Mario Adinolfi: perchè siamo popolari europei

7 Aprile 2019 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Non è frequente che un Papa riceva i rappresentanti di un partito politico in quanto tale. Noi del Popolo della Famiglia abbiamo negli occhi l’incontro del 17 ottobre 2018 con Papa Francesco e le nostre bandiere in San Pietro. Il solo precedente recente era del 30 marzo 2006 quando Papa Benedetto XVI ricevette i congressisti del Partito popolare europeo presenti a Roma, rivolgendo loro non un saluto, ma un discorso che resta un caposaldo per l’impegno dei cristiani in politica. Quel discorso poteva essere rivolto da un Papa cattolico solo al Ppe: sarebbe stato impensabile anche solo un incontro con il Pse, l’Alde, i comunisti del Gue o gli estremisti populisti e/o neonazi frequentati da partiti che oggi stanno governando. Solo ai popolari europei poteva rivolgersi Benedetto, perché solo in quella famiglia politica si ritrova la concreta possibilità di difendere la vita e la famiglia.

Il discorso del 30 marzo 2006 va riletto con grande attenzione: “I Pontefici Romani hanno sempre prestato una particolare attenzione a questo continente. L’udienza di oggi è dunque opportuna e si inserisce in una lunga serie di incontri fra i miei predecessori e i movimenti politici di ispirazione cristiana. Attualmente, l’Europa deve affrontare questioni complesse di grande importanza come la crescita e lo sviluppo dell’integrazione europea, la definizione sempre più precisa della politica di prossimità in seno all’Unione e il dibattito sul suo modello sociale. Per raggiungere questi obiettivi, sarà importante trarre ispirazione, con fedeltà creativa, dall’eredità cristiana che ha contribuito in modo particolare a forgiare l’identità di questo continente. Apprezzando le sue radici cristiane, l’Europa sarà in grado di offrire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini e delle sue popolazioni, rafforzerà la loro consapevolezza di appartenere a una civiltà comune, e alimenterà l’impegno di tutti ad affrontare le sfide del presente per il bene di un futuro migliore. Quindi apprezzo il riconoscimento da parte del vostro gruppo dell’eredità cristiana dell’Europa che offre preziosi orientamenti etici alla ricerca di un modello sociale che soddisfi adeguatamente le esigenze di un’economia già globalizzata e risponda ai mutamenti demografici, assicurando crescita e sviluppo, tutela della famiglia, pari opportunità nell’istruzione dei giovani e sollecitudine per i poveri”.

Papa Benedetto XVI prosegue: “Inoltre, il vostro sostegno all’eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l’impegno con la tradizione religiosa dell’Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr Evangelium vitae, n. 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l’Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall’impegno con essa. Sarebbe un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza, scegliere di opporvisi o di ignorarla, piuttosto che di dialogare con essa. In questo contesto bisogna riconoscere che una certa intransigenza secolare dimostra di essere nemica della tolleranza e di una sana visione secolare dello Stato e della società. Sono lieto, dunque, del fatto che il trattato costituzionale dell’Unione Europea preveda un rapporto strutturato e permanente con le comunità religiose, riconoscendo la loro identità e il loro contributo specifico. Soprattutto, confido nel fatto che la realizzazione efficace e corretta di questo rapporto cominci ora, con la cooperazione di tutti i movimenti politici indipendentemente dai loro orientamenti. Non bisogna dimenticare che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un’interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali”.

Il cuore del discorso del 30 marzo 2006 di Papa Ratzinger ai popolari europei è il richiamo ai principi non negoziabili e la loro precisa elencazione: “Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nell’arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:

– tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;

– riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;

– tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.

Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa”.

Per il Popolo della Famiglia, impegnato alle prossime elezioni europee del 26 maggio con il simbolo Popolo della Famiglia – Alternativa popolare e l’esplicito richiamo nel simbolo stesso al Partito popolare europeo, il programma di azione è costituito dall’intersezione tra il discorso di Benedetto XVI sui principi essenziali e quindi non negoziabili con la pastorale di Francesco che ci ha invitato con chiarezza ad azioni concrete e testimoniali sulla forza della famiglia, senza mai dimenticare il sostegno agli ultimi. In ottemperanza al mandato ottenuto dall’assemblea nazionale del PdF il 17 ottobre 2018, confermato in quella del 20 gennaio 2019, nella stagione del populismo ideologico e parolaio, noi costruiremo lo spazio per il futuro del popolarismo sturziano, fatto di idee concrete a sostegno della vita e della famiglia come il reddito di maternità. Abbiamo trovato in Joseph Daul, presidente del Partito popolare europeo e Manfred Weber, candidato alla presidenza della commissione europea (non a caso bavarese come Ratzinger) una comune necessità nel mettere al centro dell’azione dei popolari il richiamo alle radici cristiane d’Europa. Il PdF è stato guidato all’incontro con i massimi vertici internazionali del Ppe grazie alla decisione di marciare insieme in queste europee ad Alternativa Popolare, il cui presidente Paolo Alli è stato fino al settembre scorso alla guida dell’assemblea parlamentare della Nato e sarà uno dei candidati di punta che ci onoreremo di avere nelle liste di Popolo della Famiglia-Alternativa Popolare sotto l’egida del Ppe.

C’era chi rimproverava al Popolo della Famiglia di essersi isolato in una nicchia, di essersi rinchiuso in un bunker. Tutto il contrario. Silenziosamente abbiamo costruito un reticolato di alleanza nazionali e internazionali che hanno consentito al PdF di essere credibile rappresentante del futuro del popolarismo in Italia e in Europa. Questa impresa la si deve a migliaia di militanti che hanno raccolto decine di migliaia di firme sul territorio per il reddito di maternità, oltre che per le nostre liste alle europee e alle amministrative. Vi hanno visti ovunque cari fratelli e sorelle piedieffini, rendendo visibile la speranza che incarnate e che ha convinto anche persone che un anno fa ci erano lontane o ci snobbavano ad accompagnarsi alla tenacia della nostra battaglia. Ora conduciamola fino in fondo, a testuggine, come sappiamo fare noi quando si va in battaglia.

A noi la battaglia, a Dio la vittoria.