Son certo che i commentatori televisivi, gli agitatori Lgbt, i dirigenti del calcio, i Caressa, gli articolisti della Gazzetta e tutti i democraticissimi giornalisti inviati in loco chiederanno tra un anno a gran voce la colorazione arcobaleno degli stadi del mondiale in Qatar. C’è una piccola, remota possibilità che i coraggiosissimi occidentali suddetti per i due mesi del campionato mondiale di calcio abbandoneranno tutti gli impeti egualitaristi arcobalenati. Niente rivendicazioni e inutili esibizioni. Perché altrimenti l’emiro Hamad Al Thani si incazza. E i tribunali lì applicano la Sharia. Niente Gay Pride tra i grattacieli di Doha durante Qatar 2022? Sono certo che la Coca Cola non rinuncerà anche lì nell’emirato ai colori Lgbt. Sì, come no. Quando vi sveglierete e capirete che è tutto e solo un colossale business, che di diritti e fregnacce varie non gliene frega niente a nessuno? Vi usano, usano soprattutto l’immaginario di giovani e giovanissimi, per vendere i modelli di vita e i prodotti collegati, dagli smalti di Fedez agli spot di Idealista a quell’attore a quello scrittore a quei produttori di bibite non vi considerano persone dotate di diritti: siete solo consumatori da turlupinare con la nuova moda del momento capace di generare dal nulla tonnellate di miliardi di euro worldwide. Ovviamente finché la latitudine lo consente. Al piccolo ma ricchissimo emirato la pippa sui diritti non l’attaccano, perché in quel mercato si vende stando in riga dietro la Sharia. E Caressa e la Coca Cola s’adegueranno. E allora voi, forse, capirete. Appuntamento a Doha tra un annetto.