I DANNI DELL’AVER UCCISO DIO

2 Novembre 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

C’è una vulgata che assegna all’esistenza della religione l’esistenza della guerra. Leggo sulla pagina di un esponente del Pd di Roma che nessuno sarebbe mai stato sgozzato in nome dell’ateismo. Il problema del Pd, non lo dico solo io, è la formazione culturale: non hanno studiato, Veltroni e D’Alema non avevano la laurea, poi si è passati al perito Zingaretti, a quella ministra dell’Istruzione che millantava titoli accademici e ora c’è il dubbio se avesse o no la terza media, ma tutti si atteggiano molto a colti. Se avessero anche la minima infarinatura di cultura generale saprebbero che la rivoluzione francese proclamò la guerra al clero (dal 2 al 5 settembre 1792 vennero massacrati 191 sacerdoti e 3 vescovi tra i seimila oppositori uccisi del nuovo regime), che tra gli inni in voga del Risorgimento repubblicano e carbonaro italiano si cantava “con le budella dell’ultimo prete impiccheremo l’ultimo re”, che il regime massonico messicano nei primi decenni del Novecento puntò a sradicare la Chiesa dalla società ammazzando decine di migliaia di cristiani, che nella guerra civile spagnola obiettivo dichiarato dei comunisti erano i consacrati (furono uccisi 13 vescovi, 4.100 sacerdoti, 2.300 frati e monaci, anche 283 suore), che tra il 1944 e il 1947 le bande partigiane uccisero 129 sacerdoti ed è indimenticabile oltre che esemplificativo il massacro del seminarista 14enne Rolando Rivi, che tutti i regimi marxisti proclamarono l’ateismo di Stato e perseguitarono in particolare i cristiani con estrema violenza, che come ho raccontato in Storia del Terrorismo in Italia le bande del comunismo ateo combattente uccisero centinaia di esponenti provenienti dalla Democrazia Cristiana, dall’Azione Cattolica e più in generale cattolici praticanti. Ogni regime che ha messo a proprio fondamento la negazione di Dio è imploso in un oceano di sangue, dal Terrore francese ai Gulag sovietici, dai campi di rieducazione cambogiani (il peggior genocidio della storia) alle centinaia di sacerdoti uccisi anche nel XXI secolo dai vari regimi dell’America Latina (da marzo non si hanno notizie del vescovo Alvarez, condannato a 26 anni di carcere duro dall’orrendo regime di Daniel Ortega, per essersi rifiutato di lasciare il Nicaragua insieme a 222 tra sacerdoti, seminaristi, suore sgraditi ai sandinisti). Nella giornata in cui ricordiamo i defunti voglio ricordare tutti coloro che sono stati uccisi in odium fidei. Chi crede al Vangelo non fa la guerra in nome del Vangelo da secoli, con le ragioni ben spiegate da Ratzinger nel discorso di Ratisbona. Subisce invece la violenza di atei e dell’Islam, che sempre come spiegava Benedetto XVI è la religione che deve ancora riuscire a proclamare in tutte le sue componenti il rifiuto della violenza e della guerra “santa”. Uccidere Dio crea un vuoto morale che legittima ogni violenza e anche l’incapacità di leggere la verità, perché tutto viene reso opinabile. Così oggi incomprensibilmente la sinistra (e non solo, va detto) è attraversata da un’ondata violenta di antisemitismo preoccupante. Non ho interesse a difendere le azioni dello Stato di Israele a Gaza, tendo però a capire che è difficile sopravvivere senza difendersi duramente se tutti attorno a te hanno come finalità quella di distruggerti e in un paio di giorni hanno massacrato 1.400 tuoi cittadini inermi prendendone centinaia in ostaggio. Capisco molto meno le stelle di David calpestate o usate come segno per individuare a Parigi case abitate da ebrei. Nelle piazze “pacifiste” si respira simpatia per le azioni “della resistenza palestinese” (non si sente mai un coro contro Hamas, anzi se ne sentono a sostegno) e vero e proprio odio per gli ebrei. Ecco, all’esponente del Pd di Roma consiglio di evitare di inneggiare all’ateismo, che quando si fa potere è sempre violento verso i credenti, cercando di capire se sia conveniente continuare a uccidere Dio ogni giorno. La mia impressione netta è che questo tragico errore lo stiamo pagando tutti e da tempo. La guerra non è altro che il suo frutto più avvelenato.