E ORA? CINQUE ATTI PER VINCERE ANCORA

28 Ottobre 2021 Mario Adinolfi
immagine mancante
Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi
Abbiamo vinto. E ora? Ora proviamo a capire perché, a fronte di uno schieramento che pareva unanime a favore di una legge, un’azione di resistenza a quella stessa legge ha finito per prevalere. Avevo anche tra i più prossimi persone che mi dicevano, mentre io ripetevo che avremmo vinto noi e che il ddl Zan era morto il giorno in cui è crollato il Conte 2, che mi sbagliavo e la legge sarebbe stata approvata. Quali erano i fattori che mi rendevano certo della vittoria, tanto da annunciarla con mesi di anticipo anche in tv (a Luxuria: “Ma ancora non l’hai capito che è finita?”) nonostante i segnali dei media mainstream fossero tutti a favore dell’approvazione del ddl Zan? Cosa abbiamo fatto per vincere? È uno schema replicabile in altre battaglie?
Ci sono cinque atti che hanno condotto alla vittoria sul ddl Zan e che sono assolutamente riproducibili in ogni battaglia pur difficile che si voglia provare a vincere anche se si parte apparentemente sconfitti. Li elenco.
1. COMPRENDERE I TERMINI GIURIDICI DELLA QUESTIONE
Il ddl Zan è stato raccontato dai media come “la legge contro l’omotransfobia”. In realtà il testo legislativo non prevedeva vere sanzioni aggiuntive per atti violenti contro gay e trans, ma era evidentemente finalizzato a conquistare tre obiettivi: avere in un testo di legge la definizione di identità di genere e di come essa fosse agevolmente modificabile; porre gli avversari della piattaforma Lgbt sotto la spada di Damocle della galera con la qualifica di omofobi istigatori di odio; entrare nelle scuole con la propaganda gender. Per ottenere questi tre obiettivi sono stati scritti gli articoli 1, 4 e 7. Chiunque leggesse con attenzione la legge di Zan se ne rendeva immediatamente conto. Molti aspiranti oppositori del ddl Zan non lo avevano mai letto. Male.
2. MODULARE UNA OPPOSIZIONE ANCHE MEDIATICA
Una volta preso atto delle falle giuridiche del provvedimento a cui opporsi occorre costruire una dimensione mediatica di tale opposizione, non ci si può limitare a qualche articolo è un po’ di convegnistica. Bisogna rappresentarsi televisivamente come interlocutori opposti alla macchina spesso devastante dei proponenti, senza il timore di essere derisi o duramente attaccati. È il prezzo da pagare per una battaglia di opposizione al mainstream e nelle fasi più acute il prezzo della derisione potrà apparire difficile da sostenere. Ma quella determinazione sarà il primo elemento attrattivo che allargherà il numero dei resistenti.
3. AMPLIARE IL FRONTE
Le battaglie contro il politicamente corretto non si possono vincere da soli. Specie se l’avversario, come nel caso del ddl Zan, ha sostenitori in tutti i centri nevralgici del potere dal Parlamento agli influencers a tutte le televisioni e ovviamente ai giornali. Bisogna costruire un fronte unico tra simili, non disperdere le energie dividendosi e poi ampliarlo questo fronte, cercando personalità influenti che (anche nella riservatezza) possano comprendere le ragioni profonde giuridiche, culturali, storiche, religiose, politiche di una battaglia.
4. ROMPERE LA COMPATTEZZA AVVERSARIA
Sul ddl Zan come su altre operazioni similari i proponenti tendono a occupare la scena mostrando una granitica compattezza. Studiando bene però gli avversari non è mai difficile riscontrare crepe e dissensi. Nel caso del ddl Zan gli oppositori più feroci militavano a sinistra, dalle femministe ai comunisti di Rizzo, dall’ex presidente di Arcigay Aurelio Mancuso a Platinette fino a tutta Arcilesbica. Quando poi il governatore del Pd della Campania, Vincenzo De Luca, peraltro di formazione comunista e platealmente ateo, alla festa dell’Unità questa estate ha attaccato ferocemente il ddl Zan è stato chiarissimo che l’esito parlamentare del provvedimento era segnato. Se lo sarebbero affondato da soli. Così è andata.
5. STRUTTURARE UN’ORGANIZZAZIONE
Racconta Lech Walesa che Solidarnosc vinse perché dopo trent’anni di impossibilità riuscì a dare un’organizzazione a chi si opponeva al regime comunista, per le ragioni più varie ma con un mastice unitario che fu la Fede. Quando l’organizzazione strutturata capì di avere un’adesione assai maggiore a quella apparente al comunismo di regime, bastò spingere e il regime crollò. Sul ddl Zan hanno raccontato fin dal giorno in cui hanno depositato la legge quasi quattro anni fa che l’Italia era con loro. Errore. Hanno confuso la loro Italia con l’Italia tutta intera. La loro Italia di attrici, cantanti, registi, alessandremussolini, selvaggelucarelli, architetti e giornalisti è l’Italia del demi monde dell’apericena in terrazzo, ma il Paese è un altro e vibra per altro, ha bisogno di altro che di leggi per falsi diritti civili mentre vengono scippati i veri diritti sociali. Organizzare la resistenza alla loro Italia, per batterli ogni volta, è compito non solo doveroso ma anche divertente.
Appuntamento alla prossima battaglia, da affrontare con questi cinque atti da mettere in scena. Si tratterà di fermare in Corte Costituzionale il referendum imbroglio sulla depenalizzazione dell’omicidio di consenziente, venduto truffaldinamente agli italiani come referendum sulla “eutanasia legale”. Entro gennaio 2022 dovremo spiegare perché il quesito è irricevibile. Vinceremo ancora.