DA BIBBIANO LA PROVA DEL DISEGNO LGBT

24 Maggio 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia
Vi avevo promesso informazione su quanto sta accadendo al processo sui fatti di Bibbiano, processo che nessun tg o giornale nazionale sta seguendo perché l’obiettivo è silenziare la vicenda per traguardare i colpevoli alla prescrizione dei reati commessi. Tra questi uno dei più noti è l’affido garantito da Federica Anghinolfi ad una coppia lesbica di una bambina strappata ai genitori naturali per presunti abusi del padre totalmente inventati. L’affido avvenne nel 2017 e la bambina è quella diventata tristemente nota per un’intercettazione ambientale in cui una delle donne affidataria urla in modo isterico contro di lei che non vuole accusare il padre degli (inesistenti) abusi subiti e per questo viene fatta scendere a forza dall’auto guidata dalla donna e lasciata da sola per strada sotto la pioggia. Una bambina di dieci anni.

Dal processo emergono nuovi particolari che spiegano come la Anghinolfi avesse in mente un disegno chiaro: togliere bambini a famiglie naturali inventando abusi inesistenti per costruire artificialmente “famiglie arcobaleno” peraltro foraggiate dai soldi pubblici del sistema degli affidi. In più di un caso la Anghinolfi sceglieva come affidatarie donne di cui era stata amante. Anche nel caso sopra citato una delle due lesbiche era stata in precedenza amante della Anghinolfi. Quando il 30 giugno 2018 le due si unirono civilmente grazie alla legge Cirinnà la Anghinolfi era presenta e la bimba che lei stessa aveva strappato ai legittimi genitori era stata costretta a indossare una maglietta con su scritto: “Sono la figlia delle due spose”. Nel frattempo la bambina in realtà scriveva anche su una lavagna: “Mi manca mio padre, voglio tornare a casa”.

La legge prevede che l’affidamento possa durare solo 24 mesi, grazie alla Anghinolfi la bimba restò con loro più di tre anni fino allo scoppiare dello scandalo nonostante fossero le stesse due lesbiche a ammettere la propria incapacità genitoriale e a scrivere: “Ci amiamo molto ma non basta, vogliamo una famiglia con cui condividere la bambina”. E la retorica per cui basta l’amore a far famiglia? Il mantra delle magliette Lgbt? Dov’è finito?

Al processo è emerso che la frustrazione per l’evidente incapacità genitoriale delle due si esprimeva non solo con urla isteriche e abbandoni della bimba per strada sotto la pioggia, ma con una serie di angherie sulla piccola che hanno causato traumi che ora esplodono. Venivano infatti negate tutte le concessioni alla femminilità, tenuti corti i capelli, descritto l’universo maschile come negativo e pieno di pericoli, fatti poi coincidere con gli (inesistenti) abusi paterni. Tutto questo ha reso poi più difficile il reinserimento nel 2020 nel nucleo familiare originario.

Il processo di Bibbiano fa emergere un disegno preciso. Ed è per questo che puntano ad allungare il brodo e arrivare alla prescrizione. Perché accertamento e condanna di questi terribili reati contro i bambini e contro la famiglia risuonerebbero come monito. E per questo nessun telegiornale o giornale ne parla, anche se ciò che viene raccontato in questo processo è assolutamente necessario ascoltarlo. Per capire bene il disegno e sventarlo definitivamente.