ORA CHE TUTTO È FINITO

16 Giugno 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

Ora che tutto è finito e il corpo è stato cremato, dopo il saluto di tutti i suoi cari, su Silvio Berlusconi provo a scrivere due parole anch’io. Non vi ammorberò con gli episodi personali: ho avuto ragioni professionali (frequento le reti Mediaset da quando si chiamavano Fininvest, all’inizio degli Anni Novanta), politiche e persino toponomastiche (ho abitato per anni a piazza Grazioli e lavorato a Palazzo Grazioli) per incontrarlo vis à vis più volte. E ogni volta ho ricavato la stessa sensazione: era la persona che con il massimo grado di simpatia e generosità sapeva curare i propri interessi dando l’impressione che stesse curando i tuoi. In questo, nessuno come lui.
Eviterò qualsiasi giudizio morale, ormai non compete a noi. Come ha detto bene Delpini nella difficile e per questo intelligente (forse anche un po’ furba) omelia, ormai Berlusconi è un uomo che incontra Dio e a Lui compete ogni giudizio. Certamente è stato “spericolato” e oltre le regole in molti ambiti. La qual cosa lo ha posizionato fuori dall’ordinario, con vittorie e conquiste uniche, quelle che ogni italiano sogna dal denaro al potere, dalla seduzione ai trionfi persino sportivi. Anche in questo, nessuno come lui.
Mi interessa un aspetto: cosa resta? Di una vita così eccezionalmente segnata da continue affermazioni di sé cosa resta? Un lascito è quello economico, molti miliardi di euro, ma non ci riguarda: è roba per pochi interessati. Un’azienda che tra televisione, radio, giornali e libri (più immobiliare, finanza, assicurazioni) è forse la più importante del Paese: credo che qualcuno pezzo a pezzo la spolperà, portandone il cuore all’estero e mi dispiacerebbe.
Infine c’è il lascito politico. Cos’è stato il “berlusconismo”? Vedi sopra: un modo geniale ed elegante di fare i propri interessi spiegando che si facevano quelli della Nazione. Aver sbarrato la strada ad Occhetto nel 1994 è precisa immagine di questo: Berlusconi proteggeva i suoi personali interessi ma ci ha risparmiato il disastro della gioiosa macchina da guerra che occupava il potere. La rivoluzione liberale la sognavano forse Urbani e Martino, Colletti e Scognamiglio. Berlusconi non è mai stato un liberale: è stato un pragmatico. Capace di fare alleanze strutturali con Pannella, di mandare la Bonino commissario in Europa, ma anche di varare il decreto purtroppo inutile che provava a salvare Eluana Englaro. Nel suo pragmatismo alcune scelte rimarranno: l’innalzamento delle pensioni minime, la cancellazione dell’Ici, l’abbattimento delle tasse di successione. Poteva davvero modernizzare l’Italia, la aggiustò un po’, anche combattendo fieramente contro la magistratura più politicizzata del mondo. In politica estera aveva le capacità del mediatore e la foto della stretta di mano tra Putin e Bush a Pratica di Mare la guardo con estrema nostalgia. È stato l’ultimo premier italiano a contare davvero qualcosa, a pesare quanto un Moro, un Andreotti, un Craxi. Come loro, è stato fatto fuori proprio per questa sua caratteristica. L’Italia negli equilibri geopolitici internazionali è pensata come Stato satellite. Berlusconi provò a farla essere altro.
Mi piacerebbe dunque che se un lascito per il futuro possa davvero essere immaginato, si partisse da qui. Dal Berlusconi che scandalizzava quando parlava di pace anziché schierarsi con le miliardarie forniture di armi. Uno schieramento moderato, popolare, nazionale e cristiano, che nasca sulle ceneri del corpo del Cavaliere e della muscolare seconda repubblica, potrebbe essere punto di riferimento davvero per l’Italia migliore. Lo immagino come un partito unico, come quel Popolo delle Libertà che Berlusconi inventò e portò al 38%, con al suo interno le varie correnti politico-culturali che ho indicato. Un partito che sfidi così nella prospettiva futura la proposta nichilista del Pd e populista del M5S, innervandosi su valori e principi che siano non negoziabili a partire da vita, famiglia e libertà educativa. Un percorso costituente di un partito siffatto sarebbe la vera prima innovazione reale ascrivibile anche al lascito berlusconiano. Quali sono oggi le differenze reali tra Meloni e Salvini, se non sul terreno della lotta per il potere? Si ponga fine a storie novecentesche perché la morte di Berlusconi è la fine del lunghissimo Novecento italiano, che ci vede ancora divisi tra fascisti e comunisti. Basta con le parole senza senso, ci si divida tra nazionalpopolari e socialpopulisti, con lo sguardo finalmente rivolto al futuro e non più al passato. Se questo dovesse accadere (e noi ci impegneremo affinché accada) la morte di Berlusconi sarà ricordata in maniera feconda, come decisivo momento di passaggio. Altrimenti continuiamo così, a subire quel che c’è da subire, a far decidere altri, ad accapigliarci tra noi per questioni di lana caprina. Non è un bel destino.