UNA MATTINA, IN CORTE DI CASSAZIONE

28 Dicembre 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia
Questa mattina Nicola Di Matteo e Mirko De Carli, Alessandra Trigila e Eleonora Antonucci, Cristina Zaccanti e Massimo Boschi, Stefano Pallini e Andrea Greffi (ma anche il ventenne Davide Sanna di cui non ho il tag come non ce l’ho di Mauro Rotunno, Leonardo Bisori, Giampaolo Furlan, Claudio Matteoda, Francesco Riccardi, di Rita Marinetti invece sì) sono andati in Corte di Cassazione. Siamo fatti così, non ci accontentiamo di una lamentazione sui social.
Ho iniziato il 2023 prendendo le bastonate di 400 matti dei centri sociali veneziani guidati dal nipote di Cacciari che con la violenza volevano impedire a Massimiliano Zannini e Danilo Bassan di presentare il mio libro appena uscito in un centro culturale, pensavo di averlo chiuso con le stesse scene a Bologna dove Marco Dall’olio e Carla Lodi avevano scelto la sala intitolata a Marco Biagi per parlare del libro e polizia e carabinieri hanno dovuto blindare il centro città per permettere che accadesse. Era pochi giorni dopo che in una trasmissione con Fedez un avvocato lesbica bolognese avesse invitato tutti e denunciarmi, garantendo il suo sostegno legale, perché avevo detto che chi inietta la triptorelina in bambini di 11 anni per bloccarne la pubertà e prepararli al cambio di sesso è un matto criminale. Il 2023 televisivo in realtà l’ho chiuso andando a Piazza Pulita da Formigli a ribadire quel concetto, a dire che sono contro l’aborto e anche contro il nazifemminismo vuoto, che mi annoia mortalmente la retorica contro il patriarcato perché il patriarcato non esiste più da secoli e semmai c’è il problema opposto, il bisogno di padri. Sia da Fedez che da Formigli, curiosamente gli applausi hanno sovrastato i fischi, i consensi sono stati più dei consueti dissensi, anche da parte di molti che partivano lontano dalle nostre posizioni. Il che mi ha convinto ancora di più. Non bastano social, podcast e tv. Non bisogna avere paura delle parole (cit. Ricky Gervais, Armageddon) e allo stesso tempo non bastano le parole.
E eccoci alla Corte di Cassazione. Un anno di lotta anche fisica contro la follia che s’è incarnata a gennaio in una mozione votata da tutti ma proprio tutti i gruppi in Parlamento a favore di un fantomatico “diritto all’aborto” e poi nella realizzazione dei primi suicidi assistiti in Italia, ci ha convinto che le parole non bastano. Un anno in cui l’Aifa propone la contraccezione gratuita di massa, Bonaccini la Nipt gratuita a tutte le donne in gravidanza per agevolare la selezione eugenetica dei nascituri e il governo aumenta di 13 miliardi di euro la spesa per armamenti dopo aver battuto il record di denatalità nonostante il ministero per la natalità, andava chiuso con un atto concreto che andasse oltre le parole. E rieccoci al manipolo di coraggiosi citati in testa che sono andati a fare la Storia in Corte di Cassazione.
Hanno depositato di 28 dicembre la prima proposta di legge organica su diritto alla vita, reddito di maternità e sostegno ai sofferenti. Se Marco Cappato aiuta a suicidarsi chi non ce la fa a vivere nonostante una legge che condanna l’aiuto al suicidio con pene fino a 12 di carcere, permettendosi pure lo sberleffo di reiterare il reato andandosi regolarmente ad autodenunciare tanto sa che in Italia la giustizia è una barzelletta, noi siamo andati al grado più alto della Corte di Giustizia del nostro Paese per andare a lasciar scritto nero su bianco che un’alternativa a questo continuo inno alla morte è possibile. Affinché non siano solo parole i coraggiosi che stamattina sono andati in Corte di Cassazione coordineranno una raccolta di decine di migliaia di firme certificate su tutto il territorio nazionale che legittimeranno tale legge a richiederne la discussione parlamentare. Mai nessuno ha provato a mettere in un solo testo l’affermazione la tutela di tre diritti fondamentali: di tutti i bambini a nascere senza dover sottostare alla selezione eugenetica o a altri interventi violenti attuati da strutture sanitarie; di tutte le donne a essere sostenute nella maternità, riconoscendone la funzione sociale anche con una indennità se prive di altri redditi; di tutti i sofferenti a essere curati e mai soppressi, dei disabili gravi e della famiglia che li ha in carico di essere seriamente sostenuti anche economicamente. Il Giappone, nazione in condizioni simili alle nostre, ha stanziato per natalità e diritto alla vita 20 miliardi. Il ddl appena depositato in Cassazione propone di partire con 5, presi dai 13 previsti di innalzamento delle spese militari.
Se anche tu ritieni non sufficiente una lamentazione sui social come atto di lotta alla cultura della morte, se anche tu consideri decisiva ed epocale la battaglia per il diritto alla vita, contatta Nicola Di Matteo per attivare la raccolta firme nel tuo territorio, organizzare un banchetto, rendere concreta la tua volontà di mostrare che un’alternativa imperniata sulla maternità, sulla famiglia, sui figli, sul sostegno ai più deboli. Oggi quindici coraggiosi sono andati in Corte di Cassazione a avviare una concreta rivoluzione culturale, sociale e politica rispetto ai tempi che viviamo, ai diktat che vorrebbero imporci. Se vuoi sostenerla andando oltre le parole, unisciti a loro.
Io lo farò. Non mi bastano le parole.