Mario Adinolfi: Se il voto diventa prospettiva

8 Maggio 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Non avrei mai creduto che il 2018 sarebbe diventato il primo anno della storia italiana in cui si tengono due elezioni politiche generali e che questa doppia opportunità sia fornita al Popolo della Famiglia subito dopo la “partita d’esordio” del 4 marzo con i 219.535 voti raccolti che a questo punto ho dovuto richiamare “ai posti di combattimento”. Non credo si voti in estate, più probabili elezioni in autunno, ma insomma dobbiamo tenerci pronti a capire analiticamente quel che sta avvenendo, con la realtà che è molto diversa dalla narrazione che trovate su tv e giornali.

Sergio Mattarella ha compiuto la scelta giusta avanzando la proposta di governo neutrale. Se il voto diventa la prospettiva, è chiaro che il voto non poteva essere gestito da un governo politico di minoranza che non aveva mai ottenuto la fiducia. Lo può fare solo un governo tecnico neutrale e di garanzia, perché la partita politica non può avere come arbitro una delle parti in causa perdipiù priva di piena legittimazione nel suo collocarsi al timone del governo. Bisogna conoscere i meccanismi costituzionali e le loro sfumature per comprendere questo passaggio, ma senza dubbio l’azione di Mattarella è corretta. L’alternativa sarebbe stata affidare l’incarico a Salvini, che avrebbe formato un governo, non avrebbe ottenuto la fiducia, sarebbe tornato al Quirinale che avrebbe sciolto le Camere pregandolo di restare in carica “per il disbrigo degli affari correnti”, tra cui l’organizzazione delle elezioni. Questo non può essere fatto da un governo politico che non ha mai ottenuto la fiducia. Può farlo un governo tecnico neutrale ovviamente a patto che sia mantenuto l’impegno per ogni membro di quell’esecutivo di non candidarsi alle elezioni. Tutto questo, lo ripeto, se la prospettiva è il ritorno alle urne entro il 2018.

Un governo comunque serve per evitare l’aumento dell’Iva e presentarsi al Consiglio d’Europa di fine giugno senza essere canna al vento, perché le decisioni che saranno prese incideranno molto sull’Italia e non si può mandare a trattare il governo Gentiloni scaduto da mesi. Dunque avremo un nuovo premier, probabilmente donna, se Lega e M5S non dovessero improvvisamente scoprire di amarsi alla follia e proporre al Quirinale nelle prossime ore una propria ipotesi di esecutivo politico. Francamente mi auguro che questo non accada.

Perché? Sui giornali vi raccontano della rissa tra Renzi e M5S o delle tensioni tra Berlusconi e Salvini per via dei veti di Di Maio su Forza Italia. La verità è tutt’altra. Oggi i soli ad avere interesse a veder rapidamente nascere una governo Lega-M5S al posto del governo neutrale di Mattarella sono proprio Renzi e Berlusconi, che faranno di tutto affinché improvvisamente quel governo nasca. La prospettiva di nuove elezioni è terrificante per i due protagonisti del Patto del Nazareno. Per Renzi, che ha preso il 4 marzo una scoppola terrificante ma che controlla l’ottanta per cento dei parlamentari del Pd avendo personalmente curato immissioni ed epurazioni nelle liste, tutto si rimette in gioco e con l’aria che tira tra i dem finirà per veder tutto rimesso in gioco con decine di suoi fedelissimi che saranno passati a fil di spada. Per Berlusconi le elezioni significano cannibalizzazione di Forza Italia da parte della Lega e fine di ogni potere interdittivo su Salvini.

Per queste ragioni quelli che vi vengono raccontati come i due principali “haters” di Luigi Di Maio sono in realtà i suoi più accesi sponsor in queste ore. Il colpo di scena è dietro l’angolo, prima o dopo la nascita del governo neutrale, che peraltro nasce con la clausola di doversi immediatamente dimettere in caso si riescano a saldare in Parlamento accordi politici.

Sia quel che sia, questa legislatura appare davvero troppo fragile per potere durare molto a lungo. Forse non si voterà in estate (anzi, per quel che penso, lo escluderei nonostante le certezze e le date indicate da tutti i giornali) ma la XVIII legislatura repubblicana durerà mesi, non anni. Il passaggio fondamentale l’ha compiuto Di Maio all’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari, quando ha assicurato a tutti e 330 gli eletti grillini la ricandidatura sicura, prevenendo così le possibili defezioni di chi rischiava di cadere vittima della loro regola interna del doppio mandato. Certi di tornare a fare i deputati e i senatori, i 330 parlamentari grillini non faranno mancare i loro voti per costruire la prospettiva del voto, se non in estate, in autunno. In condizione analoga si trovano i leghisti, che però potrebbero essere tentati dall’idea di andare al governo per gestire loro la macchina elettorale e di qui alcuni segnali di fumo che fanno sembrare possibile l’intesa Lega-M5S, comunque per andare ad elezioni a breve avendo fatto però i provvedimenti necessari per salvare l’Italia dall’aumento Iva e magari andando al Consiglio d’Europa per difendere bene gli interessi dell’Italia.

E veniamo a noi. Considero i pentastellati come longa manus del potere massonico antifamilista in Italia, sono appena andato in televisione a difendere la festa della Mamma da un provvedimento di una giunta municipale grillina che ne ha chiesto l’abolizione in un asilo per non disturbare una coppia gay e la loro “famiglia” costruita con il crimine dell’utero in affitto. A Torino la giunta grillina ha forzato la norma per la registrazione della “figlia di due mamme”, a Roma si è fatto lo stesso con i due papà, dopo la rimozione a tempo di record del manifesto contro l’aborto. Io davvero penso che, per chi ritiene centrale la questione antropologica, il grillismo sia il nemico da battere. La vicinanza su molti temi tra Di Maio e Salvini non mi piace e mi rafforza nell’idea che il Popolo della Famiglia debba essere alternativo alle coalizioni prevalenti, almeno in questa prima fase della sua vita, perché costruire un radicamento e una identità richiede tempo.

Poi c’è la politica. Fin dal 2016, anno in cui siamo nati, abbiamo costruito sul piano locale alleanze in coalizione in alcuni piccoli comuni, mentre nelle grandi città abbiamo sempre scelto di andare da soli secondo la linea nazionale. A Roma confermeremo questa scelta nei due municipi che vanno al voto il 10 giugno 2018, ci proponiamo con i nostri candidati alla presidenza e alla carica di consigliere municipale, come abbiamo fatto a novembre a Ostia ottenendo l’1.4%. Scelte analoghe di corsa in solitaria abbiamo compiuto a Treviso, a Imola, a Villafranca di Verona, a Sarsina, a Giulianova, a Monopoli. Altrove abbiamo accettato intese di coalizione, civica o di centrodestra, dopo aver verificato le possibili affinità programmatiche.

Lo stesso metodo adotteremo per le elezioni politiche. Il Popolo della Famiglia nasce sul tema antropologico e pone poche condizioni programmatiche che sono dentro il senso stesso della nostra esistenza: il reddito di maternità, il quoziente familiare, il sostegno alla famiglia nascente e all’impresa familiare, l’abrogazione della legge Cirinnà e di quella sul biotestamento, l’affermazione del diritto universale a nascere, la battaglia per rendere l’utero in affitto crimine contro l’umanità, l’aiuto alla disabilità che non può essere lasciata tutta a carico della famiglia, la lotta alla povertà in particolare delle famiglie numerose. Questo nucleo di proposte ci caratterizza e queste proporremo anche ad eventuali prossime elezioni politiche, insieme al nostro programma più ampio che comprende come sapete ricette concrete su tanti temi come lavoro, immigrazione, sicurezza, rapporto con l’Europa, lotta alla criminalità organizzata, investimenti, sviluppo, sanità, ambiente. Il 4 marzo nessuna forza politica si è presentata agli elettori proponendo l’abolizione della legge Cirinnà e della legge sul biotestamento. Solo il Popolo della Famiglia. Chi ritiene centrale la questione antropologica (per me il tema fondamentale, l’unico che mi motiva alla lotta politica, è far capire che i figli non si pagano, che i deboli si aiutano e non si abbattono, che una persona non è mai una cosa ed è intangibile il suo diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale) ha votato il 4 marzo per il Popolo della Famiglia. Sono state 219.535 persone.

La nostra battaglia continua, la nostra proposta è più decisiva che mai e poco ci appassiona lo scontro tutto di potere tra Salvini e Di Maio, poco ci interessano i giochi nell’ombra di Renzi e Berlusconi. Noi vogliamo salvaguardare l’originalità di una proposta politica di esplicita ispirazione cristiana e vediamo non casuale che nasca morta la prima legislatura repubblicana priva di un gruppo politico che in qualche modo a quella ispirazione faccia riferimento.

Noi saremo presenti alle elezioni amministrative del 10 giugno con il nostro simbolo ben visibile in ogni regione d’Italia, entro sabato siamo chiamati a completare l’ennesima raccolta di firme e a depositare le liste. Come sempre, lo faremo. Abbiamo sentito Emma Bonino andare a protestare da Mattarella perché non riuscirà a presentare le sue liste in caso di elezioni anticipate. Eh, già, stavolta all’amica di George Soros è saltato il trucchetto del simbolo di Tabacci, le toccherà stare per strada come ci siamo stati noi per presentarci in tutti i collegi alle elezioni del 4 marzo. E ci stiamo ancora per presentarci alle amministrative di giugno. E ci staremo se si dovesse votare alle politiche a luglio o a dicembre. Potete starne certi, il Popolo della Famiglia ci sarà.

Ci dicono alcuni: andate in coalizione. Ho già risposto che è dal 2016 che se si creano le condizioni noi accettiamo di andare in coalizione. Il problema è che siamo testardi, alle nostre idee non rinunciamo. Il 4 marzo nessuna coalizione ha proposto l’abrogazione della legge Cirinnà e della legge sul biotestamento, normative peraltro marginali visto che vi hanno fatto ricorso poche migliaia di italiani su sessanta milioni. Noi ripetiamo: il Popolo della Famiglia ne vuole l’abrogazione. Ci sono coalizioni disposte a inserire questi elementi nel programma di governo insieme agli altri qualificanti che ho indicato, a partire dal reddito di maternità? Benissimo, se si crea questa condizione siamo disponibili a sederci a un tavolo. Senza questa precondizione, andremo da soli, perché ne siamo capaci e credo peraltro che andare da soli faccia bene al nostro livello di consenso (misureremo questa mia impressione alle amministrative). Però il Popolo della Famiglia non alza steccati. Avanza proposte. Non proponeteci però le solite due poltrone o gli strapuntini, perché come vi abbiamo mandato a quel Paese per il 4 marzo, lo rifaremo alle prossime politiche. Gli accordi non si fanno sul potere ma sui programmi. Se stavolta, a differenza del 4 marzo, le nostre idee troveranno cittadinanza in un programma politico più ampio di quello del solo PdF, ascolteremo le proposte organizzative conseguenti. Se è vero che i 219.535 voti del Popolo della Famiglia ottenuti il 4 marzo hanno inciso sull’assegnazione di quaranta seggi tra Camera e Senato (analisi non mia, ma dei nostri avversari), allora è interesse di chi vuole ottenere in sicurezza quei seggi avanzare una proposta.

La partita, cari amici, è ancora lunga. Una cosa vi assicuro: la sapremo giocare. A testuggine, insieme, come sempre. A noi la battaglia, a Dio la vittoria.