Mario Adinolfi: Reddito di maternità, tutto quello che c’è da sapere

12 Novembre 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Il Reddito di Maternità (RdM) è una proposta politica del Popolo della Famiglia contenuta nel programma presentato per le elezioni del 4 marzo 2018, deliberata poi con la formula del disegno di legge di iniziativa popolare nel documento politico conclusivo della festa nazionale de La Croce di Camaldoli del 23 settembre 2018 e ratificata dall’assemblea nazionale del PdF del 17 ottobre 2018. La proposta di legge è stata presentata presso la Corte suprema di Cassazione a Roma il 9 novembre 2018 e pubblicata sulla numero 262 della serie generale della Gazzetta Ufficiale del 10 novembre 2018. Per essere presentata alle Camere la legge deve essere sottoscritta da almeno cinquantamila cittadini con firma autenticata su moduli vidimati. La vidimazione dei moduli è in corso e consentirà di partire con la raccolta firme in tutta Italia il 28 novembre 2018 per concludersi il 9 aprile 2019, data in cui il Popolo della Famiglia consegnerà anche le centocinquantamila firme per la presentazione delle sue liste alle elezioni europee del 26 maggio 2019.

Ma che cos’è il RdM? Prima di tutto partiamo dalla lettura del testo del disegno di legge denominato così in Corte di Cassazione al momento del deposito: “Istituzione dell’indennità di maternità per le madri lavoratrici nell’esclusivo ambito familiare”. La proposta consta di un solo articolo: “Si istituisce l’indennità di maternità per madri lavoratrici nell’esclusivo ambito familiare. Tale indennità, pari a dodicimila euro annui netti privi di carichi fiscali o previdenziali, è riconosciuta su richiesta da avanzare presso il Comune di residenza, alle donne madri cittadine italiane. La richiesta dell’indennità di maternità può essere avanzata dalle aventi diritto entro quindici giorni dalla nascita di un figlio (o figlia) o dalla sentenza di adozione che riconosce una maternità adottiva. Per ogni bambino può essere prodotta unicamente una domanda da una sola donna. Tale donna otterrà l’indennità di maternità per i primi otto anni di vita del figlio in assenza di altri redditi o impegni lavorativi, scegliendo dunque di dedicarsi in via esclusiva alla condizione di madre lavoratrice nell’ambito familiare con particolare riguardo alla cura dei figli. In caso di assunzione di impegni lavorativi esterni alla cura familiare, l’indennità di maternità si interrompe. La durata di otto anni riparte alla nascita di ogni figlio. Alla nascita del quarto figlio l’indennità riconosciuta alla madre diventa vitalizia. L’indennità è vitalizia anche in caso di nascita di figlio disabile, sempre in occorrenza del pre-requisito della attività esclusiva di lavoro di cura familiare scelto dalla donna madre. Per l’indennità di maternità sono stanziati 3 miliardi annui dal fondo della presidenza del Consiglio per la famiglia e le pari opportunità nel triennio 2020-2022”.

Quali obiettivi si prefigge il RdM? Semplice. Il Popolo della Famiglia individua nel crollo della natalità la principale tragedia italiana, la prima emergenza nazionale cui porre rimedio, perché le conseguenze di un saldo nati-morti costantemente negativo sono devastanti e capaci di minare inevitabilmente le colonne portanti di un intero sistema sociale che diamo per scontato e che invece crollerà in assenza di una ripresa del tasso di natalità. Allo stesso tempo, dal punto di vista valoriale, si vuole mettere al centro la cultura della vita e la figura della donna madre, per disarticolare i falsi diritti spacciati come forme di liberazione delle donne, a partire da quello all’aborto e alla “emancipazione” dai ruoli familiari. La piena liberazione della donna, la proclamazione della sua centralità, la cancellazione della discriminazione di cui è fatta oggetto la donna madre casalinga, considerata una sorta di donna di serie B priva di salario e di diritti, con il riconoscimento invece della decisiva funzione sociale e lavorativa svolta con la maternità, sono tra gli obiettivi del RdM (e per questo non abbiamo optato per un “reddito di genitorialità” indifferente al ruolo paterno o materno, ritenuti scorrettamente intercambiabili). Con il RdM costruisce ricchezza investendo sulla famiglia e sulla natalità, con denari che entrano immediatamente nel ciclo produttivo e dei consumi, producendo automaticamente un contributo alla crescita economica del Paese, senza scassare i conti pubblici.

Il RdM è riservato alle donne italiane perché l’emergenza che il Popolo della Famiglia indica riguarda proprio lo scarso indice di natalità delle donne italiane e a questo intende porre rimedio con le norme proposte. Il RdM è un intervento strutturale e non la solita una tantum in stile “bonus bebè”, fissato dai governi di sinistra in 960 euro annui per un solo anno di vita del bambino e solo nelle famiglie con Isee inferiore a 25.000 euro annui (una famiglia con entrambi i genitori impiegati ha un Isee superiore e dunque non ha diritto neanche al bonus bebè). Il governo gialloverde ha “dimenticato” di confermare in manovra economica questa risibile mancetta da ottanta euro al mese e dice di voler ovviare alla dimenticanza con un emendamento alla manovra stessa per mettere una pezza all’evidente disinteresse per le persino più basiche politiche familiari.

Il RdM prevede dodicimila euro netti annui alla mamma che non ha altri redditi o impieghi per i primi otto anni di vita del figlio, rinnovabili alla nascita di un altro figlio, vitalizi alla nascita del quarto figlio o di un figlio disabile. L’indennità di maternità si interrompe se la madre va a lavorare esternamente all’ambito familiare. Attualmente la madre casalinga ottiene zero euro per il suo lavoro in ambito familiare, il niente assoluto. Nei primi otto anni di vita del bambino con il RdM la madre ottiene novantaseimila euro. L’incentivo alla natalità (e, di converso, il disincentivo all’aborto) è evidente e consistente. La donna potrà finalmente lavorare esternamente o restare in famiglia ad accudire i figli come propria libera scelta, non imposta dalle circostanze.

L’obiezione dunque di chi afferma che così “si costringe la donna a restare in casa” è completamente priva di fondamento. Semplicemente, la donna avrà ora la vera e piena possibilità di scegliere, il RdM è un concreto atto di ampliamento del novero dei diritti della donna. Nel corso di un’intervista in Rai una giornalista provò ad avanzare un’altra obiezione affermando che mille euro al mese sarebbero “argent de poche”, cioè pochi spiccioli. La giornalista è ammutolita quando le ho ricordato che milioni di donne lavano le scale, fanno le domestiche o le segretarie di avvocati, notai, dentisti, commercialisti a molto meno di mille euro al mese, costrette a staccarsi dalla cura dei figli non per scelta ma per necessità. Mille euro al mese rappresentano il 70% del salario medio di un lavoratore italiano (1.580 euro al mese il suo stipendio) e questo valore è stato pensato detraendo i costi di spostamento e le altre spese vive che una madre non deve sostenere potendo stare in casa con i propri figli.

Altra obiezione è di chi chiede di estendere il RdM a chi è già madre. La ratio della proposta di legge è duplice: combattere la denatalità e avere una norma concretamente praticabile, che non scassi i conti pubblici. Per questo è limitata a chi avrà figli e non a chi ne ha già (che può comunque decidere di farne altri, così otterrà il RdM a aiuterà a combattere la denatalità). A regime il RdM costerà tre miliardi di euro, i primi anni molto meno. La proposta di legge indica lo stanziamento del primo triennio, che sarà ampiamente sufficiente e lascerà risorse in riserva anche per gli anni successivi. Per il Popolo della Famiglia è fondamentale la sostenibilità finanziaria della proposta e per questo indichiamo anche i centri di spesa da cui trarre i fondi, perché sappiamo che la coperta dei conti dello Stato è corta e vogliamo essere seri, mai demagogici. A chi dice che il RdM potrebbe favorire il lavoro nero rispondiamo subito che, non essendo moltissime le donne che ne usufruiranno, i controlli ad opera dell’Ispettorato del ministero del Lavoro saranno serrati e agevoli, assai più che per (ad esempio) i sei milioni e mezzo di disoccupati che puntano al reddito di cittadinanza e certamente si organizzeranno per aggiungere a quello il lavoretto a nero che fa arrotondare. Le donne italiane che hanno fatto figli nel 2018 sono meno di 350.000, immaginiamo un’adesione al reddito di maternità con un’incidenza oscillante tra il 20% e il 25%, per quelle ottantamila donne i controlli saranno serrati.

C’è chi pone poi la questione dei contributi previdenziali, che potrebbero essere pensati come figurativi, ma saranno oggetto degli eventuali decreti attuativi che faranno seguito all’approvazione della legge. Oggi l’obiettivo politico è portarla all’attenzione del Parlamento. L’ultima legge di iniziativa popolare consegnata al presidente della Camera, Roberto Fico, è stata quella sull’eutanasia accompagnata da centotrentamila firme portate a Montecitorio da Marco Cappato. Vogliamo finalmente utilizzare gli strumenti legislativi di iniziativa popolare previsti dall’articolo 71 della Costituzione per un progetto che abbia a che fare con la cultura della vita e con i veri diritti, non con i falsi diritti generati da una cultura di morte sempre più chiusa alla vera libertà che non esiste se non incrocia un bene tangibile. L’uccisione dei sofferenti davvero non può esserlo, la vita e la famiglia certamente lo sono, veicolato dalla figura straordinariamente bella della donna madre.

Non ho temuto, laicamente, di mettere questo nostro progetto fin da subito sotto la protezione benevola di Maria, scegliendo Santa Maria degli Angeli ad Assisi come luogo della prima uscita pubblica dedicata al RdM dopo la consegna della proposta alla Corte suprema di Cassazione. Ora chiedo ai cattolici, ai credenti, ai militanti del Popolo della Famiglia ma anche a tutti i cittadini di buona volontà che ritengono giusto il disegno di legge di iniziativa popolare sul Reddito di Maternità di farsi parte attiva nella raccolta di firme che partirà in tutta Italia sui moduli vidimati dalla Corte d’Appello il 28 novembre prossimo. Bastano cinquantamila firme ma l’obiettivo è di raccoglierne più del triplo, visto che contestualmente raccoglieremo anche le firme per presentare le liste del Popolo della Famiglia alle elezioni europee. La testuggine è in cammino e prosegue la sua traversata del deserto. Unirsi a noi significa partecipare a una grande avventura collettiva. Per fare del bene e salvare l’Italia.