Conte, il MES e altre sciocchezze

11 Aprile 2020 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Tutti a discutere di Giuseppe Conte che ha attaccato Matteo Salvini e Giorgia Meloni facendo “i nomi e i cognomi”: il totalitarismo, se avessi saputo non avrei mandato in onda, il tradimento della patria, ci ha svenduto all’Europa matrigna de Biancaneve, torniamo subito alla lira, dimissioni dimissioni. Fregnacce all’italiana, come al solito. Manco uno a chiedersi: perché l’ha fatto?

Giuseppe Conte dall’inizio dell’emergenza sta disperatamente tentando di cavalcarla costruendo una propria figura di leadership che lo faccia ergere a quel che non è: un salvatore della patria elegante e fermo, che un po’ per l’eleganza e un po’ per la fermezza sia dotato dai cittadini di una forza propria che politicamente e persino per il suo piccolo percorso accademico, non ha mai avuto. Conte è sempre stato in vita sua una variabile dipendente: dal professor Alpa, da Bonafede che l’ha introdotto tra i cortigiani del M5S, da Di Maio e Salvini prima, da Di Maio e Franceschini oggi, da Mattarella e persino da Rocco Casalino (preziose le foto mandate in giro dei vertici europei in cui è l’ex gieffino a stare a capotavola con Merkel e Macron, non Conte).
Nelle ore precedenti la conferenza stampa di venerdì 10 aprile sulla testa di Conte si sono addensate le nubi della maggioranza. Il temporale si faceva talmente potenzialmente devastante per Conte che la conferenza stampa, inizialmente prevista per giovedì 9 aprile alle 20.20, è stata fatta slittare per ben quattro volte, a dimostrazione che il premier italiano non riesce a decidere manco gli orari dei suoi appuntamenti coi giornalisti, è sempre variabile dipendente, preda dei venti.
Tra M5S che cincischia un confuso “Mes no” con il carismatico Vito Crimi e un Franceschini con manganello che gli intima un “perché no?”, Conte non sa che pesci prendere e si butta sull’ideona: dare una apparente scudisciata all’opposizione, talmente forte e plateale che non possa non scatenare la più immediata e rabbiosa delle reazioni, in realtà per costringere la maggioranza ad ammutolirsi e smetterla con quel lavorio, in particolare attivato da Matteo Renzi con Matteo Salvini, che ormai è molto più di un sussurro: Draghi, Draghi…

Il re travicello stavolta l’azzecca. L’Italia si mette a discutere del ducismo di Conte (ma fate sul serio?), Salvini e Meloni ne chiedono la fucilazione alla schiena come fosse un Galeazzo Ciano, alla maggioranza che è stata in realtà tutta sfanculata dal premier non resta che starsene muta. Gualtieri viene di fatto esautorato e la palla è mandata in tribuna fino al Consiglio europeo del 23 aprile, dove o Conte riesce a vincere la sfida su quelli che lui chiama eurobond (ma è il Recovery Fund proposto da Macron) oppure arriva al capolinea. Più realisticamente il fondo si farà ma sarà posta di bilancio, dunque relativa al 2021 e inefficace nel breve termine. Conte farà un’altra conferenza stampa, la racconterà come sua vittoria e la coprirà probabilmente con altri insulti agli oppositori per far appassionare i Mentana e i social. Intanto avrà semplicemente detto che lui da Palazzo Chigi non si muove, a Mattarella che la cabina di regia è saltata, a Pd e Renzi e Salvini che Draghi se lo possono scordare.
Perché la verità è che se volevi pesare davvero al Consiglio europeo del 23 aprile dovevi cacciare Giuseppe Conte e implorare Mario Draghi di guidare un governo di unità nazionale con Salvini, Berlusconi, Meloni, Renzi, Zingaretti e Di Maio dentro per andare a chiedere quel che davvero serve all’Italia: 500 miliardi di euro da utilizzare come helicopter money subito senza gravare sul debito pubblico nazionale, ma solidarizzandoli per l’interesse di tutti. Draghi aveva la forza di andare a pretendere questo, ha gli “argomenti” per guidare la discussione in materia. Conte no. Lo ha capito e ha fatto la sparata di ieri lasciando gli italiani sui social a discutere di totalitarismo e Italexit, di ritorno alla lira e tradimento della Patria, di Mes e di miniBot, quando qui siamo a Pasqua e nessun italiano ha preso ancora un euro per sopperire alla più tragica mancanza di liquidità dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi.

L’Italia non deve perdere altro tempo con i giochi di comunicazione di Conte. L’attivazione del Mes non va siglata con richiesta italiana di fondi, come è ovvio, perché sarebbe mettersi un cappio al collo. Il Mes è uno strumento trattato dal governo Berlusconi nel 2011, ratificato dal governo Monti nel 2012, figlio del voto un po’ di tutti. La Meloni era ministro nel 2011 e deputato del PdL nel 2012 (lei non era in aula, ma il PdL votò a favore, Fratelli d’Italia non esisteva), la Lega era in maggioranza con Berlusconi nel 2011 ma è vero che nel 2012 ha votato contro.

La questione non è il Mes e meno che mai il ritorno alla lira. Tutti i tifosi dell’Italexit lo sono sempre e solo quando sono all’opposizione. Poi quando vanno al governo pure se mettono Savona ministro, Borghi e Bagnai presidenti di commissione, si rendono conto che il ritorno alla lira è totalmente impraticabile e giurano fedeltà a euro e Ue. E semmai qualche pazzo voglia farvi credere che è utile uscire dall’euro così “torniamo sovrani a casa nostra” e “stampiamo la nostra moneta finché vogliamo”, comprategli qualche bignami di macroeconomia. Se quel pazzo si avvicina al potere, correte in banca e prendete tutti gli euro che avete e sotterrateli in giardino. Ma fatelo prima di tutti, perché mentre andrete in banca gli sportelli dei bancomat chiuderanno per evitare il collasso immediato del sistema bancario. Dalla sera alla mattina i vostri euro trasformati in lira perderanno il 30% del valore e allora ci metteremo a stampar moneta, causando l’inevitabile impennata dell’inflazione. In più poiché il coronavirus ci manderà nella più tragica recessione della nostra storia e la disoccupazione deflagrerà avremo bisogno di finanziarci per far reggere le colonne del welfare. Ma chi comprerà mai i nostri titoli di Stato? Eggià perché rompendo con l’Eurozona il nostro debito pubblico, per il 78% in mano ai Paesi dell’Eurozona (49% solo Germania, Lussemburgo, Francia), sarà richiesto indietro. E quel solito pazzo dirà “noi il debito agli stranieri non lo ripaghiamo”, con il risultato di azzerare qualsiasi possibilità per l’Italia di finanziarsi sul mercato. Esito finale della liretta italiana? Quello già verificatosi con i pesos argentini. Svalutazione di tutti gli asset, miseria generalizzata, perdita di controllo su tutte le risorse naturali e principali aziende nazionali. Non date retta ai pifferai dell’Italexit.
Resistete però seriamente anche agli strozzini del Mes. La richiesta italiana all’Europa deve essere chiara: 500 miliardi di liquidità da impiegare in sostegno diretto alle famiglie, con il metodo dell’helicopter money, soldi versati direttamente nei conti correnti. Esattamente come è già avvenuto in Germania, Francia, Svizzera, Stati Uniti, Hong Kong e in molti altri Paesi come risposta al coronavirus. L’Italia sia messa in condizione di reagire come gli altri Paesi industrialmente decisivi per gli equilibri del pianeta, dunque nel proprio interesse e nell’interesse dell’Europa stessa, il cui senso altrimenti rischia di smarrirsi aprendo lo spazio a nuove tragedie nazionaliste. L’Italia apra al massimo della vigilanza sull’impiego dei fondi perché quanto ha scritto Die Welt è irritante ma non privo di fondamento: da sempre sui soldi che piovono nelle emergenze, i primi ad allungare le mani sono gli interessi mafiosi. È già accaduto e dobbiamo rafforzare seriamente la capacità di controllo affinché questo serio rischio sia evitato.
Dobbiamo dimostrare di essere un Paese serio, l’Italia può farcela ma, dobbiamo dircelo, dobbiamo cambiare molto. E prima di tutto cambiare la compagine di governo, con questi scappati di casa non si va da nessuna parte, non fatevi ingannare dall’ennesimo gioco di comunicazione di messer Giuseppe Conte. Servono soldi per le famiglie italiane, subito. A metà aprile il tempo delle chiacchiere e dell’utilizzo del gerundio come metodo di governo, è finito. Altro che Mes. Noi siamo vittime di un’eterna supercazzola a cui andiamo dietro come fessi, discutendone pure. È ora invece di prendere i primi 20 miliardi di euro e dare 2.000 euro sul conto corrente di dieci milioni di capifamiglia con figli a carico. È tempo di un segno di speranza e resurrezione.

Buona Pasqua a tutti voi.