Mario Adinolfi: La consulta faccia quel che è giusto

22 Ottobre 2018 Mario Adinolfi
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, Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Martedì 23 ottobre sarà un’altra data determinante per la cultura della vita in Italia, un Paese oppresso da un’ideologia di morte arrembante che alcuni confondono con l’ampliamento di diritti. Eppure basterebbe leggere Zagrebelsky (per citare un giurista che nulla ha a che fare con l’ispirazione cattolica o cristiana) per capire che non può esistere un “diritto al nulla”, dunque alla morte. Non c’è quando si abortisce, non c’è meno che mai quando si pensa di prendere la scorciatoia all’italiana per l’eutanasia e il suicidio assistito. Si discuterà stavolta in Corte Costituzionale di Marco Cappato e del caso Dj Fabo sul quale il tribunale di Milano si è rifiutato di pronunciare l’ovvia condanna, rinviando proprio gli atti alla Consulta. E ora la Consulta dovrà decidere sulla legittimità costituzione dell’articolo 580 dei codice penale.

Andiamo, come dicono i giuristi, “per tabulas”. Leggiamo prima di tutto la norma. Cosa dice l’articolo 580 del codice penale? Fissa un principio sacrosanto di umanità: “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni”. L’istigazione al suicidio, l’aiuto al suicidio sono puniti pesantemente dalla legge. L’umanità ci fa dire che istintivamente se vediamo una persona in piedi sulla balaustra di un ponte sul Lungotevere, non gli diamo una spinta per buttarlo giù per aiutare il suo presunto “diritto alla autodeterminazione”. Il nostro istinto ci fa restare umani e ci fa offrire ogni aiuto affinché la persona, sconosciuta e con tutti i suoi indubitabili guai, receda dal proposito suicidiario e resti tra i vivi.

Marco Cappato vuole renderci disumani, vuole far sì che la spinta al tipo sul Lungotevere non solo non sia punibile, ma sia applaudita in nome dei fantomatici “nuovi diritti”. Questa è la più classica delle applicazioni della finestra di Overton che riesce tramite la comunicazione a rendere non solo accettabile ma auspicabile ciò che fino a poco tempo fa era da ritenersi semplicemente disumano.

Per anni ci hanno fatto una testa così con il fatto che il paese si sarebbe modernizzato se avessimo approvato la legge sul biotestamento, effettivamente poi varata nei giorni natalizi di scadenza della legislatura con l’atteggiamento complice dei cattolici alla Maurizio Lupi. Non c’era nessuna urgenza, era semplicemente una legge ideologica, in Campania hanno registrato le Disposizioni anticipate di trattamento in nove. Il record si segnala nella rossa Bologna con 833 “biotestamenti” registrati in una città di oltre 390mila abitanti. Siamo dunque sotto lo 0,05% della popolazione, stesso livello del numero di unioni civili celebrate in Italia, poco più di seimila, pari allo 0.02% della popolazione. Quelle leggi sono semplicemente norme ideologiche che non rispondono ad alcun bisogno popolare. Ora la Consulta non si accodi alle istanze ideologiche con una sentenza creativa, visto che il testo dell’articolo 580 del codice penale è di una chiarezza adamantina e non c’è nulla da interpretare. Lo si può ribaltare con un golpe giurisprudenziale dichiarandolo incostituzionale, ma davvero non se ne vedono i motivi.

Marco Cappato va condannato secondo le norme vigenti ad almeno cinque anni di reclusione. Il Popolo della Famiglia non è un movimento “manettaro” e io personalmente non ho bisogno di vedere Marco in carcere per sapere che sta sbagliando. Ho anzi stima per la modalità con cui Cappato testimonia i valori in cui crede, con nettezza e pronto a pagare con la reclusione, vorrei che molti cattolici fossero pronti a fare davvero altrettanto non solo a chiacchiere. Resta il fatto che i valori in cui crede sono disvalori disumani e che le norme lo condannano per aver aiutato un essere umano a suicidarsi, da questo nodo non si esce. Se la Corte Costituzionale taglia il nodo con la spada compie un golpe giuridico, perché la norma è chiarissima e non interpretabile. Se dovesse esserci una sentenza ideologica della Consulta, il Popolo della Famiglia si mobiliterà per manifestare a Roma tutto il suo dissenso.

Siamo a un crocevia della storia e la legittimazione dell’aiuto al suicidio da parte della Corte Costituzionale aprirebbe a scenari che Papa Francesco stigmatizza continuamente nel suo magistero, sono scenari proprio della “cultura dello scarto”. Contro la cultura dello scarto noi proponiamo la cultura della vita e il rispetto delle norme del nostro giuridicamente assai civile Paese. La cultura giuridica italiana tutela il diritto alla vita della persona, non trasformiamoci negli olandesi e negli inglesi con il loro trionfo della cultura della morte, peggio ancora gli svizzeri con il loro business del suicidio assistito che fa commercio sulla pelle dei disperati.

No al suicidio assistito, no all’eutanasia: viva l’articolo 580 del codice penale e viva la cultura giuridica italiana che non permette di mandare al macero gli scartati. In nome dell’Italia migliore, Cappato deve andare in carcere. Anche un solo giorno per poi essere graziato, ma deve andare in carcere. Questo dice la legge che lui consapevolmente ha violato cercando proprio questo momento. Non può vincere la sua provocazione, altrimenti la Consulta si sarà piegata all’ideologia. Invece è tempo che la Corte Costituzionale faccia la cosa giusta da fare.