A Moretti e alla vecchia sinistra

22 Luglio 2021 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Solidarietà a Nanni Moretti che invecchia di colpo quando scopre che a vincere Cannes è il film di una che racconta di una tizia messa incinta da una Cadillac. Manca però l’autocritica. Hai costruito il conformismo girotondino? Ora vince la regista donna pure se il film è idiota. Benvenuta alla sinistra che scopre che questa società dei nuovi diritti è tutta una bufala, a Moretti che dovrebbe conoscere la “sindrome di Monteverde vecchio” che vuole veder vincere i Maneskin perché il gender fluid è la moda del momento, a Marco Bellocchio che fa i film sulla (sua) famiglia dopo aver passato gli anni a raccontarla come luogo tossico, al comunista Marco Rizzo che dà interviste ormai unicamente a giornali di destra, a Mario Capanna che ha detto che il ddl Zan introduce solo reati e nessun diritto. Per decenni la vecchia sinistra ha accusato di “grigiore” il “subdolo potere” dei cattolici, che però tendevano a una società giusta con valori riconosciuti da tutti: il lavoro, la sacralità della vita, la centralità della famiglia, il sostegno ai giovani con l’istruzione gratuita, agli anziani con la previdenza, ai disabili con l’assistenza, a tutti nei momenti di difficoltà di salute con il servizio sanitario nazionale. I Moretti, i Bellocchio, i comunisti come Rizzo, i demoproletari come Capanna con disprezzo chiamavano tutto questo “valori borghesi”, da sfidare chi con I pugni in tasca, chi proclamando che la Messa è finita sognando un’impossibile palombella (ovviamente rossa) capace di ribaltare all’ultimo minuto il risultato.

Com’era la storia, Nanni? Ah, sì, me la ricordo bene la scena morettiana più nota: “Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi”. Chissà cosa pensa oggi Nanni Moretti riguardandosi non tanto in quel film, quanto nel dibattito che ne seguì con tanto di scontro televisivo con il gigantesco Mario Monicelli, a cui il regista di Ecce Bombo riservò i prodromi della sindrome di Monteverde Vecchio, il tono saccente, l’atteggiamento infastidito di superiorità. Davanti a Monicelli. Un colosso del cinema vero, quello indimenticabile. Già, quello con Alberto Sordi.

Potrei dire di Bellocchio, di Rizzo, di Capanna: hanno contribuito a portare la sinistra italiana fin qua, fino al suo essenziale disastro. Oggi lo guardano e provano a dirsene estranei, ma non credo sia giusto consentirglielo. Se mini in profondità l’Italia “di Alberto Sordi”, il fatto che reggesse su valori condivisi anche tra avversari, per forza ciò che ne trarrai sarà solo la poltiglia. È inevitabile allora una sinistra che insegue gli interessi di piccole lobby credendo di interpretare così i bisogni delle minoranze. E allora inevitabilmente Sanremo ai Maneskin e a Achille Lauro, le Olimpiadi alla Egonu, il Parlamento imprigionato da 1.200 giorni sulla legge Zan e il festival di Cannes, caro Moretti, come minimo lo vince la regista donna della tizia rimasta incinta da una Cadillac. Devi rassegnarti, sei diventato Alberto Sordi e manco te lo gridano come facevi tu riconoscendo a tuo modo la sua centralità gigantesca. A te, t’ignorano e basta. Non sei nelle categorie che possono vincere, i nuovi clan della post-modernità che certa sinistra ha eletto a minoranze da proteggere.

A proposito della questione più controversa, che nelle ultime ore mi ha visto tacciato di razzismo per aver contestato la scelta di Paola Egonu come portabandiera olimpico, siamo proprio dentro questa logica dei nuovi clan. C’è chi ha chiesto come sempre il ban dei contenuti da me proposti. A ognuno di questi tizi di sinistra così biecamente attirati dal silenziamento definitivo di avversari come me, mi viene da rispondere: se tu minimamente analizzassi quei contenuti che contesti, ti accorgeresti che generano dibattito tra idee diverse su temi importanti. Non riesco a immaginare un utilizzo più produttivo dei social. Sul tema Egonu (dunque razzismo, lobby Lgbt, minoranze, meritocrazia, valori sportivi) sui miei vari profili hanno interagito con pareri diversi quasi novecentomila persone, cinque volte la tiratura del Corriere della Sera. Cosa dovrei fare di meglio, vendere smalti come Fedez o bottiglie d’acqua a otto euro come la Ferragni? Io offro la possibilità di dibattere. Di più: ti faccio partire pensando che tu sei meglio di me, con il sorrisino di superiorità. Poi, se sei intelligente, capisci. È l’iter a cui la storia ha costretto gli augusti signori sopraccitati. Sono partiti con il senso di superiorità e quel sorrisino. Ora la vita li fa rinsavire. Non sarà troppo tardi?
Se rinsavite davvero cari Moretti, Rizzo, Capanna, Bellocchio e tanti altri che avete sufficiente intelligenza per ragionare, intanto proponete una complessiva autocritica sui disastri prodotti dal vostro passato. Ognuno chieda scusa ai suoi Alberto Sordi, ai suoi Mario Monicelli. Poi si provi a ragionare insieme su un recupero dei valori unificanti, senza i quali non si va da nessuna parte.
Perché io ho paura che vi accorgete del problema unicamente quando non vi fanno più vincere i festival dove prima vi osannavano e allora la vostra è solo una personale e un po’ patetica recitazione di un rimpianto, che in realtà è mero ego ferito. E il vostro ego già troppi danni ha fatto per tornare a essere centrale oggi che s’è trasformato “di colpo” in vecchiaia.