FIORAVANTI E IL NOSTRO OLTRAGGIOSO PAESE

1 Giugno 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

Il problema di Giusva Fioravanti non sono gli 8 ergastoli più 134 anni di carcere e neanche il “non essersi pentito”, ma essere libero da anni senza aver mai detto la verità su complici e mandanti. Sansonetti cercava un modo per far parlare di sé (nessuno si era accorto che dirigeva L’Unità, giornale che nessuno legge più) ne ha trovato uno brutto assai. Da anni mi batto, l’ho scritto nel mio Storia del Terrorismo in Italia, affinché i terroristi stiano almeno zitti se non vogliono raccontare come è andata davvero. Leggere un articolo di Fioravanti sul quotidiano che fu comunista peraltro in lamentazione del carcere duro applicato dagli americani contro i terroristi, è un oltraggio che poteva essere risparmiato ai familiari delle sue vittime. Bisogna imparare anche ad essere liberi e i tanti (troppi) amici dei NAR che sono ora al governo dovrebbero forse dire una parola anziché eleggere la Colosimo amica di Ciavardini a presidente dell’Antimafia.

Già ho raccontato di come un autorevolissimo parlamentare di Fratelli d’Italia mi aggredì un giorno nel mio consueto bar quando uscì il mio libro sul terrorismo, non avendo gradito proprio le pagine dedicate a Giusva Fioravanti. Analogamente ho subito critiche dure per quel che ho scritto su Adriano Sofri e sulla cricca di Lotta Continua responsabile dell’omicidio Calabresi, come sulle aderenze della sinistra ai brigatisti rossi. Non dimentico l’intervista al Corriere della Sera del 12 giugno 1994, autore Gian Antonio Stella, proprio a Mambro e Fioravanti intitolata: “Loro al governo, noi all’ergastolo”. Un’intervista in cui la Mambro mandò ai camerati appena diventati parlamentari e ministri un pizzino: “Moltissimi di quelli che conoscevo e che frequentavo sono stati eletti. So che sono persone perbene. Spero che non deludano chi li ha votati”. Il 23 novembre 1995 la Cassazione ufficializza l’ergastolo per Mambro e Fioravanti come autori materiali della strage di Bologna.
Caso unico nella storia giudiziaria mondiale per una stragista, nel 1998 la Mambro è magicamente ammessa al regime di semi-libertà, da anni sia lei che Fioravanti sono totalmente liberi. Lo ripeto: senza mai aver raccontato quel che sanno. E sanno molto. Si sono fatti poi altri amici che contano nei giri che contano, finanziati da Soros: i radicali, certi giornalisti potenti, certe testate molto potenti (con tanto di biografie agiografiche firmate da quelli e pubblicizzate da quelle). Che oggi Fioravanti scriva sull’Unità fondata da Antonio Gramsci è solo l’esito inevitabile di tutte queste premesse, di un’Italia che lascia impunite le più grandi ingiustizie e non ha mai saputo onorare le vittime di tali ingiustizie.

I NAR di Fioravanti, Mambro e Ciavardini uccisero il magistrato Mario Amato che li stava indagando e aveva scoperto tutte le loro connessioni con la criminalità, pezzi dello Stato e segmenti persino del terrorismo di sinistra in quella che chiamavano “un’alleanza tattica”. Questo giovanissimo giudice di appena 42 anni venne lasciato totalmente solo, aveva scoperto troppe cose e quando chiese un’auto blindata lo Stato gliela negò. Così, sapendo bene che andava a lavorare in autobus, una mattina i Nar lo freddarono alla fermata Atac di viale Jonio a Roma con un colpo alla nuca sparato alle spalle. I vili sono vili sempre. Era il 23 giugno 1980. Il 2 agosto, la strage di Bologna.
Tutto quello che Amato aveva scoperto sui Nar, Fioravanti non l’ha raccontato mai. Se Sansonetti fosse un direttore serio, l’unico articolo che potrebbe pubblicare a firma di quel terrorista dovrebbe contenere quelle informazioni. Invece della verità non gliene frega niente a nessuno, delle vittime neanche e questo è il nostro oltraggioso Paese. Fossi Giorgia Meloni oggi farei una dichiarazione di lontananza da tutto questo, visto che da settimane insiste sul voler cambiare la cifra culturale del Paese e non vorrei che diventasse quella dove agli amici di Lotta Continua si sostituiscono gli amici dei Nar.