Mario Adinolfi: Quanto puo’ durare?

22 Giugno 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Su La Croce tutte le mattine diamo conto del dissidio di giornata al governo. Oggi è la volta dello scontro sui vaccini. Salvini dice che dieci sono troppi e tutti i bambini devono poter andare a scuola, il ministro della Salute parte con un frontale contrario dicendo che i dieci vaccini sono tutti fondamentali: “La politica non si sostituisce alla scienza”. Si tratta dello stesso ministro che masticava amaro quando il Css ha chiesto di fermare la vendita della marijuana legale e ha detto che il Consiglio superiore di Sanità ha assunto sulla materia “una conclusione forzata”. Poi c’è stato un altro ministro, Fraccaro, a dire che le unioni registrate nei comuni grillini di figli “di due papà” non possono essere cancellate, quando il ministro Fontana aveva detto chiaramente (e giustamente) che proprio in punta di diritto “le famiglie arcobaleno non esistono”.

Se Salvini litiga con Saviano spunta un Roberto Fico che lo difende, se chiude i porti e attacca le Ong, il presidente della Camera invoca accoglienza e rende loro omaggio. Sui rom è stato direttamente Di Maio a andare frontalmente contro Salvini: “Il censimento è incostituzionale”. La Lega può piazzare pure Borghi e Bagnai presidenti di commissione, ma intanto il ministro dell’Economia è Tria che vuole far contenta l’Europa pure sulla correzione dello 0.3% dei conti pubblici, figuriamoci uscire dall’euro. L’impressione è che questo duello continuo non possa durare, che il governo in carica sia un governo balneare, che con le regionali d’autunno andremo a votare anche per le politiche o massimo si arriva alle europee, poi salta tutto. Anche perché Salvini ha raddoppiato i voti, Di Maio li ha quasi dimezzati. In un mese. Quando accade questo, la corda si spezza e il più furbo passa all’incasso.

Il governo Conte non può essere un governo di legislatura, lo stesso ruolo del premier è talmente compresso da apparire ridicolo e il Consiglio europeo di fine mese sancirà la difficoltà di questo presidente improvvisato a gestire la doppia linea che si prova ad imporre da Palazzo Chigi. Certo, c’è molta comunicazione, infiniti hashtag e annunci, ma diciamoci la verità: sul piano normativo questo governo non ha prodotto neanche uno straccio di disegno di legge, non ha mai usato lo strumento del decreto, evidentemente perché non c’è accordo vero su cosa fare.

Non c’è dubbio che tra chi propone tasse ridotte con aliquota unica al 20% e chi vuole dare 800 euro al mese a milioni di inoccupati in special modo del Sud, c’è un conflitto di fondo che mi viene da definire antropologico. Infatti entrambi i provvedimenti, cioè la flat tax e il reddito di cittadinanza, sono stati rinviati almeno di un anno. Salvini giurava che al primo consiglio dei ministri avrebbe abolito la legge Fornero. Lo diceva in campagna elettorale, Tria gli ha spiegato che non si può fare e che pure realizzare la quota cento costa venti miliardi di euro l’anno a regime. E gli introiti per fare tutta questa costosissima roba da dove proverranno?

Strutturalmente il consenso leghista è radicalissimo al Nord, ma al Centro e al Sud cresce proprio rubando voti al M5S e cannibalizzando Fratelli d’Italia. Nel municipio di Roma di Eur-Garbatella dove si è votato domenica scorsa, rispetto alle elezioni di due anni prima in cui vinse la Raggi, Salvini ha quasi decuplicato la sua percentuale passando dal 2% al 18%. I voti li ha ottenuti vedendo dimezzato il consenso della Meloni e il resto saccheggiando i pentastellati. L’area grillina più contigua al leghismo (c’è sempre stata ed era consistente, Gianluigi Paragone oggi parlamentare M5S è stato per anni direttore della Padania) tenderà sempre maggiormente ad accasarsi presso il solido partito di Salvini. Quando alla Casaleggio e associati misureranno la portata del collasso che stanno subendo, il mischione gialloverde salterà inevitabilmente.

I tempi non potranno essere lunghissimi, Salvini lo sa e agisce come se la campagna elettorale non fosse mai finita: ogni giorno un messaggio che lo rende perno del dibattito politico, con scientifica capacità provocatoria sommata alla sapienza dell’uso dei media rafforzata anche dal ruolo che svolge. Se uno dice da segretario di partito “chiudiamo i porti”, “schediamo i rom”, “togliamo la scorta a Saviano”, sta dentro un dibattito tipico della propaganda politica. Se lo dici da ministro dell’Interno hai le aperture di giornali e telegiornali tutti i giorni. Salvini lo sa e gioca ogni giorno questo ruolo, come anche la polemica sui vaccini conferma. La raffica senza sosta di dichiarazioni scoppiettanti fa capire che la stagione della campagna elettorale davvero non si è conclusa e si sta per riaprire, questo governo non arriverà all’anno di vita.

Se così dovesse essere anche il Popolo della Famiglia deve trovarsi pronto a raccogliere la sfida come soggetto politico autonomo, senza farsi travolgere dal gigante leghista e senza complessi di inferiorità o fregole da carro del vincitore. Noi non possiamo che essere competitivi rispetto a Salvini, altrimenti dovremmo semplicemente iscriverci alla Lega, ma sappiamo (queste settimane lo hanno confermato) che i nostri temi lì sono buoni solo per gli slogan, non per l’azione di governo: reddito di maternità, abrogazione della legge Cirinnà o di quella sul biotestamento non sono all’ordine del giorno nella narrazione salviniana. Quando servono, si tirano fuori per prendere voti. Ma nel contratto di governo questi temi non ci finiscono. Solo un soggetto politico autonomo condizionante potrà determinare le coalizioni su questo argomento e non finirne determinato.

Saranno questi i temi della festa nazionale de La Croce di settembre, due giorni di riflessioni che stiamo preparando con nomi di altissimo profilo che sono curiosi di venire a conoscere il Popolo della Famiglia. La faremo nell’eremo di Camaldoli, dormiremo tutti insieme, così potremo confrontarci a fondo sulle strategie future e sulle sfide che, vedrete, già a settembre saranno incombenti. Intanto godiamoci i dissidi e i conflitti quotidiani, figli delle contraddizioni originarie di questo governo gialloverde che rischia di essere poco più di un governo balneare.