Dall’Olanda, piccolo paese con poco più di un quarto degli abitanti dell’Italia, i dati che arrivano sull’eutanasia sono chiari: anche quest’anno +14% rispetto all’anno precedente, 8.720 morti, 29 coppie uccise, 115 malati psichiatrici. Uccidere le persone in coppia significa evidentemente che la legge che parla di “dolore insopportabile” viene forzata. Lui e lei hanno la stessa devastante malattia? Ed è successo 29 volte? E la volontà del malato psichiatrico come può essere considerata pienamente consapevole? Uccisi anche 5 autistici under 30. Ovviamente è un modo per disfarsi di più gente possibile. A botte di incremento del 14% all’anno presto l’eutanasia in Olanda diventerà la prima causa di morte nel Paese (attualmente è la quinta).
In Canada nel 2021 hanno già tolto dalla legge sull’eutanasia il vincolo della “malattia terminale” e da marzo 2023 hanno aggiunto i malati psichici, all’interno dei quali finiscono molti disabili e poveri senza fissa dimora a cui chiedono: vuoi morire? Da qui la dichiarazione del ministro canadese: “Da noi ormai è più facile chiedere l’eutanasia che una sedia a rotelle”. Su 23 milioni di abitanti, undicimila morti l’anno scorso. E ancora ci raccontano la favola dell’uccisione pietosa di chi patisce inenarrabili sofferenze? È ovvio che è un modo per liberarsi degli improduttivi che costerebbe troppo al sistema pubblico curare. 175mila morti da quando hanno introdotto la legge rendono Olanda e Canada più efficienti del Terzo Reich, sono 10mila di più di quelli fatti dai nazisti con la Aktion T4 a cavallo tra Anni Trenta e Quaranta. La popolazione di Olanda e Canada sommata è la metà di quella della Germania.
Gli inglesi con la storia della 19enne ammazzata per sentenza del giudice nonostante lei chieda di poter vivere portano a naturale e inevitabile conseguenza la logica della morte agli improduttivi data dallo Stato, superando anche la foglia di fico della supposta “autodeterminazione” del sofferente. Che è moneta falsa, è sempre una soppressione indotta dallo Stato che ti lascia solo e senza scelta. I britannici, pragmatici, hanno semplicemente tolto i fronzoli alla vera natura di quelle istanze, nate sotto il nazismo e ora per una sola ragione: i soldi. Ammazzare costa pochi euro, curare un inguaribile non produttivo costa milioni. Costruendo il sinonimo tra inguaribile e incurabile si risparmiano miliardi. Se poi riesce il capolavoro di vendere questi come “diritti civili”, i fessi sono fottuti per sempre. Saranno uccisi dai loro stessi figli che non tollereranno la loro sopravvivenza quando sarà d’ostacolo ai loro interessi economici o anche solo banalmente alla logistica della loro esistenza.
Questo tema riguarda personalmente ciascuno di noi. La nostra vita e, con buona probabilità, la nostra morte saranno concretamente determinate dal cedimento o meno dell’ordinamento giuridico italiano alla teoria del rendere disponibile l’esistenza umana. Ad oggi non è disponibile, nessuno può toglierla a terzi o aiutarlo a disfarsene. Con il cavallo di Troia della storia pietosa di Dj Fabo la Corte Costituzionale ha aperto un vulnus sul divieto di omicidio di consenziente. Ora cercheranno di entrare in quella breccia e dilagare. Dalla nostra capacità di resistenza dipende nel concreto come vivremo gli ultimi anni della nostra vita. Se, come i nostri genitori e nonni, avvolti dall’amore familiare anche quand’esso provocava problemi e scocciature (“dove lasciamo il nonno per andare in vacanza?” o “certo che se papà morisse l’eredità ci farebbe davvero comodo”), perché prevaleva la gratitudine per l’averci messo al mondo o anche solo per l’amore donato; oppure guardati con fastidio con i familiari prossimi più giovani che pensano con invidia a Tizio o Caia che hanno hanno avuto i genitori che hanno voluto l’eutanasia “per lasciare liberi i figli da un’inutile sofferenza”. Come se la sofferenza fosse davvero un’esperienza inutile.
Leggo che pure su Avvenire si racconta con tonalità comprensive dell’ennesimo disabile “accompagnato” in Svizzera per suicidarsi a pagamento a Zurigo. Spero davvero che ci si renda conto della posta in gioco.