FACEBOOK, ADDIO

23 Giugno 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Benedetto fu il “ban” da Facebook. Lo ammetto, sono stato bannato in rapida successione due volte per una ragione inaccettabile, dunque lì per lì mi sono infuriato. Per dieci giorni complessivi sono stati fermati sia il mio profilo personale che le pagine de La Croce e del Popolo della Famiglia. Sono sui social network da quasi dieci anni e non avevo mai subito una sanzione del genere. All’inizio senti una feroce mancanza del dialogo che quotidianamente si costruisce su queste pagine, composto da un ritmo che è quasi di danza: post, commenti, polemiche, insulti, flame. Danza frenetica, piuttosto rock nel mio caso e i motivi son noti. Poi però l’impossibilità di postare, commentare, replicare ti fa sembrare tutto molto simile alla pace. Pure quando qualche vile in mia assenza (e solo in mia assenza poteva farlo) s’è scatenato in un delirio arrivando a far insultare sulla sua pagina persino la mia Silvia (e sì che veniva a casa nostra una, due, cinque, dieci volte ed erano abbracci e baci e richieste di caffè e cappuccini, a Silvia appunto, allora il tema del “pubblico scandalo” non lo avevano all’ordine del giorno, c’era da prendere) ho pensato che il ban comminatomi da Facebook fosse una benedizione. Perché su Facebook ci facciamo la guerra, ma è la guerra dei bottoni. Non vale niente, è roba da bambini che fanno finta.
Su Facebook perdiamo una marea di tempo e questo luogo fa scattare narcisismi e istinti bellici che nella vita reale sono stoppati da condizioni oggettive oltre che da sacrosanti freni inibitori. Poiché di perdere tempo non ho più voglia, anzi, non ho proprio tempo da perdere ritengo conclusa la lunga fase della mia presenza su questo territorio della comunicazione. La guerra non mi piace, quella dei bottoni poi è ridicola. E abbiamo invece tanto da fare. Domenica c’è la festa estiva del Popolo della Famiglia a Bologna, lunedì il raduno dei pidieffini romani, la settimana dopo si va in Sicilia, c’è da organizzare la festa nazionale di agosto in Friuli con Gianfranco Amato (che un cretino oggi invitava sussurrando a “uscire dal Popolo della Famiglia” perché “Adinolfi è inaffidabile e va isolato” e poverino ‘ste cose non sapeva di dirle mentre Adinolfi e Amato come sempre gomito a gomito stavano lavorando al calendario del prossimo bimestre di impegni del Popolo della Famiglia in giro per l’Italia, con migliaia di amici mobilitati). Poi c’è il numero de La Croce da chiudere e, pensate un po’, la vita da vivere.
Non voglio dare lezioni a nessuno, sono stato quasi dieci anni dentro questo delirio social e ne conosco il valore e le potenzialità. Ma credo che il gioco non valga la candela. E credo anche che fosse sensata la critica di chi durante il ban, alla mia protesta contro il bavaglio subito, ha risposto con l’argomento: “Sei su un luogo di comunicazione di proprietà di un privato che impone le sue regole, se secondo quel privato le hai violate non puoi lamentarti”. Argomento per la verità smontabile (il proprietario di un’emittente televisiva può mandare in onda solo le notizie a lui gradite?), ma comunque di una sua efficacia. E poi non ho più voglia di dibattere con il signor Zuckerberg, i contenuti delle mie riflessioni e in fondo della mia vita non glieli regalo più. Quando ho aperto questa pagina neanche conoscevo Silvia, poi sono arrivati lei, Clara, due tavoli finali al World Poker Tour, Livia che s’è fatta maggiorenne, The Week dopo Red Tv, sono entrato alla Camera dei Deputati, ho scritto libri, poi uno in particolare, poi il VLM tour, i Family Day, il Popolo della Famiglia e sul Popolo della Famiglia dieci giorni di ban per riflettere e capire che la mia vita non appartiene ai social network. Facebook, addio.
Addio perché ha sempre ragione padre Maurizio Botta e lui ha proprio chiuse le pagine, non sono più accessibili. Imitando lui non si sbaglia mai e se non lo avessi incontrato anni fa mai avrei camminato sulla strada stretta su cui lui mi ha accompagnato. Addio perché la politica è importante, ma la vita è più importante della politica e qui si rischia di confondere l’una con l’altra. Addio perché Facebook è uno specchio contrapposto ad un altro specchio, rimandano tutti incessantemente la tua immagine e rischi di pensare che valga la pena solo guardarti l’ombelico. Addio perché ho molto da fare e davvero non ho più tempo per stare qui e postare e rispondere. Addio perché ieri due ragazzini imbecilli mi hanno di nascosto scattato foto con il cellulare mentre ero con Clara perché una pagina con 400mila followers, Welcome to Favelas, ha dato l’ordine di fotografarmi in ogni situazione io sia incontrato e l’idea che potessero rubare una immagine della mia piccola e metterla in quella oscena porcilaia mi ha fatto andare il sangue al cervello e spero che il Signore mi perdoni perché i due ragazzini hanno passato un brutto quarto d’ora. La magistratura però su uno stalking di questa natura e di questa violenza (letteralmente non posso uscire di casa senza senza essere fotografato ovviamente cercando la posa più goffa possibile, a ogni ora del giorno e della notte) dovrebbe agire o almeno la polizia postale. Segnalata la situazione a Facebook ho ovviamente ottenuto la risposta che “la pagina rispetta gli standard della comunità”. Il simbolo del Popolo della Famiglia invece no e ha causato dieci giorni di ban. E allora, se i criteri sono questi, Facebook addio.
Facebook addio soprattutto perché è uno strumento diabolico che ti fa sentire centralissimo e self-oriented, fa contare solo il lato individualistico, il numero di “mi piace” ottenuti su questo o quel contenuto postato a maggiore propria personalissima gloria. E io non sono così. Ho avuto l’impressione che la menzogna più grande che ho dovuto subire in questi anni, nella monnezza delle migliaia di parole di insulto al giorno che avete potuto leggere, è l’essere raccontato come un individualista quando a me piace solo e soltanto il lavoro di gruppo. Mi diverte e mi piace, per la precisione. Da solo mi annoio. Voglio la Mamma non avrebbe avuto senso per me senza i circoli VLM e senza essere immediatamente condotto dentro quel lavoro collettivo che sono state le serate “Contro i falsi miti di progresso” tenute insieme al già citato padre Botta, Costanza Miriano
, Marco Scicchitano. E poi quell’enorme lavoro giornaliero che è La Croce svolto soprattutto con Giovanni Marcotullio e il gruppo dei nostri straordinari articolisti e animatori della community e dei Circoli La Croce: Davide Vairani , Mirko De Carli , Danilo Leonardi , Raffaele Dicembrino, Claudia Cirami , Valerio Musumeci , Lucia Scozzoli, Filippo Fiani , Andreas Hofer , Andrea Vannicelli, Joseph Brie, Antonello Iapicca , Francesca Centofanti , Katiuscia Longobardi , Massimiliano Esposito , Silvia Lucchetti , Elisabetta Pittino , Sabino Sabini , Giovanna Arminio, Giovanna Bonazzi , Paolo Pugni , Luigi Mercogliano , Paola Belletti , Ilaria Sorrentino , Laura Bianchi , Laura Terrana , Guido Mastrobuono , Giuseppe Focone , Fratel Antonio Iannaccone , Antonio Margheriti Mastino , Federica Thistle non a caso ossatura di quella straordinaria esperienza che dopo i due Family Day (la più grande festa collettiva, purtroppo chiusa con una sconfitta) grazie al coraggio di Gianfranco Amato e di Nicola Di Matteo
è passata dai palchi di piazza San Giovanni e del Circo Massimo alla sfida delle urne con il soggetto politico autonomo a difesa dei principi non negoziabili che è il Popolo della Famiglia. E che sia giocare al Fantacalcio o al mondiale di poker, che sia fare politica o testimoniare la fede, so che il mio io ha senso solo dentro una dimensione collettiva, relazionale: nel momento insomma in cui l’individuo diventa persona, in cui è dentro una condizione familiare, amicale, fraterna. Sono tutte condizioni faticose, dove magari si finisce anche a fare a cazzotti, ma sono la vita, non la guerra dei bottoni.
In un libro uscito ormai molti anni fa scrissi che la mia vita poggia su quattro pilastri: la Parola, l’Azione, il Gioco, gli Altri. Ero ragazzo e mi piacevano le maiuscole un po’ solenni, ma era la mia dichiarazione di fede: in Gesù Cristo (“in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”), nella politica, nel sapersi relativizzare restando un sempre po’ bambini, nell’essere in relazione feconda con il prossimo. Più o meno riscriverei le stesse parole, forse più sommessamente: parola, azione, gioco, altri. Ecco, ho paura che Facebook mi impedisca il tono sommesso, vero, intimo e mi costringa a usare la maiuscole. A essere impedita è dunque, per certi versi, la vita vera perché sui social tutto richiede un’attitudine che suona come moneta falsa: è sempre la scelta della foto profilo, non metterei mai una scattata da Welcome to Favelas (iperrealistica, diciamo), tenderò sempre a preferire la posa migliore, in primo piano, che non faccia vedere la pancia. Quanta verità perdiamo selezionando sempre la foto in cui sembriamo belli, quanto tempo perdiamo dietro la costruzione della nostra “immagine”, quanta vita se ne va mentre noi la confiniamo artificialmente colorata in questo riquadro tutto virtuale?
Facebook addio, allora. La pagina resterà tecnicamente aperta perché viene seguita da quarantamila persone e molti la usano per taggare contenuti utili che grazie a questa massa di lettori potranno essere condivisi dagli interessati, magari di tanto in tanto posterò qualche link anche io se lo dovessi considerare di pubblica utilità. Chi vuole leggere le mie opinioni le trova su La Croce e ho la fortuna di parlare spesso attraverso i media tradizionali, dunque ogni tanto ci troviamo lì. Restano in vita la pagina de La Croce e quella del Popolo della Famiglia, finché non ce le bannano. Relativamente alla vita del Pdf è attivo da ora anche il blog www.popolodellafamiglia.altervista.org dove saranno diffuse quotidianamente notizie da condividere sui social circa i passi futuri del movimento.
Questo è il mio ultimo post e non ci saranno altri miei commenti. Grazie a tutti, anche ai dissenzienti e agli haters, agli animatori del fuoco amico e agli isterici. Grazie però soprattutto ai tantissimi amici, decine di migliaia, con cui ci incontreremo per le strade delle città perché sarò sempre in giro per l’Italia a incontrare fisicamente persone, perché nulla vale quanto uno sguardo, una stretta di mano, un abbraccio, un bacio, una promessa di impegno reciproco. Grazie alla mia famiglia per quanto ha dovuto subire per causa mia.
E con questo direi che è tutto.