Mario Adinolfi e Il grido dei penultimi

3 Luglio 2020 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Sarà probabilmente uno dei libri più discussi dell’estate, in quarta di copertina subito una zampata contro Myrta Merlino inginocchiata a La7 per George Floyd. D’altronde Mario Adinolfi è così, un polemista che non riesce a trattenere la frizione e dove passa non può che creare scompiglio. Il suo “Il grido dei penultimi” è un lavoro di duecento pagine concepito in tempo di Covid che però parte da lontano e Mario racconta: “Lavoravo a questo libro da tempo, doveva essere presentato a marzo in Piemonte, poi è accaduto quel che è accaduto ed ha cambiato tutto, anche il mio libro. In tre mesi di clausura Covid il testo ha attraversato profondi cambiamenti finché un giorno, nel corso della diretta social con il cardinale di Sant’Egidio e arcivescovo di Bologna, ho chiesto a Matteo Zuppi di ascoltare il grido dei penultimi. Zuppi a Roma mi ha insegnato a orientare lo sguardo sugli ultimi, è il più intelligente dei preti di strada che mi sia capitato di conoscere e più volte ho detto che, semmai fosse italiano, il prossimo Papa sarebbe perfettamente incarnato da don Matteo. Chi mi conosce bene l sa che dagli ultimi non ho mai distolto lo sguardo, anzi, credo di avere nel mio piccolo contribuito a definirne con precisione i contorni anche proprio grazie alla guida che ho riconosciuto sempre nella Chiesa, che è serva dei servi”. Adinolfi è un fiume in piena e del suo libro è innamorato: “Ora però il Covid è come se avesse fatto esplodere un urlo latente e inascoltato. Certo c’è la tragedia dell’immigrato che deve attraversare il mare rischiando d’affogare, del rom che vive in situazioni disperanti, della donna che subisce violenza domestica, del gay picchiato per strada, del bracciante sfruttato a due euro l’ora, del nero ucciso dal poliziotto bianco negli Stati Uniti. Ci sono tragedie, come dire, codificate e politicamente legittimate che portano a stendere reti protettive. Se sei nelle suddette categorie, troverai ascolto, porte spesso aperte, ministri che fanno leggi apposta per te, magari lacrimando, discorsi intensi al festival di Sanremo e telefoni rosa o arcobaleno per proteggerti. C’è un rischio, poi: quello del conformismo. L’analisi sul conforto agli ultimi allora non è più finalizzata al loro riscatto, ma al proprio. Quello che Gaber definiva in una canzone ‘il potere dei più buoni’, per stigmatizzarlo infine tacciandolo come pura moda. E mentre gli ultimi ben codificati vanno di moda, mentre evangelicamente diventano i primi, ai penultimi che sorte tocca?”.Tra Gaber, sonorità di Paolo Conte e Jim Morrison, una struggente nota finale di Patti Pravo e un’inquietante citazione cinematografica iniziale che vi lasciamo scoprire, bisogna ammettere che “Il grido dei penultimi” è un libro che scorre, in più di un passaggio molto sorprendente, come nel passaggio su Nadia Toffa che pure con J-Ax e Fedez mandò letteralmente a quel paese (eufemismo con dito medio) Mario Adinolfi nel corso di una celebre puntata delle Iene. Il tipo però non serba rancore e celebra la giornalista bresciana precocemente scomparsa con un capitolo che è anche toccante e introduce pagine su suicidio assistito e eutanasia quelle sì destinate a far molto discutere. “Il grido dei penultimi” è una lettura estiva certamente non disimpegnata ma utile a capire uno sguardo diverso sullo scorrere del nostro tempo, specie dopo la stagione del Covid, che sorprende per essere in più di un passaggio anche molto convincente, contro le retoriche e i riti imperanti che Adinolfi vive come fumo agli occhi riuscendo a spiegare bene il perché.

Fonte: Affari Italiani