Mario Adinolfi: Il governo degli scappati di casa

4 Marzo 2020 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

 Abbiamo pazientato due anni ma ora, all’ingresso nel terzo anno della legislatura dominata dai pentastellati, viene voglia di urlarlo: non ne possiamo più del governo degli scappati di casa. Non ne possiamo di quello che si lamenta se lo infastidiscono in ferie perché è crollato il ponte Morandi, non ne possiamo più di quello che non sa come si chiama il presidente cinese e lo hanno fatto ministro degli Esteri, non ne possiamo più del ministro dell’Istruzione che ha copiato la tesi per abilitarsi all’insegnamento, non ne possiamo più del ministro dello Sviluppo Economico che Ilva e Alitalia e Air Italy e Whirlpool e chi più ne ha più ne metta, non ne possiamo più del presidente della Camera che sembra un capoclasse perennemente bullizzato, non ne possiamo più del ministro dello Sport che di sport non ne sa niente e ha gettato nel ridicolo l’unico rito che avrebbe rilassato gli italiani in questi tempi tristi con settimane di decisioni altalenanti quanto imbarazzanti. Il grillismo di governo che ha indicato nel passante Giuseppe Conte la perfetta guida di un Paese che è canna al vento, oggi europeista e ieri populista con Savona ideale ministro dell’Economia, ha poi come ciliegina sulla torta quella Virginia Raggi che a conclusione del suo mandato da sindaco di Roma dovrà correre a nascondersi, magari dietro le possenti spalle di quel Marcello De Vito che la sostituisce già ora in molte cerimonie pubbliche in qualità di presidente del consiglio comunale capitolino, sotto processo per corruzione. E gridavano onestà, onestà.

Sono disonesti, di certo intellettualmente. Ma, quel che è peggio, sono totalmente incapaci. Due anni di governo pentastellato, sia in salsa verde che in salsa rossa, sono stati peggio del coronavirus ed è il giusto epilogo questa pestilenza. Natalità ai minimi storici, spesa pubblica e debito pubblico ai massimi storici, economia che come tasso di crescita del Pil è al ventisettesimo posto sui ventisette Paesi dell’Unione europea, ordinativi industriali al collasso e ora gestione a dir poco dilettantesca della crisi coronavirus, con la collaborazione dell’attore non protagonista Roberto Speranza, ministro della Salute ma di LeU, protagonista della meravigliosa foto di Anagni dove Conte, Zingaretti, Di Maio e Speranza appunto si fecero immortalare prima di una delle più pesanti sconfitte non solo politiche ma anche morali del M5S, quella alle regionali umbre, dove loro stessi avevano provocato la caduta della giunta Pd con delle denunce salvo poi presentarsi alle elezioni in alleanza con il Pd denunciato.

Non c’è dossier su cui i grillini si siano fatti valere costruendo qualcosa che somigli al bene del Paese. Da Bonafede a Toninelli, da Azzolina a Spadafora quel che ti resta in bocca è il gusto amaro dell’essersi affidati a degli inedeguati, annegandoli in una marea di voti il 4 marzo 2018, che ora ad appena due anni di distanza tutti sanno essere voti sprecati. Undici milioni di elettori hanno dato fiducia a Luigi Di Maio e compagnia due anni fa, oggi tutti i test politici vedono un M5S arrancare sotto il cinque per cento dei voti nonostante i soldi distribuiti a pioggia con quella follia assistenzialista che è il reddito di cittadinanza. Persino alle regionali calabre del 26 gennaio 2020, mentre in Emilia Romagna il M5S si fermava sotto il 4%, nonostante i centomila assegni distribuiti mensilmente in quella che è l’area più povera d’Italia, i voti si sono arrestati al 6%. Alle politiche due anni prima avevano sfiorato il 50%.

L’incantesimo è finito, gli scappati di casa dal premier improvvisato in giù sono tutti esposti al ridicolo e questa vicenda del coronavirus ha l’effetto della zincatura che precede l’inchiodatura della bara. Mi chiedo oggi cosa pensi davvero Beppe Grillo della sua creatura. Il comico genovese che con Gian Roberto Casaleggio ha avuto certamente una visione politica destinata a occupare pagine dei libri di storia, non credo non possa che vergognarsi dell’esito anche piuttosto rapido della loro esperienza di governo. Nel corso di uno spettacolo gli è anche scappato un “forse non siamo adeguati”. Senza forse, Beppe.

La lezione che deriva è che ogni sogno palingenetico non può fare a meno di una radice valoriale forte. Il grillismo è sempre stato avaloriale, è stato un’ideologia del nuovismo vuota dal punto di vista etico e inconsistente dal punto di vista politico. Questo vizio ha colpito tutto il Parlamento, che ha rapidamente rottamato una vecchia classe dirigente che aveva in effetti fatto il suo tempo, sfornando una serie di leadership di quarantenni inadeguati molto interessati al bene della propria fazione e in fondo di loro stessi, ma per niente interessati al bene comune. Questo è il vero virus che si è diffuso e che rende difficile combattere il virus vero che dovremmo debellare in questo tempo che con costoro al governo non può che apparire come apocalittico.