Mario Adinolfi: Un ultimo sforzo

6 Giugno 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Quando arrivi alle ultime ore della quinta campagna elettorale in due anni puoi essere legittimamente colto da una qualche stanchezza. Invece è il momento in cui bisogna produrre davvero un estremo sforzo per portare al traguardo di domenica 10 giugno il Popolo della Famiglia rispetto all’obiettivo che sempre ci si deve dare quando si è dentro un movimento politico: raccogliere il massimo numero possibile di consensi. Scegliere la strada dell’attività politica prevede questa necessità, questo “core business”. Non bastano le chiacchiere, occorre produrre risultati e sui risultati vengono misurate le scelte che sono state compiute.

In pochi ormai contestano la necessità di un soggetto politico autonomo di ispirazione cristiana, che si ponga in continuità con la grande e secolare storia del cattolicesimo politico aperta il 18 gennaio 1919 da un sacerdote siciliano con il suo “appello ai liberi e forti”. Per i primi due anni di vita il Popolo della Famiglia ha dovuto fronteggiare innanzi tutto il fuoco di chi negava il suo diritto all’esistenza. Il fronte che ci additava era vasto, dalla comunità Lgbt che scriveva che un simbolo “omofobo” che portava la scritta “no gender nelle scuole” non potesse essere messo sulle schede elettorali, al fuoco amico di chi spiegava in maniera surreale che “i cattolici sono minoranza e le minoranze non devono farsi contare”. Successivamente a ogni tornata elettorale si sperava che il Popolo della Famiglia ammainasse la bandiera e si sciogliesse. Gli attacchi sono diventati parossistici in occasione delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, con la retorica del “voto utile” che si è rivelato alla fine utilissimo a Luigi Di Maio. Le assemblee nazionali, unico organo politico statutario del PdF a cui partecipano tutti gli iscritti, hanno lucidamente sempre affermato che l’unico voto utile per chi vuole porsi a presidio dei principi non negoziabili fosse quello al Popolo della Famiglia e che in particolare per i cattolici disperdere il voto verso i vari “partiti maggiori” avrebbe prodotto inevitabilmente un inciucio con uno dei due soggetti politici verso i quali noi abbiamo sempre opposto un paletto insuperabile: Pd e M5S. Così è andata a finire, chi ha votato per la coalizione di centrodestra si è ritrovato con la Lega al governo con i grillini e la coalizione che tre mesi dopo le elezioni non esiste più visto che Forza Italia è all’opposizione e Fratelli d’Italia è in mezzo al guado.

Noi rimaniamo fermi sulle nostre posizioni: no al M5S, no al Pd, con i partiti del nichilismo non vogliamo avere nulla a che fare. I 219.635 italiani che, in condizioni assolutamente avverse, ci hanno dato il loro voto sanno che non tradiremo il loro mandato. Sono stati voti insufficienti ad ottenere una rappresentanza parlamentare, ma è indubbio che centinaia di migliaia di persone vedono il Popolo della Famiglia come una speranza proprio per la sua tenacia. Quella che ora ci ha condotto in una nuova fase, dove persino gli odiatori più ossessionati devono riconoscere che “il Popolo della Famiglia ormai c’è”, è una realtà consolidata con cui in qualche modo la nostra più complessa area culturale deve fare i conti perché è l’unica struttura che è stata capace di darsi una organizzazione diffusa e stabile.

L’ultimo sforzo che dobbiamo produrre in vista delle elezioni amministrative del 10 giugno serve proprio a questo: dimostrare una ulteriore capacità di raccolta del consenso, che dia un segnale di crescita rispetto allo 0.7% ottenuto alle politiche del 4 marzo. Se tre mesi dopo dovessimo farci trovare in buona salute elettorale, aumentando significativamente la nostra percentuale di voti, sarebbe la conferma che tutto questo colossale lavoro compiuto a mani nude sta pagando e con ulteriore costanza otterremo in futuro risultati ancora migliori, soprattutto quando spunterà la inevitabile disillusione verso l’azione del governo a trazione grillina.

La nostra collocazione politica è nell’area del popolarismo sturziano. Quel sacerdote che un secolo fa ha avviato la storia del cattolicesimo politico questo scriveva il 18 gennaio 1919: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Non ci sono parole migliori di quelle di don Luigi Sturzo per chiedere il voto al Popolo della Famiglia domenica 10 giugno: “uniti insieme”, scrive il prete di Caltagirone. La tensione unitaria e unitiva fa parte delle ambizioni del PdF e siamo qui dunque a chiedere che davvero il voto di domenica sia orientato verso di noi anche da parte di coloro che il 4 marzo non ci hanno votato, scegliendo soluzioni più comode e tradizionali che però come nel 2013 hanno determinato la nascita di un governo dell’inciucio. Ora basta. Anche la Conferenza episcopale italiana ha cominciato ad accorgersi della necessità di andare verso il soggetto politico autonomo di ispirazione cristiana e il cardinale Bassetti fa bene a citare Sturzo e Toniolo in ogni suo discorso o intervento pubblico. Il segnale è chiaro. Quando dalle parole i vescovi italiani vorranno passare ai fatti, sappiano che troveranno in ogni angolo di questo paese una pattuglia che si è fatta avanguardia organizzata che quando sembrava impossibile e tutti sparavano addosso, si è messa a costruire le strutture che renderanno possibile abitare insieme una casa comune. E questa casa si chiama Popolo della Famiglia.

Domenica cominciamo a mettere cemento nelle mura di questa casa, facciamolo dando il voto alle liste del Popolo della Famiglia in tutta Italia. Prima di tutto a Roma, dove sfidiamo l’incapacità di governo del M5S nei due municipi dove il loro tentativo è immediatamente naufragato. Quattrocentomila cittadini della Capitale hanno la possibilità di scegliere la lista del PdF e due candidati presidenti di valore che noi proponiamo come alternativi a tutte le coalizioni: Francesco Garroni Parisi per Roma III e Guido Pianeselli per Roma VIII. Attorno a Roma si può votare per il PdF grazie alla sapiente attività organizzativa di Sabrina Bosu anche a Anzio (capolista Giovanni Marcotullio) e a Velletri. Ma mai come in questa tornata di amministrative il PdF è presente davvero in tutta Italia, dal Veneto dove ci presentiamo autonomamente con i nostri candidati sindaco a Villafranca di Verona (in continuità con l’azione di Filippo Grigolini nel capoluogo) e a Treviso con Carla Condurso, fino in Sicilia dove l’azione di Nicola Di Matteo prosegue e chiediamo il voto al simbolo PdF a Messina grazie a Eleonora Pagano e a Gravina di Catania grazie e Angelo Butera.

Votate PdF anche a Brescia, Venegono e Ceresara in Lombardia (grazie Massimiliano Amato, grazie Massimiliano Esposito) così come in Calabria a Decollatura (grazie Angela Ciconte). Il grande lavoro di Mirko De Carli in tutta Italia ha il suo epicentro a Imola, dove presentiamo un nostro candidato sindaco, mentre in Piemonte il coordinamento di Maurizio Maurizio Paolo Mario Schininà ha prodotto liste autonome del PdF in tre comuni: Roure, Novalesa e Feisoglio. Stesso lavoro compiuto in Liguria da Nino Iraci a Imperia e a Camogli, mentre in Toscana Carla Stefanini ci ha reso protagonisti a Massa. In Umbria decisiva sarà la sfida di Terni, mentre nelle Marche speriamo molto nei risultati di Grottammare e Porto Sant’Elpidio. In Abruzzo Simona Lupi è la nostra portabandiera a Teramo, mentre in Puglia Mirco Fanizzi è il candidato sindaco del Popolo della Famiglia a Monopoli. In Campania Raffaele Adinolfi ci ha resi protagonisti a Pontecagnano.

Con Gianfranco Amato abbiamo girato ogni angolo d’Italia per dare sostegno alle nostre liste e ai nostri candidati (una miriade sono quelli presenti in esperienze civiche nei comuni minori dove tradizionalmente non ci si presenta con simboli di partito). Io personalmente chiuderò la campagna elettorale a Ceresara dove abbiamo scelto una “bicicletta” con la Lega su un candidato sindaco donna, dimostrando che per noi la prospettiva coalizionale non è preclusa ove si creino le condizioni e in prospettiva speriamo che il governo nazionale diventi verdeblu e non gialloverde. Per ottenere questo risultato dobbiamo rafforzarci e come vedete lo stiamo facendo ovunque.

Domenica 10 giugno possiamo dimostrare che la traversata del deserto che abbiamo avviato dopo i risultati del 4 marzo è anche un cammino di crescita iniziato immediatamente in termini di raccolta del consenso. Il 24 giugno ci saranno i ballottaggi poi ci riposeremo un po’ dopo cinque campagne elettorali in due anni che ci hanno spossati ma in cui ci siamo conquistati città per città, comune per comune il diritto a esistere. A settembre ci ritroveremo per analizzare con serenità un 2018 così rilevante per la nostra giovane storia, per decidere tutti insieme come abbiamo sempre fatto i passi da compiere nell’immediato futuro, visto che nel maggio 2019 si andrà a un altro test politico nazionale di grande rilevanza quale le elezioni europee. Dove, è bene che sia chiaro il mio intendimento fin da subito, il Popolo della Famiglia non potrà che presentarsi con le sue insegne per compiere un altro passo della sua marcia a testuggine. Si tratta di una elezione di stampo completamente proporzionale, priva di collegi maggioritari, dove ognuno correrà per sé e non ci saranno le coalizioni. Infilare il PdF in uno sterile dibattito “coalizione sì, coalizione no” è dunque semplicemente stupido: primo perché la coalizione di centrodestra non esiste più visto che ognuno ha preso strade differenti, secondo perché alle europee con la proporzionale ognuno corre con il suo simbolo. Quindi le strade per il Popolo della Famiglia sono due: o corre con il proprio simbolo o ci andiamo a iscrivere ad un partito altrui. Tutto il lavoro compiuto in questi due anni ci spinge verso la prima ipotesi, ovviamente. Quel che occorre fare è dunque produrre il massimo sforzo per evidenziare i tratti di originalità e di alternativa ai soggetti politici esistenti, per attrarre più consensi politici verso il PdF, in una stagione in cui la Chiesa italiana si sta ponendo degli interrogativi sull’atteggiamento da tenere nei confronti della politica. Difficilmente virerà verso un sostegno esplicito al governo gialloverde e allo stesso tempo appare sfilacciata l’intesa di potere che si leggeva in controluce con il Pd renziano, almeno perché è venuto meno il potere. Le parole di Bassetti sembrano orientate sempre più verso il varo di un soggetto politico autonomo, da sostenere senza sbracciarsi. Il Popolo della Famiglia fin dalle prossime amministrative dirà con forza: ci siamo già e siamo in crescita, le nostre strutture e le nostre energie sono a disposizione. Chi crede di vederci fiaccati e ogni volta ci propone la resa, dovrebbe aver imparato che siamo dotati di una capacità di resistenza e organizzazione fuori dal comune. Dunque resisteremo e ci organizzeremo sempre meglio, essendo sempre di più. L’invito è ad iscriversi al Popolo della Famiglia al link www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora per rafforzare la nostra esperienza e a seguire l’elaborazione culturale e politica che il PdF offre tramite il quotidiano La Croce.

Ora serve un ultimo sforzo, il voto del 10 giugno è importante per la nostra storia e per la storia italiana. Serve a offrire una casa comune sempre più ampia ai cattolici italiani impegnati in politica, ai cristianamente ispirati, alle persone di buona volontà che vogliono porsi a presidio dei principi essenziali e dunque non negoziabili senza ambiguità. Come scrive spesso Fabio Torriero, dobbiamo rafforzare l’alternativa rappresentata dai credenti al cinismo di chi fa solo esercizio di potere. Con Danilo Leonardi ci chiediamo spesso che ne sarà, ad esempio, della Rai: davvero i “nuovi” ci proporranno Giovanni Minoli, Michele Santoro, Milena Gabanelli e Carlo Freccero per il governo della principale azienda culturale del Paese? Attenti, questo è sempre il Paese del gattopardo: “Bisogna che tutto cambi, affinché tutto resti invariato”. Chi vuole cambiare davvero sostiene il Popolo della Famiglia, prende il suo scudo, entra nella testuggine e si mette in marcia attraverso il deserto.

Domenica 10 giugno (si vota dalle 7 alle 23, al mare ci vai prima o dopo aver votato) dai forza al Popolo della Famiglia. Noi siamo quelli che non tradiscono.