Strage di Bologna, la giustizia procede lentamente e con indebite deroghe

20 Gennaio 2020 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Anche Gilberto Cavallino dei NAR è stato oggi finalmente condannato all’ergastolo per aver offerto supporto logistico a Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, esecutori materiali della strage di Bologna. Vi ricordo che Fioravanti e Mambro, nonostante siano i terroristi più sanguinari della storia italiana che hanno cumulato nove ergastoli per l’uccisione di novantasei persone e il ferimento di oltre duecento, sono usciti dal carcere da decenni e intervistati con deferenza dal sistema mediatico presso cui si sono riciclati grazie al lavoro nell’area radicale di Emma Bonino.

Una vergogna possibile solo nel Paese senza giustizia chiamato Italia. Per giustificare questa vergogna i giornali si sono inventati un cliché innocentista se condo cui Mambro e Fioravanti avrebbero le mani sporche di tanto sangue, ma non di quello di Bologna. In realtà sono stati condannati in innumerevoli gradi di giudizio (come sai non ne sono bastati tre). È stato condannato il loro complice Ciavardini. Ieri è stato condannato Cavallini. Tutti ergastoli. O ci sono centinaia di giudici rincoglioniti (o corrotti) o questa è la verità. Mancano sempre i mandanti della strage di Bologna, questo è il buco nero. Come nel caso di Piersanti Mattarella di cui ho scritto anche sui social qualche giorno fa. I Nar erano esecutori materiali di ordini, altrimenti non si capisce perché quaranta giorni prima di Bologna i Nar uccidono Mario Amato, il giovane magistrato che indagava i rapporti tra loro e i servizi deviati.

C’è stato un momento in cui ho pensato che finalmente avremmo saputa la verità. È stato quando Gennaro Mokbel (punto di congiuzione eversione-riciclaggio-servizi- stato-bandamagliana) veniva intercettato decine di volte al telefono con Fioravanti e Mambro (che gli propone addirittura i suoi parenti come tesserati per il suo movimento politico) e una volta lo stesso Mokblel dice chiaramente: “Tirarli fuori dal carcere mi è costato un milione e duecentomila euro”. Leggendo quelle intercettazione ho creduto che finalmente i giornali avrebbero finito con la loro campagna per trasformare i due peggiori assassini della storia italiana in due santi. Sarebbe finita la fioritura di libri giustificazionisti sulle azioni dei Nar (erano giovani, poverini). Sarebbe finita la commedia di Nessuno tocchi Caino e nessuno lo tocchi, per carità, ma deve per forza venire a darci lezioni di umanità? Si sarebbe finalmente vergognata Emma Bonino di aver chiamato due pluriergastolani neofascisti (e i rapporti con Mokbel provano che la radice politica non cambia) a collaborare ad una campagna per tutto il centrosinistra. Invece no. Persino il 2 agosto 2010, nel faticoso trentennale della strage più infame, i giornali hanno dovuto glorificare i sanguinari.

Repubblica titola: “Giusva Fioravanti incontra i parenti delle sue trentatre vittime”. Un titolo che è un’assoluzione implicita. Vedremo che saranno capaci di fare quest’anno per il quarantennale di Bologna del 2 agosto 2020. Mambro e Fioravanti sono stati condannati all’ergastolo con sentenza passata in giudicato come esecutori della strage di Bologna: 85 morti e 200 feriti. Ma per Repubblica sono innocenti, le “vittime” di Fioravanti sono trentatre. Leggendo il testo si scopre che i familiari incontrati sono solo “quattro o cinque”. Ma Repubblica dedica la paginata sulla strage a loro, agli assassini redenti e liberi. Sì, perché sono liberi, completamente liberi. E redenti manco per niente, altrimenti non si mischierebbero ai Mokbel. Loro sognano il rientro alla ribalta, in politica. E riuscirà loro anche questo ennesimo scempio. Io posso solo riportare le parole di Paolo Bolognesi a nome di tutte le vittime di Bologna alla celebrazione del trentennale: “Ad eseguire materialmente la strage sono stati i neofascisti dei Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, hanno scontato condanne pagate a prezzi di saldo: non esiste detenuto in Italia che abbia goduto di maggiori benefici.

Abbiamo appreso con sconcerto la disinvoltura e la noncuranza dell’etica politica con cui Emma Bonino ha avuto come consulenti nel comitato elettorale Mambro e Fioravanti”. Bolognesi poi ha ricordato il caso Mokbel e il ruolo del giudice Mario Amato, giovane magistrato trucidato su ordine di Mambro e Fioravanti quaranta giorni prima della strage di Bologna. Stava indagando sui legami tra Nar, servizi deviati e banda della Magliana, puntando “molto in alto”. Il mio modo di ricordare sempre che i peggiori criminali della storia italiana sono liberi e oggetto di venerazione da parte della classe giornalistica italiana, è ricordare tutte le loro vittime, quelle di cui nessun giorna- le ha ricordato il nome, specie quei giornali impegnati nella celebrazione degli assassini Mambro e Fioravanti. Non sono un giustizialista, non proverei gioia nel vederli ai ceppi. Ma un po’ il mondo l’ho girato e mi rendo conto che una storia come questa possiamo raccontarla solo noi in Italia. Mettono una bomba nella sala d’aspetto di una stazione, uccidono nella maniera più vigliacca possibile una valanga di bambini, donne, anziani. Non in un grado di giudizio, non un solo giudice, ma una marea di giudici fino alla Cassazione indicano in Francesca Mambro e Giusva Fioravanti gli esecutori materiali della strage. Il 23 novembre 1995 la Repubblica italiana certifica con il terzo grado di giudizio la sentenza definitiva di colpevolezza, nel 1998 la Mambro è già in semilibertà, Fioravanti poverino deve aspettare il 1999. Lo sapevate? Ve l’hanno mai detto? Ve lo immaginate che possa accadere negli Stati Uniti d’America o in qualsiasi paese civile che i condannati per la strage più grave della storia di quel paese, a tre anni dalla sentenza definitiva possano camminare liberi per il centro della capitale? Il tutto, attenzione, senza mai aver collaborato con la giustizia, avendo mantenuto sempre orgogliosamente le bocche cucite e forse il premio è arrivato proprio per questo.

Alcuni dicono: non sono stati loro. La pubblicistica dei giornalisti amici, senza mai affermarlo direttamente, è riuscita però nell’operazione certificata da un servizio del Tg2: la stragrande maggioranza degli italiani non conosce nomi e cognomi degli esecutori della strage di Bologna. Sa dei depistaggi, un po’ a memoria e un po’ a caso parla di P2 e servizi segreti, ma i fatti per come sono stati giudizialmente ricostruiti non li conosce. Ma pur dando per buona l’operazione “diritto all’oblio” garantita dai Giovanni Bianconi del Corriere della Sera e dagli ex terroristi rossi come Sergio D’Elia, che hanno preso Mambro e Fioravanti a lavorare a Nessuno Tocchi Caino (e di Abele ‘sticazzi, è il sottotitolo), vorrei che sapeste che al di là della strage di Bologna quei due hanno sulle spalle nove ergastoli per ulteriori atti criminali che qui sotto vado a riassumervi.

28 febbraio 1978. Giusva Fioravanti ed altri notano due ragazzi seduti su una panchina che dall’aspetto (capelli lunghi e giornali) identificano come appartenenti alla sinistra. Fioravanti scende dall’auto, si dirige verso il gruppetto e fa fuoco: Roberto Scialabba, 24 anni, cade a terra ferito e Fioravanti gli sale sulla schiena, gli punta la pistola alla nuca e lo finisce. Poi, si gira verso una ragazza che sta fuggendo urlando e le spara senza colpirla.

9 gennaio 1979. Fioravanti ed altre tre persone assaltano la sede romana di Radio città futura dove è in corso una trasmissione gestita da un gruppo femminista. I terroristi fanno stendere le donne presenti sul pavimento e danno fuoco ai locali. L’incendio divampa e le impiegate tentano di fuggire. Sono raggiunte da colpi di mitra e pistola. Quattro rimangono ferite, di cui due gravemente.

16 giugno 1979. Fioravanti guida l’assalto alla sezione comunista dell’Esquilino, a Roma. All’interno si stanno svolgendo due assemblee congiunte. Sono presenti più di 50 persone. La squadra terrorista lancia due bombe a mano, poi scarica alla cieca un caricatore di revolver. Si contano 25 feriti. Dario Pedretti, componente del commando, verrà redarguito da Fioravanti perché, nonostante il ricco armamentario “non c’era scappato il morto”. Che Fioravanti fosse colui che ha guidato il commando è accertato dalle testimonianze dei feriti e degli altri partecipanti all’azione, e da una sentenza passata ingiudicato. Ciononostante, Fioravanti ha sempre negato questo suo pesante precedente stragista.

17 dicembre 1979. Fioravanti assieme ad altri vuole uccidere l’avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile della cattura di Pierluigi Concutelli, leader carismatico dell’eversione neofascista. Fioravanti non ha mai visto la vittima designata, ne conosce solo una sommaria descrizione. L’agguato viene teso sotto lo studio dell’avvocato, ma a perdere la vita è un inconsapevole geo metra di 24 anni, Antonio Leandri, vittima di uno scambio di persona e colpevole di essersi voltato al grido “avvocato!” lanciato da Fioravanti.

6 febbraio 1980. Fioravanti uccide il poliziotto Maurizio Arnesano che ha solo 19 anni. Scopo dell’omicidio, impadronirsi del suo mitra M.12. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile 1981, Cristiano Fioravanti – fratello di Valerio – dichiarerà: “La mattina dell’omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gli avrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: “gratuitamente”; fece un sorriso ed io capii”.

23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando “alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi”. Mambro e Fioravanti la sera dell’omicidio festeggiano ad ostriche e champagne.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l’imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un’auto, “Spara, spara!”.

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un “infame delatore”. Del commando omicida fa parte Mambro.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all’agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L’efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: “La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell’encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello”. Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell’eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell’agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Viene condannata come esecutrice dell’assassinio. Bene, questi signori capaci di commettere questi atti raccapriccianti sono usciti dal carcere dal 1998-99, si avviano a festeggiare i ventidue anni di libertà e una vita ricostruita. Delle vite che hanno tolto non si sono mai detti pentiti, non hanno mai chiesto perdono, non hanno mai voluto incontrare un familiare delle vittime di Bologna magari anche solo per dire che non sono stati loro. Non hanno voluto perché i familiari delle vittime hanno seguito i processi e sanno che sono stati proprio loro, aiutati da Cavallini e Ciavardini. Una così infinita scia di sangue non ha avuto né verità né giustizia. Hanno vinto ancora una volta i prepotenti della lobby giusta. Per le vittime di Bologna e di tutti gli atti criminali di Mambro e Fioravanti non c’è giustizia in questa Italia senza neanche più memoria, che li tratta persino da star.