Le parole chiare di Francesca

1 Luglio 2020 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Mi è stato chiesto di pubblicare delle pagine de Il Grido dei Penultimi e non mi tirerò indietro, è un libro complesso e poco a poco ve lo svelerò. La sostanza, però, è che è un libro di storie. Una delle storie che ho davvero voluto ostinatamente raccontare è quella di Francesca. Francesca è la figlia di Pietro, un magistrato schiantato da una depressione causata anche da una di quelle trappole tra colleghi che abbiamo visto scattare con l’esplosione del caso Palamara che, irretito dalle associazioni che stanno cercando in tutti i modi di immettere nell’ordinamento giuridico italiano la folle legalizzazione del suicidio assistito, alla fine ha ceduto e pagato la dottoressa svizzera Erika Preisig per farsi ammazzare a Basilea. Piccolo particolare: l’uccisione di Pietro è stata perpetrata senza avvertire in alcun modo la famiglia, per poi essere annunciata dalla stessa Preisig con una telefonata breve e secca che ha avuto come destinataria una scioccata Francesca, unica figlia di Pietro.

Il prossimo 8 luglio sotto questa canicola estiva il Popolo della Famiglia andrà davanti al tribunale di Massa per chiedere ai giudici di non compiere un ulteriore passo verso l’inferno. Si giudica Mina Welby e l’associazione Luca Coscioni di Marco Cappato che sempre da Erika Preisig hanno fatto sopprimere il toscano Davide Trentini, isolato dalla malattia e di famiglia povera, sostenuto solo dalla piccola pensione della madre oltre che dalla miseria della sua pensione di invalidità. Solo, affaticato, economicamente provato, senza amici Davide ha incontrato Cappato e compagnia che hanno pensato bene di dimostrare la loro amicizia raccogliendo i soldi necessari a pagare Erika Preisig per farlo fuori.

Come nel caso di Pietro, anche Davide non aveva bisogno di alcun supporto meccanico per vivere, era molto addolorato e prostrato questo sì, ma non era nelle condizioni di un Piergiorgio Welby o di un Dj Fabo. La Corte Costituzionale che ha parzialmente depenalizzato il suicidio assistito in Italia ha anche stabilito il “paletto” secondo cui si possono sopprimere solo malati collegati a supporti vitali senza i quali non sopravviverebbero. Se a Massa verrà assolto chi ha portato Davide nelle mani della killer Erika Preisig (oltre cinquecento persone da lei “suicidate” racconta anche con un teutonico accento orgoglioso) vorrà dire che la Corte Costituzionale non conta nulla, le sue sentenze sono carta straccia e i “paletti” servono solo a segnare la strada verso l’inferno. In realtà si vogliono sopprimere gli addolorati, i depressi come Pietro e i disabili come Davide secondo l’operazione più simile al nazismo nella storia umana recente. Anche il loro grido resta soffocato.

Ho rivolto a Francesca una domanda nel mio libro. Questa la sua illuminante risposta, nell’ambito di un’intervista che occupa un intero capitolo de Il Grido dei Penultimi. Ecco, insomma, la prima anticipazione che regalo ai miei affezionati lettori.

“Che tipo di operazione è questa, Francesca?

Un’operazione disgregativa a largo spettro, che con molteplici tentacoli, soprattutto di carattere metodologico, cinge d’assedio la scienza e il sapere in genere, neutralizzando l’apprendimento tramite la negazione dell’esperienza organica del vivere. Non a caso le agenzie formative sono i bersagli prescelti di una degenerazione antropologica massificante e sterile, che in primis ambisce defraudare la famiglia del suo insito ed impareggiabile valore. Accecati dalle presuntuose dissociazioni dell’individualismo, i fautori della morte volontaria assistita non hanno scrupoli nello svilire i legami parentali e affettivi, dimostrandosi in vario modo propensi a reciderli e sostituirli. L’alienazione dai principi originari, che animano ed elevano la natura umana arricchendola di senso, offre terreno fertile alla cultura della morte. Le sue radici affondano a monte, nel privare chi cresce dei riferimenti indispensabili ad uno sviluppo integrato, e nel promuovere il fascino dell’ambivalenza sino ad annichilire le coscienze e indurle alla resa. Così la dottrina dell’autodeterminazione incondizionata, da proiezione illusoria e delirante, non soltanto è divenuta nuova religione che professa l’assoluta preminenza della volontà sull’essere, ma vede culminare tale gloriosa autarchia nei percorsi di auto-eliminazione, considerati la spiccata rivalsa della padronanza di sé all’affacciarsi del declino psico-fisico o dell’incapacità di realizzare azioni qualificanti. Che siano tragitti distruttivi autonomi, o eterodiretti, sul piano attuativo è questione marginale laddove le relazioni interpersonali vengono valutate in proporzione al soddisfacimento dei propri bisogni, e mentre l’istigazione al suicidio ha perso la sua carica criminale per tradursi in una missione di disobbedienza attiva, tesa all’emancipazione del malato. Purtroppo, sulle distorsioni filantropiche si regge la reputazione del regime neoliberista, avido più che mai del tempo attuale e prodigo di vecchie, ma sempre efficaci, strategie manipolative. In quest’ottica le suggestioni dell’egualitarismo radicalizzato, si rendono propizie a ridurre lo scarto tra il bene e il male, per poterli all’occorrenza intercambiare. Concludendo, la revisione progressista del contratto sociale impone l’isolamento e la delegittimazione delle voci contrarie e degli scandali che possano in qualsiasi misura incrinare i robusti postulati del pensiero prevalente, motivo per cui rientra nei patti rimettere alle vittime del suicidio assistito la portata complessiva, e per taluni aspetti la colpa, della propria sventura. Approfondire e discernere potrebbe risultare discriminatorio, insomma la verità suona politicamente scorretta”.

Così è. La risposta di Francesca è complessa ma profondamente vera: stanno confondendo deliberatamente il bene con il male per renderli intercambiabili. Sul selciato restano file ordinate di cadaveri, che muoiono persino pagando la salatissima retta, nell’impazzimento generale in cui resta spazio solamente per il nostro grido.