Io credo

25 Agosto 2017 Mario Adinolfi
immagine mancante
, , Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Io credo che la follia del radicalismo islamico vada fronteggiata non partendo dalla ovvia condanna della sua strutturata violenza, ma provando a stabilire la tavolozza di valori che insieme vogliamo difendere. Occorre stabilire una linea di demarcazione che sia alla fine anche schiettamente identitaria, per dire a cosa teniamo di quel che pomposamente chiamiamo “la nostra civiltà”. Non mi basta la definizione della iper-ripetuta difesa del “nostro stile di vita”, mi sa tanto di apericena e iPhone 7 plus. Per cose così contro coloro che sono pronti a uccidere e a morire non ci si batte e comunque non si vince.
Serve una professione di fede, possibilmente comune, che produca una forma di collante e spieghi davvero in cosa come popolo dell’Occidente messo sotto attacco dalle Torri Gemelle del 2001 alla Rambla del 2017 siamo diversi da coloro che ci attaccano e perché vogliamo preservare questa nostra diversità.
Non posso pretendere di dettare una professione di fede che vada bene a tutti, quindi sperando che serva da canovaccio sommessamente declino la mia, che come è noto parte da un elemento radicale, che fa cioè da radice profonda: io credo in Dio Padre, nel Suo figlio unigenito Gesù Cristo, incarnato del seno della Vergine Maria e fatto uomo. Credo nella Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica. Questa premessa, comunque, ritengo non sia necessaria per rendere umanamente evidente quanto segue.

1. Io credo nel diritto alla vita, nel diritto universale di ogni persona a nascere, nel diritto del sofferente ad essere curato e mai ucciso. Sono contrario all’aborto, all’eutanasia e alla pena di morte. Trovo intollerabile che la sharia, scritta nel Corano e ancora oggi applicata in molti paesi islamici, preveda la pena di morte per una lunga serie di reati: omicidio, stupro, rapina, traffico di droga, stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità, sabotaggio e apostasia. Allo stesso tempo considero pericolose le ambiguità islamiche su aborto, contraccezione e eutanasia.

2. Io credo nella famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, composta da marito e moglie che assumono con pari diritti e doveri la responsabilità della crescita dell’eventuale prole. Uomo e donna devono vivere in condizione paritaria, pur nella naturale distinzione dei ruoli dovuta alle proprie caratteristiche fortunatamente diverse. Trovo intollerabile che l’Islam costringa la donna a vivere sotto l’autorità del padre fin quando non passa sotto l’autorità del marito, che ha su di lei potere di vita o di morte. Trovo intollerabile l’infibulazione, la lapidazione delle adultere, la tradizione delle spose bambine e dei matrimoni combinati, la poligamia, la costrizione a vivere velata o addirittura completamente nascosta dal niqab e dal burqa.

3. Io credo nell’Italia come culla di civiltà, madre del diritto e terra d’elezione del cristianesimo, come credo nell’Europa che da Costantinopoli a Poitiers fino a Vienna e Lepanto si è sempre difesa nei momenti determinanti di quattordici secoli di tentativi di invasione islamica ritrovandosi unita attorno alla Croce. Da Roma partì la storia occidentale del diritto come laica norma scritta sempre intesa a difesa del più debole, da Roma sono partite grazie a Papi beati e santi le azioni di ricristianizzazione dei territori sottratti alla civiltà dai totalitarismi musulmani, nazisti e comunisti. Il Papa Beato Urbano II non solo agì per liberare il Santo Sepolcro, ma ricristianizzò la Sicilia. E simili furono le azioni determinanti a difesa della nostra civiltà dei Papi San Gregorio II, San Pio V, Beato Innocenzo XI, Venerabile Pio XII, San Giovanni Paolo II fino al fondamentale discorso di Ratisbona di Papa Benedetto XVI che non ha temuto di citare esplicitamente Manuele II Paleologo e l’elemento critico fondamentale rispetto all’Islam: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Io credo nell’Italia che ripudia la guerra e trovo pericoloso l’Islam che crede nel jihad, con la finalità della sottomissione degli “infedeli” e dell’uccisione di chi dovesse resistere a tale opera di conquista, tentata alle porte d’Europa per millequattrocento anni.

4. Io credo nella distinzione tra Cesare e Dio o se preferite credo alla libera Chiesa nel libero Stato. Credo che lo Stato debba essere laico (anche se laico non vuol dire ateo) e che la libertà religiosa sia una conquista che non possa essere intaccata, neanche dalle nuove ideologie laiciste che vorrebbero calpestarla. Trovo intollerabile l’Islam che trasforma i dettami del Corano in legge civile dello Stato chiamandola Sharia, applicandola con violenza terrificante. Questo non riguarda solo le tradizioni del passato, anche l’ultima Costituzione scritta in un paese islamico, quella dell’Iraq del 2005, prevede esplicitamente la sharia come “fonte principale della legislazione” (art. 2) e proclama: “Non può essere approvata nessuna legge che contraddica le regole indiscusse dell’Islam”. Analogamente la Costituzione egiziana recita: “I principi della Sharia islamica sono la fonte principale della legislazione”; quella afghana è ancora più chiara: “Nessuna legge può contraddire il credo e le norme della sacra religione dell’Islam”; la siriana si limita a dire che “la giurisprudenza islamica è la principale fonte della legislazione”. L’Arabia Saudita non ha una Costituzione, ha 83 regole raccolte in una legge fondamentale direttamente assunte dalla sharia salafita. In Turchia l’evoluzione islamista del presidente Erdogan si è trasformata in sostanziale dittatura. Preminenza della sharia anche nella Costituzione sciita iraniana come in Kuwait, Yemen, Nigeria, Emirati Arabi Uniti, Brunei, Sudan, Somalia, Pakistan, Indonesia, Marocco, Bangladesh, Mauritania, Qatar, Algeria. In tutti questi paesi, con varia intensità, è scoraggiato quando non totalmente vietato e perseguitato il cristianesimo.

5. Io credo nella libertà, nella democrazia e nella bellezza: nel libero arbitrio concesso da Dio che mi consente di sbagliare e di rialzarmi volgendo lo sguardo verso l’alto contando sulla Misericordia; nella democrazia che pur con tutte le sue contraddizioni garantisce libertà di associazione, di stampa, di parola e di pensiero con la possibilità di aggregare consenso attorno alle idee e concorrere con esse al governo della comunità a livello locale, regionale, nazionale e sovranazionale; nella bellezza dell’arte, del cinema, della musica, della letteratura che sono forme con cui l’uomo si avvicina a Dio Creatore, come nella straordinaria immagine della Cappella Sistina in cui l’umano e il divino si toccano nell’istante dove l’esistenza ha inizio. Trovo intollerabile l’iconoclastia dell’Islam, il suo odio per l’arte sacra come per quella laica, le condanne a morte lanciate e talvolta realizzate contro scrittori e cineasti e giornalisti e autori satirici, che altro non sono se non la conseguenza del non saper avere a che fare con la libertà e la democrazia, non a caso sostanzialmente negate in tutti gli Stati islamici.
Amici che siete arrivati a leggere fin qua, dobbiamo davvero tracciare una linea di demarcazione. Io credo nella pace che la mia generazione per prima ha avuto la fortuna di vivere per tutto l’arco della propria esistenza, quella dei nostri padri è nata sotto le bombe della guerra scatenata dal totalitarismo nazista. La civiltà occidentale, grazie alla sua radice giudaico-cristiana, vanta ormai sul proprio territorio decenni di sviluppo economico, progresso tecnologico, assenza di eventi bellici, aumento dell’aspettativa di vita che derivano da un orizzonte culturale che va difeso dall’assalto di un nuovo possibile totalitarismo, che vuole negare i nostri valori fondamentali, che forse dilungandomi troppo ho provato ad elencare. Ma questo difendiamo, non lo “stile di vita”, quando diciamo ad un ragazzo di seconda generazione islamica: “Non farti affascinare dalle sciocchezze di chi prova a giocare con il tuo vuoto esistenziale riempiendoti di odio”. Attenzione, se la nostra proposta non sarà valoriale e organica e a suo modo radicale, per un giovanissimo musulmano la strada verso la simpatia per il fondamentalismo diventerà tutta in discesa.
Ora sta a noi. Non parliamo più di loro. Parliamo di quel che vogliamo difendere. Diciamo loro forte e chiaro, forse anche a noi stessi, chi siamo. In cosa crediamo, se proprio non riusciamo a proclamare tutti insieme in Chi.