L’essenziale è un programma politico

9 Settembre 2020 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Come cambia la politica italiana, anno dopo anno. Ripensavo a quando lasciai il Parlamento: non volli ricandidarmi sotto la bandiera di Bersani, non credevo all’opzione che aveva per guida Berlusconi, rifiutai un posto in lista in Scelta Civica di Mario Monti che prese a quelle elezioni il 10%. Ebbene, oggi Berlusconi è al San Raffaele anzianissimo alla prese col Covid (auguri presidente), Bersani è praticamente ai giardinetti, Scelta Civica di Mario Monti semplicemente non esiste più. Il panorama politico del 2013, di sette anni fa, non di settanta anni fa, è stato totalmente spazzato via.
In fondo anche se penso allo scenario delle elezioni del 2018, di due anni fa, non posso che dire che è tutto completamente cambiato. Il partito dominante di quelle elezioni faticherà ad arrivare al 5% nelle regioni in cui il simbolo è presente, il centrodestra vede rivoluzionate le gerarchie (Forza Italia è all’ospedale come Berlusconi, la Meloni ben in salute ne ha preso il posto), il Pd era andato al voto nel 2018 con un segretario che non è più segretario e non è più manco nel Pd, con un programma di odio feroce ricambiato nei confronti del M5S, ora i due stanno al governo insieme. Con il sì al referendum del 20 e 21 settembre annunciato da Nicola “ho una parola sola” Zingaretti, sono sparite anche le residue differenze che volevano il Pd come difensore della Costituzione e della dignità del Parlamento, ora è solo la brutta copia del M5S e di fatto i due partiti sono già una cosa sola.
Con quali equilibri si andrà a votare alle prossime elezioni politiche? Chi può azzardarsi a dirlo. Se questi sono i ritmi e i sommovimenti della politica, quello che accade un anno sarà già travolto da fatti nuovi nell’anno successivo. Poiché il Popolo della Famiglia va al suo congresso nazionale sabato e domenica prossimi, provando a delineare un orizzonte di impegno valido per il quadriennio 2020-2024, dobbiamo provare ad immaginare quel che accadrà e anche che risposta dare come partito politico, attualmente il decimo partito politico nazionale del Paese, visto che l’obiettivo è entrare nei primi sei.
Più vado in giro per l’Italia, anche per le presentazioni de Il Grido dei Penultimi oltre che per i comizi in vista del voto per le amministrative, più incontro persone deluse dalle formule politiche tradizionali. A parte la ridotta dei tifosi e degli ideologici da social, in pochi credono che oggi ci sia un politica che abbia in mano le soluzioni per portare in sicurezza l’Italia. Vedono il nostro Paese come una zattera alla deriva, una sorta di Naufragio della Medusa di Théodore Géricault, impressionante e gigantesco dipinto che potete ammirare al Louvre di Parigi in cui c’è chi si sbraccia invocando attenzione per cercare salvezza e chi è semplicemente ormai rassegnato al destino che si sta per compiere. Proprio in quel tipo di condizione, che è tecnicamente disperata, emerge ciò che conta. E ciò che conta ormai è solo l’essenziale.
Fino a sei mesi avrei discusso alla morte sul tema scuole pubbliche versus scuole private. Oggi mi interessa solo che riaprano le scuole e riescano a funzionare in una maniera decente. Fino a sei mesi fa avremmo discusso dei limiti del rapporto tra Chiesa e Stato, oggi voglio la semplice libertà di poter andare a Messa la domenica senza termoscanner o conta dei fedeli. Fino a sei mesi fa ci saremmo confrontati con dotti argomenti sulla denatalità, oggi credo che in pochi riescano a dire che obiettivo dell’Italia è fare meno figli (anche se un ministro che porta un cognome inadeguato cerca di spingere all’uso della RU486). Oggi l’essenziale è un programma politico.
Credo che dovremmo tutti rivolgere ai nostri conoscenti non politicizzati una semplice domanda: “Se potessi scegliere una sola cosa declinandolo dunque in una sola frase, qual è l’obiettivo che vorresti centrare in questa difficile fase storica?”. Sto facendo dei test a campione e il 100% delle risposte è: “Vorrei assicurare il benessere alla mia famiglia”. Ovviamente sono declinate con voci diverse (tra chi pensa ai figli, chi al genitore che fa fatica ad essere curato da una sanità sempre più lenta, chi al posto di lavoro che rischia di saltare per un familiare), ma tutti alla fine nel cuore hanno una sola cosa che conta. La risposta più immediata è: “La mia famiglia”. Eccolo scoperto, l’essenziale.
Il Popolo della Famiglia ha la fortuna di portare l’essenziale nel proprio simbolo. Ora con il congresso nazionale dovrà dimostrare di esserne degno. La mozione depositata, firmata da oltre 120 dirigenti pidieffini che rappresentano davvero capillarmente tutto il territorio nazionale, si dà un obiettivo concreto: andare al governo del Paese. Per alcuni è improbabile, per altri è impossibile. Con la premessa di questo articolo ho spiegato che in politica ormai l’improbabile non esiste. Se vi avessi detto tre anni fa che tal professore Giuseppe Conte sarebbe stato presidente del Consiglio, Luigi Di Maio avrebbe guidato il ministero degli Esteri e avrebbe avuto come alleato determinante Matteo Renzi dopo essere stato già alleato in un precedente governo con Matteo Salvini, avreste giustamente riso e mi avreste dato del pazzo aggiungendomi un bel: “Giuseppe chi?”. Non fidatevi di chi vi dice che non può accadere, perché tutto quel che non poteva accadere negli ultimi tre anni è già accaduto, compreso trovarci a dover fare il congresso nazionale mascherati come Zorro. Anzi no, come normali rapinatori comuni.
Accadrà quello che saremo capaci di far accadere. Prima cosa, l’ho dichiarata ovunque: far tornare protagonista della politica in Italia un soggetto di schietta ed esplicita ispirazione cristiana, figlio diretto del popolarismo di don Luigi Sturzo. Oggi in Parlamento un partito così non c’è ed è fin troppo evidente quanto se ne senta la mancanza. Seconda cosa: imporremo il modello Popolo della Famiglia. Qual è il nostro modello? L’abbiamo esplicitato ancora di più in queste amministrative: un luogo aperto, identitario ma mai ideologico, capace di essere occasione di incontro. Da presidente nazionale ho firmato la delega ad utilizzare il nostro simbolo nelle più diverse fogge, perché l’incontro con altre forze civiche si sintetizzasse in un’offerta politica in cui il simbolo del PdF è centrale ma non necessariamente esclusivo. Cresceremo incontrando altri e unendo le forze, sempre mantenendo chiara l’identità e la matrice partitica non superabile del Popolo della Famiglia.
Non mi dispiace l’immagine della zattera che raccoglie naufraghi, ma non accetteremo né i reduci né i rassegnati. Punteremo sull’esempio garantito dai dirigenti di vertice del Popolo della Famiglia che non sono dirigenti politici per caso. Se penso all’abnegazione di Nicola Di Matteo (non parlategli in queste ore, se il congresso si fa è solo grazie a lui) mi viene solo da pensare che se l’Italia fosse in mano a lui sarebbe certamente salva. Se vedo i risultati centrati nelle amministrazioni locali dai nostri eletti di opposizione (Elisa Rossini, Mirko De Carli) e anche di maggioranza (il vicesindaco Andrea Brenna che anche per questo è candidato alla segreteria nazionale, il suo collega Antonio Panero, Valeria Caci in quel promontorio del PdF che è Gela con il suo 9% dei voti) penso che davvero potremo mettere a disposizione del Paese una classe dirigente di tutto rispetto. Leggo uno per uno i nomi degli oltre centoventi dirigenti del Popolo della Famiglia che hanno firmato la mozione “per andare al governo del Paese” e sento che se ci andassero davvero l’Italia potrebbe stare tranquilla.
E allora andiamoci, costruiamo le condizioni: un partito aperto, spalancato, capace di dialogare con altre esperienza mantenendo intatta radice e identità; un forte rapporto con il territorio da costruire con il tesseramento in decisa relazione con obiettivi legati a elezioni amministrative dove eleggere i nostri, serve un Andrea Brenna in ogni provincia visto che Como insieme alla Cuneo di Mario Nicola Campanella sono i contesti in cui c’è stato il margine di crescita più alto di iscritti al Pdf: sarà un caso ma sono anche le due province dove esprimiamo i nostri due vicesindaci; una visione programmatica che sappia andare all’essenziale dei bisogni delle persone, captando quello che ho codificato come “il grido dei penultimi” che con gli attuali politici arriva sempre e solo ad orecchie sorde, interessate unicamente alle proprie brighe per la conquista del potere. Chi saprà ascoltare i bisogni essenziali degli italiani, che vogliono benessere (non solo economico) per la propria famiglia, avrà in mano la carta vincente per dire qualcosa nella politica degli Anni Venti.
E poiché ho maturato in questi anni un’altra decisiva convinzione, cioè che nella vita conta solo quel che dura, sono certo che l’impostazione corretta che daremo sabato e domenica 12 e 13 settembre a Pomezia nel corso del congresso nazionale permetterà al Popolo della Famiglia di durare. Conviene esserci, saranno giorni in cui si costruisce un pezzo di storia di questo paese che è al naufragio ma può ancora essere salvato.