Da che dipende?

17 Febbraio 2022 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Da che dipende? Perché se a giugno diciamo sul muso in tv a Luxuria “ma non hai ancora capito che è finita?”, a fine ottobre poi il ddl Zan effettivamente finisce contro il muro? Perché se a ottobre andiamo a contestare Cappato davanti alla Corte di Cassazione dicendo che i suoi sono referendum imbroglio che mai la Consulta potrà accettare, poi a febbraio i referendum imbroglio effettivamente vengono rigettati dalla Corte Costituzionale? Cos’è, fortuna? Dipende dal saper tirare in aria bene una monetina o dal fare il tifo per la squadra più forte?

Cominciamo con escludere quest’ultima ipotesi. Su tutti gli argomenti su cui tra 2021 e 2022 ci siamo battuti, le forze erano preponderanti nello schieramento avversario. Sul ddl Zan in una determinata fase le tv non trovavano mai nessuno che reggesse decentemente la parte del no, avevano tutti paura ad esporsi. Per mesi nelle trasmissioni solo il Popolo della Famiglia tenne aperta la questione spiegando perché era in gioco la libertà di tutti, battagliando con coraggio in format in cui quando erano cinque contro uno (prete compreso) ti andava di lusso. Grazie a quella lotta evitammo il collasso delle opposizioni ai tempi del governo giallorosso, poi con l’unità nazionale le condizioni politiche si sono modificate e addio Zan.

La condizione di solitudine era ancora più pervasiva quando si entrava a toccare il tema del cosiddetto referendum sull’eutanasia. Non a caso quando alla fine è stato rigettato, il leader leghista Matteo Salvini si è subito rammaricato. Lì siamo andati all’attacco anche fisico, dopo aver scoperto l’imbroglio tecnico: chiamavano referendum sull’eutanasia legale una brutale cancellazione delle pene sull’omicidio di consenziente, chiamavano referendum sulla cannabis un quesito che avrebbe liberalizzato finanche la droga dello stupro. Quando il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, se n’è uscito con la frase del “pelo nell’uovo” abbiamo immediatamente compreso che era un ballon d’essai per capire se c’erano le condizioni per una forzatura da parte della Consulta e abbiamo reagito tempestivamente, oltre che duramente per chiudere subito quello spazio. E così Amato in conferenza stampa ha usato esattamente le stesse nostre argomentazioni e Magi di +Europa ha dichiarato: “Amato ha cercato proprio il pelo nell’uovo”. Anche qui il dibattito mediatico era totalmente sbilanciato con tutte le testate schierate in maniera acritica a sostegno di Cappato e dei suoi quesiti. Quindi aver tenuto la bandiera alta per mesi ha significato rendere possibile l’esito alternativo e per moltissimi insperato.

Qui interviene il tema che ho rubricato alla voce “sconfittismo cattolico”. Quando lasciai la carica di deputato e il Partito democratico per intraprendere la battaglia “contro i falsi miti di progresso”, notai che sui temi eticamente sensibili prevaleva la sensazione che fossero battaglie tutte già perse, che si fosse alla vigilia di un sommovimento epocale che necessariamente avrebbe sconvolto l’ordinamento giuridico in tema di diritto alla vita e diritto di famiglia. Che al più si potessero limitare i danni accettando compromessi etico-giuridici che altro non sarebbero che pericolosi pasticci. Offrire a questo popolo rassegnato, pronto a ritrarsi in privatissima preghiera rinunciando al ruolo pubblico e politico, una qualche forma di lotta organizzata sembrava una follia. E invece cominciamo a lottare.

Allora, da che dipendono le vittorie di questi mesi, vorrei dire di questi anni? La prima fu infatti quella del 2015 sulla stepchild adoption, abilmente nascosta nelle pieghe dell’articolo 5 della legge Cirinnà per legittimare l’utero in affitto, che in Italia rimane reato. Così come rimangono reato l’eutanasia, l’aiuto al suicidio, lo spaccio di cannabis e delle altre droghe. Così come rimangono fuori dal diritto di famiglia il cosiddetto “matrimonio egualitario”, l’adozione per gay e single, la gestazione per altri, la pma fuori dalla coppia. Così come rimangono straniere nell’ordinamento giuridico italiano leggi “contro la omotransfobia” scritte (in salsa Scalfarotto o in salsa Zan è la stessa cosa) per mandare in galera gli oppositori del pensiero unico Lgbt.

Poiché quel terremoto giuridico, composto da tutte le norme che ho elencato, altrove si è ormai realizzato e consolidato, vuol dire che la nostra lotta in Italia è stata efficace. Spero che questa evidente considerazione attiri alla battaglia qualche pigro soldato da social in più, perché c’è davvero bisogno delle energie di tutti, mica è finita qui, ci riproveranno e dovranno sempre trovarci svegli, preparati, combattivi e informati. Soprattutto informati perché alla base della lotta c’è un profondo studio delle armi di cui il nemico dispone, così come del contesto giuridico in cui vuole calarle, approfittando di equilibri politici sempre più fluidi. Conoscere palmo a palmo il campo di battaglia è il presupposto di ogni sorprendente vittoria. E ormai sono molte quelle che possiamo ascrivere a questo metodo.
Ci resta la battaglia per i diritti di tutti contro l’apartheid de facto imposto dal governo con i supergreenpass e le altre follie che solo gli italiani sono costretti a subire. Il 5 marzo in piazzale Ugo La Malfa a Roma, non a caso a un passo dal nostro caro Circo Massimo, diremo il nostro “ora basta” a Draghi. Venite a riempirla quella piazza e vedrete che ancora una volta vinceremo noi. Provate il gusto concreto della lotta, perché dalla lotta e dal consenso di Dio dipendono gli importanti successi di questi mesi.