepanettone come formula da botteghino vincente assicurato e i videogiochi cominciarono ad essere il modello di intrattenimento preferito dai ragazzi, sia tramite console che personal computer. Anche il telefono diventava personal e senza fili, preludio alla rivoluzione delle rivoluzioni: internet. Il rumore del modem 56k è la petite madeleine di chi è alla ricerca di quel tempo perduto. Quaranta minuti per scaricare una foto, ma i primi browser ci misero tutti in connessione. Doveva essere la fine della solitudine e invece ne fu solo l’inizio. Nella seconda metà del decennio in successione diventai padre, mi cacciarono dal quotidiano cattolico in cui ho ottenuto il titolo di giornalista professionista, si suicidò mia sorella Ielma, scrissi il mio primo e forse più riuscito libro intitolato Email, si prepararono a chiudere pure il Ppi, decisero di rinunciare alla lira fissando il cambio a 1936,27 per un euro e poi divorziai. Sotto le macerie della fine della storia c’ero rimasto io. Io e l’Italia, mi venne da pensare.

4. GLI ANNI ZERO. Sono gli anni della maturità. Vi ricordate la paura da annientamento tramite Millennium Bug? Invece arrivò il 2000 e non successe niente. Io alla mezzanotte lavoravo al Televideo Rai, per qualche ora coltivai l’idea di fare uno scherzo all’Italia alla Orson Welles, ero da solo in redazione e la pagina 101 del Televideo era la principale fonte di informazione del Paese. La scrivevo io. Quella notte, in redazione a Saxa Rubra da solo e senza controllo, tutti erano per locali a festeggiare, di me i superiori si fidavano. Sarebbe stato il colpo della vita, il passepartout per l’eternità, se avessi scritto che alle mezzanotte erano sbarcati gli alieni sulla Terra sulla pagina 101 del Televideo mezza Italia ci avrebbe creduto. Sapete perché da “grandi” non si fanno più le cose pazze e divertenti? Perché teniamo famiglia. E non possiamo permetterci il licenziamento. Io che poi avevo una tendenza a andare sulle scatole ai superiori piuttosto pronunciata, dovevo imparare a darmi una regolata. Ci spiegarono che dovevamo darci tutti una regolata perché stavamo per entrare nell’euro e in effetti due Capodanno dopo via le lire, dentro ste monete da 2 che valevano quattromila lire e lì dovevamo già aver capito tutto. Quel 1 gennaio 2002 era stato preceduto dall’11 settembre 2001 e non devo aggiungere altro, basta la data. Insomma, nonostante il Millennium Bug agevolmente neutralizzato, il XXI secolo non s’era presentato benissimo. Gli americani lanciarono la loro guerra con noi timidamente appresso, Saddam e talebani apparentemente sbaragliati. E invece, fu un pantano. Però c’era quel clima da nuovo millennio che ancora una volta portava l’equivoco del cambiamento come cosa naturalmente buona. Era buono che il pm che aveva sbaragliato con gli arresti i partiti della Prima Repubblica avesse un suo partito, era buono che Jovanotti scemotto di Gimme Five fosse diventato cantautore e riverito maestro, era buono che stessimo tutti appiccicati ai computer perché contenenti lo scibile umano sotto forma di Wikipedia e la ponderosa Treccani di famiglia prendesse polvere. Il sapere non passava più dalla tipografia ma dai bit e allora cominciai a scrivere su un blog e alla fine del decennio ero il blogger forse più famoso d’Italia, protagonista in tv e candidato prima a sindaco di Roma con il simbolo della chiocciola di internet e il movimento Democrazia Diretta (Grillo e Casaleggio ci arrivarono dieci anni dopo) poi a segretario alle primarie fondative del Pd contro Veltroni con lo stesso simbolo e Generazione U. Esito fu l’inserimento in lista alle elezioni politiche del 2008 grazie al quale, subentrando più avanti a un sindaco eletto, sarei diventato il primo blogger italiano in Parlamento. Silvia ed io cominciammo a frequentarci allora, grazie a un programma che conducevo su Mtv in cui lei mi aveva notato. L’Italia altalenava tra Berlusconi e Prodi, moriva San Giovanni Paolo II e arrivava Benedetto. Il fondamentalismo islamico non si fermò all’11 settembre 2001. Chi se la ricorda la strage di Atocha a Madrid? 192 morti, l’11 marzo 2004. E gli attacchi alla metropolitana di Londra? 52 morti, oltre 700 feriti, 7 luglio 2005. Il 12 settembre 2006 Benedetto XVI tiene a Ratisbona il discorso più importante del suo pontificato, spiegando che l’Islam deve riuscire a estirpare la sua radice violenta come ha fatto il cristianesimo facendosi accompagnare nella fede dalla ragione, perché la violenza è irrazionale e ciò che è irrazionale spiace a Dio. Il discorso di Ratisbona costò al Papa non solo l’odio dell’Islam radicale, ma all’università La Sapienza di Roma un intervento del Papa previsto per il 20 novembre 2007 fu cancellato. Capii che bisognava battersi di più. Nel 2007 avevo partecipato al primo Family Day convocato dalla CEI contro i Dico, insieme a un giovane Matteo Renzi. I cattolici rischiavano di sparire dalla scena pubblica. E la forza dei flussi migratori rischiava di cambiare nel profondo l’Italia, che aveva cominciato ad avere paura di fare di fare figli. Nel 2009 l’Istat nota che nascono 568.857 figli ma più di 100mila da straniere, mentre il tasso di fecondità delle italiane è un preoccupante 1.31 figli per donna. Da allora le nascite non hanno fatto altro che crollare. Gli aborti nel 2009 sono stati 118.579, 325 bambini al giorno.

5. GLI ANNI DIECI. Sono gli anni della pienezza. Mi guardavo attorno e capivo, finalmente, con chiarezza tutto. Nel 2010 diventavo di nuovo papà e sarebbe risuccesso nel 2018, avendo chiaro quel che dovevo e non dovevo fare, anche grazie alla perdita di papà nel 2016, come se mi avesse trasferito il suo sguardo, sempre molto acuto. Sposavo Silvia. Lasciavo nel 2013 il Parlamento e il Pd, rompendo amicizie personali e politiche che erano durate decenni, alcune potentissime che sarebbe stato conveniente mantenere. Decidevo che non potevo più accettare di subire quel che non era giusto, ma non perché fossi più bravo o coraggioso di altri, semplicemente perché non ne ero capace. Spiego subito che Ratzinger mi aveva definitivamente convinto: è ingiusto ciò che è irrazionale, ciò che è illogico. Dio è logos. Perfetto, mi sono sentito nella pienezza della comprensione delle cose. Il problema è che più capivo più mi si è resa evidente l’avanzata dell’irrazionalità, dell’illogicità, di ciò che fa male. Lasciai volentieri il Pd dopo aver aiutato Renzi con grande generosità (ero tra i pochissimi parlamentari a stare con lui quando iniziò la scalata al Pd tramite le primarie) perché volevo portare a compimento il lavoro iniziato nel 1985: cacciare i comunisti. E in effetti accompagnammo ai giardinetti Veltroni e pure D’Alema, un’impresa titanica che fruttò al cattolico e ex Ppi Matteo Renzi un Pd al 41% e l’ingresso trionfale a Palazzo Chigi nel 2014. Ottieni tutto questo e che fai? Quel che Veltroni e D’Alema mai avevano osato: iscrivere il Pd al Partito socialista europeo e scrivere le leggi su unioni gay e testamento biologico. Quanto è illogico tutto questo? E allora mi sono battuto insieme a tanti contro l’illogicità, per due anni interi, feci scrivere su uno striscione il famoso slogan “Renzi ci ricorderemo” che caratterizzò il Family Day del 2016 al Circo Massimo. Lui portò a casa le sue illogiche leggi, ma alla fine del 2016 perse referendum e Palazzo Chigi, ora si deve arrabattare con un partito del 2% e tutto sommato visto che alle suppletive per la Camera quando mi sono candidato per il Popolo della Famiglia nel mio collegio ho preso l’1.32%, si può dire che la partita tra noi non è finita. L’illogicità invece è avanzata: grillismo di protesta, grillismo di governo, grillismo con la destra, grillismo con la sinistra, grillismo di unità nazionale. Il sogno della rivoluzione dal basso si è infranto sulla morte di Casaleggio e sulla assoluta incompetenza dei suoi rappresentanti nelle istituzioni. La qualità della classe dirigente complessiva è diventata da mani nei capelli, i media dominati dai social network che su internet spazzano via i blog abbassano la qualità dell’informazione perché tutto è ricerca del click e del like. Ai giovani e non solo è proposta la costruzione di un’identità glamour e cangiante, del tutto priva di radicamento culturale, unicamente ed esplicitamente direzionata alla ricerca di un riscatto derivante da un successo economicamente misurabile. La colonna sonora è la terribile trap, i miti sono quelli di Romanzo Criminale e Gomorra, con il ribaltamento assoluto di una narrativa che ci aveva resi famosi nel mondo con il commissario Cattani de La Piovra o al limite con la dialettica ideologica tra don Camillo e Peppone. Se all’Oscar vincevamo con le storie profondissime e cariche di tormento morale di De Sica e Fellini, Petri e Tornatore, Benigni e Salvatores, negli Anni Dieci l’Italia è perfettamente rappresentata dalla terrazza dei personaggi amici di Jep Gambardella da lui stessi presentati come “tutti sull’orlo della disperazione” in una scena in cui il premio Oscar Paolo Sorrentino spiega ogni cosa sugli esiti dell’aver dato campo libero all’illogicità, all’ingiustizia e alla conseguenza inevitabile: la menzogna.

6. GLI ANNI VENTI. Dovessero essere giudicati dall’incipit, sono gli anni della decadenza. In tre anni una pandemia senza precedenti e due guerre pesanti come il conflitto russo-ucraino e quello israeliano-palestinese, a noi più che prossimi. Se c’è una cosa che potevamo giocarci come generazione era quella di aver vissuto in pace. Manco più questo? Ho 52 anni, vado per i 53, mi guardo attorno e fatico a respirare. Le nuvole sono sempre più nere e cariche di pioggia eppure ne ho elencati di guai che abbiamo affrontato in passato. C’è una differenza. Sono nato negli anni più pesanti del terrorismo rosso e nero, sono stati sconfitti. L’eroina uccideva migliaia di persone l’anno negli Anni Ottanta e Novanta, adesso meno di trecento. L’inflazione nel 1980 era al 21.2%, nel 2009 allo 0.8%. I morti di AIDS in Italia dal 1983 sono stati oltre 46mila, ora non si muore quasi più di questa malattia. Insomma, si affrontava un problema anche molto grave con strumenti appositi e lo si risolveva o si riduceva in maniera imponente il danno sociale. Ora mi sembra che i problemi non sappiamo individuarli, in più non studiamo, ci affidiamo a dati emozionali e così il danno derivante dal problema non individuato e non curato si ingigantisce. Il nodo credo derivi dall’assenza di intellettuali capaci di evidenziare l’esistenza di un problema. Una volta c’erano nomi notissimi capaci nei loro libri di spiegare chiaramente una questione: penso a Pasolini per la sinistra radicale, Bobbio per quella socialista, Calvino per i liblab, Montanelli per i conservatori, Guareschi per la destra. Con alcuni amici giochiamo a quella che definiamo la “top 5” attuale degli intellettuali noti al grande pubblico nati dopo il 1970 e ci ritroviamo con i libri di Saviano per la sinistra radicale, Lucarelli per la sinistra pop, Zerocalcare per i centri sociali, Scanzi per i populisti grillini e Adinolfi per tutti quelli che non sono di sinistra. C’era anche la Murgia per l’area queer ma non è più tra noi. Voi capite che il paragone è impietoso. Quindi chi aiuta a individuare i problemi? Una classe politica interessata solo al mantenimento di privilegi garantiti da elezioni che si tengono ogni anno, senza un minimo sguardo di prospettiva? Una classe giornalistica asservita ai poteri, incapace di indipendenza, accecata dalla propria endemica faziosita? Un contesto scientifico e accademico composto da clan familiari, cordate, baronie? Una magistratura screditata? Una società civile e del cosiddetto associazionismo che mira solo a drenare denaro pubblico come cinghia di trasmissione del potere politico? Le giovani generazioni che dovrebbero essere più libere ma sono state cresciute con il brainwashing dei cosiddetti “nuovi diritti” e ora sono accecate dal vitello d’oro della cosiddetta “autodeterminazione”? A questi ragazzi viene insegnata una strana dottrina della libertà simile a quella di chi dice di amare il mare e di sognare di voler attraversare l’oceano in solitaria. Tutto molto bello, è una splendida idea di libertà. Ma la libertà è vera solo se ne conosci i limiti e gli obiettivi, se padroneggi nel dettaglio venti e correnti, se sai perfettamente da dove partire e dove approdare, come alimentare la navigazione e con quali strumenti orientarti, fossero anche solo una bussola o le stelle. Una libertà priva della conoscenza di limiti e obiettivi, la libertà odierna del “faccio come mi pare”, conduce inevitabilmente e solo al naufragio. Per quel che mi resta da vivere, siano pochi giorni o molti decenni sarà il mio amico Gesù Cristo a deciderlo, io ripeterò quel che mi appare così chiaro e inviterò prime tra tutte le mie figlie e poi ogni giovane a provare a capire bene la natura di un problema con l’obiettivo di trovare un metodo per risolverlo. Per quel che mi riguarda i principali problemi sono i figli che non nascono perché la denatalità distruggerà il welfare, la connessa questione migratoria perché l’Islam ha una carica conflittuale le cui conseguenze sono una bomba a orologeria piazzata nell’Europa che da sempre sognano di conquistare, infine la definizione e tenuta della famiglia naturale che se verrà ulteriormente devastata consegnerà generazioni di fragili e mentalmente instabili che si riterranno liberi quando saranno solo canne al vento alla mercé di chiunque. La famiglia solida offre identità, forza, sicurezza in se stessi e indica obiettivi. E solo con un motivo si riesce a vivere, altrimenti si vanno a ingrossare le fila di coloro che sopravvivono grazie a psicofarmaci e altre forme anche più gravi di dipendenze. Gli Anni Venti del Novecento si aprirono con violenze e una classe dirigente totalmente screditata che spianò la strada a una dittatura, per chiudersi con una crisi economica e inflattiva devastante che preparò l’Europa al peggiore disastro della sua storia che ebbe inizio dieci anni dopo, nel 1939. Spero in una sterzata, in un recupero di consapevolezza, in un riscatto. Lo spero tanto per le mie figlie. Io quello che avevo da fare l’ho fatto, quello che avevo da dire l’ho detto, quello che avevo da scrivere l’ho scritto. Ho vissuto, riso, pianto, giocato, amato e pensato tanto. Mi piacerebbe avere i 77 anni della mia mamma australiana e godere della splendida libertà di cui godono i vecchi. Invece mi mancano ancora 25 anni e tra 25 anni mi vedo già all’ospedale per un controllo con i medici che mi mettono in mano un opuscolo su quanto è dolce e liberatoria l’eutanasia. I frutti avvelenati del nostro tempo malato sono inimmaginabili. Per questo ci conviene impiegare ogni energia che ci resta per curarlo. E ognuno faccia il suo.