Altrove aridità, io torno nel Popolo della Famiglia

19 Maggio 2020 Luigi Mercogliano
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Il Popolo della Famiglia

Bisogna capire, prima di agire. Capire significa apprendere, conoscere, imparare. Appunto, capire. Mi sono lasciato influenzare per un po’ dall’aspetto teatrale della politica. Quello, per capirci, delle passerelle, dei comizi da un palco vissuti da protagonista, quello delle tv e dei giornali che parlano di te. Quello della notorietà personale del leader, dell’io che si fa leader. Ma questo modo di fare politica non serve a nulla. Non serve a farti crescere come dirigente politico. Né ti da basi profonde e strumenti incisivi per fare della militanza politica una palestra. E allora, passato il “clamore” del momento, ti ritrovi solo in una stanza a guardare il tetto bianco che rappresenta il vuoto dell’anima. L’anima di un politico non deve mai restare vuota. Se succede, è finita la dimensione politica e sei entrato nella dimensione del nulla politico.

Finché una piazza, un teatro, un cinema si riempiranno per ascoltarti tu crederai che sei un buon politico al servizio della società. Ma se non sarai in grado di sostanziare con valore e progetto politico quelle piazze, quei teatri, quei cinema ben presto tutto resterà ibrido, vuoto di contenuti, spoglio di vero significato politico. E ad un tratto, come per incanto, tutto svanirà. Come le mode, come le stagioni, come le tendenze. Se non sarai capace di sostanziare quelle folle che ti seguono durante un convegno, sul palco mentre tieni un comizio, durante un congresso mentre presenti una mozione congressuale, dando in questo modo a chi ti segue un indirizzo politico per agire politicamente nel solco da te tracciato, prima o poi quelle folle non ti seguiranno più e ti ritroverai solo a fissare il tetto. E vuoto, tremendamente vuoto dentro.

Ho percorso tanta strada in questi tre anni, da quando decisi di lasciare il Popolo della Famiglia di cui sono stato fondatore assieme a Mario Adinolfi nel 2016 al Palazzetto delle Carte Geografiche a Roma. Mi sono lasciato ammaliare in questo tempo dalla politica della teatralità, dalla visibilità mediatica (neppure chissà quanta), dalla illusoria opportunità personale. E mi sono accorto di due cose mentre percorrevo, vagando, questo deserto di valori e di contenuti. La prima, meno importante, riguarda le sfera dell’ambizione personale. Avido di occupare e conquistare spazi perseguendo obbiettivi personali, mi sono accorto che i partiti tradizionali sono lobby chiuse, tese unicamente al consolidamento di interessi personali e di cricca, per nulla interessate alle battaglie valoriali per la difesa della vita e della famiglia, che è poi l’aspetto che più ci riguarda da vicino nel nostro agire politico come pro life italiani.

E qui vengo alla seconda cosa di cui ho preso coscienza. Slogan costruiti ad arte o più semplicemente scopiazzati qua e la osservando con attenzione le tendenze, soprattutto sui social, sono diventati per alcuni leader di questi partiti il grimaldello sul quale costruire lo “sfondamento” politico nel campo del Family day. Quando poi provi a verificare i contenuti dietro questi slogan, ti accorgi che non c’è alcuna capacità di declinarne i valori di riferimento tanto sbandierati a mò di trofeo se non, appunto, attraverso il flash di una frase a effetto scritta su Twitter e ripresa poco dopo su Facebook. Manca il contenuto politico, manca la conoscenza, manca la sostanza della testimonianza quotidiana. Manca la militanza, su queste tematiche. Manca l’amore per la politica.

Ho iniziato, quindi, già da mesi una profonda riflessione. Partendo dal personale, ho compreso che la politica è servizio, non protagonismo. E che forse era giunto per me il momento di mettere da parte l’Io per fare spazio al Noi. Ed in questa riflessione ho compreso che un cattolico non deve mai proporsi. Deve, al contrario, proporre e soprattutto testimoniare. E lo deve fare non per se stesso, ma per gli altri. Se so fare qualcosa, mi devo mettere a disposizione della mia Comunità senza chiedere, ma al contrario offrendo soltanto senza nulla pretendere in cambio. In silenzio. Con umiltà.
Mi ha fatto bene questa traversata nel vuoto del campo arido della politica italiana, contaminato soltanto dalle ambizioni personali e da tanto opportunismo.

Ho deciso di rientrare nel Popolo della Famiglia perché mi sono reso conto che la bellezza insita nella politica non sta nell’essere eletti, nel prendere tanti voti, nel ricucirsi addosso a tutti i costi una carriera che dal Comune ti porti in Regione, o dalla Camera ti porti a sedere tra i banchi del Senato e, magari, se sei bravo a ricoprire anche qualche incarico di Governo. Questa è roba da professionisti della politica. La bellezza della politica è la Comunità. E la militanza, quella vera, può essere espressa soltanto da una comunione di intenti il cui legame non è la conquista degli spazi, ma la condivisione dei destini. Questo è quello che fa una Comunità, condivide assieme ai propri membri un obbiettivo che diventa pian piano il destino comune. Il destino di una Comunità. E il Popolo della Famiglia più di ogni altro partito italiano o associazione meta politica nel campo pro life e pro family ha dimostrato di essere Comunità. Con tutti i suoi limiti e i suoi difetti. Ma ha saputo restare ferma come la pietra nel tempo. Ed oggi, nello smarrimento totale del mondo dei cristiani e dei cattolici italiani, è l’unica realtà “piccola e combattiva” che è rimasta ferma e compatta sulle sue posizioni senza cedere di un solo centimetro. Come una roccia rimane ferma e compatta nel tempo a reggere la casa, senza cedere di un solo millimetro al tempo che passa.

Questa è la militanza vera. Questa è la bellezza della politica. Questo è il Popolo che si unisce in un progetto che diventa il destino di tutti. Ma la politica è anche provare a cambiare le cose. In questo, cosa può fare concretamente un Movimento che non riesce a sfondare il tetto dell’uno per cento ad ogni elezione sia locale che nazionale? Ed è proprio qui che io trovo il senso e, al tempo stesso, la lungimiranza della mia scelta. Il senso è quello di voler ostinatamente contrapporre a un fronte che da sinistra a destra è vuoto di contenuti una forza che, per quanto piccola e incapace con i suoi numeri di incidere nella realtà politica, è e resta fermamente radicata nei suoi convincimenti e nelle sue proposte a sostegno del proprio credo politico, combattiva e tenace, senza cedere minimamente alle tentazioni. Ad alcuna tentazione.

La lungimiranza è, invece, quella che ti fa vincere quando tutti ti danno per perdente. Mi ha molto colpito la video conferenza andata in onda su Facebook la scorsa settimana con la partecipazione di Mario Adinolfi e del Cardinale Zuppi. L’intervento di Mario e il suo successivo post su Facebook del giorno dopo – nel quale ha ricordato quello che era stato il tema attorno al quale il leader del PdF ha introdotto la video conferenza ponendo al Cardinale la domanda che partiva dal contenuto dell’art.31 della Costituzione repubblicana nell’ottica di dare voce ai cosiddetti penultimi – ecco, proprio quell’intervento e la sua successiva riflessione pubblicata su La Croce a firma di Mario, mi hanno aperto una volta e per tutte la mente, consentendomi di sostanziare di contenuti la mia decisione: rientro nel Popolo della Famiglia perché sono fermamente convinto che l’Itala abbia bisogno di un partito di laici che radicalmente sostengano le posizioni valoriali di una Chiesa, che deve tornare ad essere madre e guida dei suoi figli. Rientro nel Popolo della Famiglia perché sono fermamente convinto che i cattolici italiani abbiano bisogno, per risvegliarsi dal torpore del fintobuonismo di questi anni, di un soggetto politico autenticamente cristiano e cattolico che sia da ispirazione per un cambio di rotta della politica italiana.

Mi ritrovo pienamente nella descrizione che Mario fa del militante pidieffino che, interrogato a volte anche sarcasticamente sul perché della propria scelta, risponde al proprio interlocutore citandogli a memoria l’articolo 31 del dettato costituzionale, lasciandolo di stucco e mettendo in essere una ironia di ritorno che sgombra il campo da ogni intento denigratorio, presentando così l’immagine di un militante vero in un Movimento politico che fa della formazione della propria classe dirigente il grimaldello su cui costruire non l’invasione di campo nel territorio altrui con l’intento di accaparrarsi strumentalmente delle tematiche dell’avversario per annichilirlo e annientarlo come avversario, ma al contrario la levigatura della roccia su cui edificare l’affermazione delle proprie idee in una dimensione di confronto e non di scontro, di riflessione e non di aggressione, di democrazia e non di prevaricazione.

Piccoli ma combattivi: il Popolo della Famiglia è l’unico Movimento politico italiano nato spontaneamente dal Family day che, autenticamente e senza compromessi e mezze misure, può provare a rappresentare i cattolici italiani, smarriti e disuniti, che stanno assistendo al tracollo morale di questa nazione cristiana. Il Family day, di contro, ha oggettivamente fallito la propria missione. Credendo di trovare nella Lega e in Fratelli D’Italia la propria casa, non si è accorto che ha trovato un muro di gomma sul quale le proprie istanze rimbalzano senza nemmeno fare rumore, ritornando inascoltate al mittente come un pugno in pieno volto che fa tanto male.

Ho lanciato qualche giorno fa dalla mia pagina Facebook un appello all’unità dei cattolici. L’unico che ha raccolto questo appello è stato Mario Adinolfi. A Mario ho quindi chiesto di poter rientrare, comunicandogli questa mia decisione senza chiedere altro. Sono convinto che la forza dirompente che riempì Piazza San Giovanni nel 2015 e il Circo Massimo nel 2016 sarebbe capace di portare alle urne un soggetto politico unitario dei cristiani e dei cattolici e di tutte quelle donne e quegli uomini di buona volontà che hanno a cuore i valori della libertà educativa, della centralità della famiglia e della sacralità della vita umana, che da solo sarebbe capace di sfondare il tetto del 5 per cento e di portare in Parlamento una pattuglia di deputati e senatori cristiani, intransigenti e radicali, che non permetterebbero a nessun governo di demolire il nostro patrimonio valoriale. Nel giro di pochi anni, quel Movimento sarebbe in grado di diventare forza di governo e di essere perno di ogni decisione e ago della bilancia del destino di qualsiasi esecutivo formato da più forze politiche. In questo modo, non passerebbero più leggi contro la famiglia e contro la vita, contro la disabilità e contro gli anziani e i bambini.

Sono certo che, prima o poi, i cristiani e i cattolici si uniranno per realizzare questo ambizioso progetto. Nel frattempo, credo che i dati del sondaggio realizzato da BiDiMedia ci rivelino uno scenario promettente: la crescita del fronte valoriale in termini di percentuali, con il PdF che addirittura sopravanza seppur di poco un movimento come Cambiamo, la dice lunga sulle potenzialità di un soggetto politico unitario dei cattolici italiani e sulle potenzialità del Popolo della Famiglia. Come dice Mario non bisogna sperare, bisogna lottare affinché questo progetto si realizzi e presto.

Per quel che mi compete, fino a quel giorno io credo che l’unica alternativa possibile e soprattutto credibile già c’è ed è il Popolo della Famiglia. E da oggi io, con umiltà e pazienza, dall’ultima fila proverò a dare, se serve, il mio piccolo contributo affinché cresca e si radichi sempre di più nel cuore dei cristiani e dei cattolici e di tutti gli italiani.