Qualche domanda a Amnesty International

19 Giugno 2021 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi
Leggo che secondo Amnesty International il Parlamento ungherese è cattivo (e ovviamente Orban cattivissimo) perché ha stabilito con apposita legge che: non si cambia sesso prima dei 18 anni, la propaganda di contenuti transgender e omosessualisti presso i minori è vietata, non s’accede alla pornografia se si è minorenni. Segnalo a Amnesty International che nel solo ospedale Careggi è stata iniettata la triptorelina a ottanta bambini di undici anni per bloccare la loro pubertà, che alle stessa età il ragazzino medio italiano forma il suo immaginario erotico sui prodotti della multimiliardaria industria della pornografia, attraverso la quale scopre anche i temi della transessualità e dell’omosessualità. Chiedo a Amnesty International se non sia il caso di richiamare l’Italia al rispetto dei basilari diritti dei bambini, che se non possono guidare un’automobile o fumare sigarette o consumare alcool è perché lì si considera soggetti da proteggere rispetto a un deficit di capacità cognitiva e decisionale. Non sono lesi i diritti dei bambini se, a fronte dell’ovvio divieto di consumare sigarette o alcolici, si consente loro di iniettarsi devastanti dosi ormonali per bloccare la loro pubertà? Ad Amnesty International sono certi di non agire per pregiudizio politico quando dicono agli ungheresi che sbagliano a varare una legge che finalmente impedisce questo orrore? E quando Amnesty International varerà una campagna per impedire almeno ai minorenni l’accesso ai siti di pornografia, dove viene vergognosamente insultata la dignità in primis delle donne, che meriterebbero almeno procedure di fruizione simili a quelle che regolano i siti di gioco d’azzardo, dove deve essere chiaramente comunicata è certificata l’identità del cliente? Anche qui mi sarei aspettato da Amnesty International i complimenti al Parlamento ungherese per aver varato una legge all’avanguardia rispetto al resto del mondo. O gli interessi multimiliardari dell’industria del porno, spesso anche violenta verso molte ragazze giovanissime, sono intangibili per gli eroici amici di Amnesty International?