Mario Adinolfi: La prossima volta votate il Popolo della Famiglia

23 Marzo 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Troppo facile dire adesso che avevamo ragione. Ma avevamo ragione. Giorno 1 della XVIII legislatura repubblicana e il centrodestra va in frantumi, viene blindato un asse Lega-M5S, Salvini dà il benservito a Berlusconi e si sceglie la più laicista delle sue senatrici per consumare il tradimento, con Di Maio che si affretta a twittare di essere pronto a votare per Anna Maria Bernini presidente del Senato “o per un profilo simile” (visto che pro forma la Bernini via twitter si è detta “indisponibile” in caso di assenza del sostegno di Berlusconi).

Devo ricordare quanto scritto da Gianfranco Amato nell’editoriale su La Croce riguardo alla biografia politica recente della senatrice Bernini: “Se Anna Maria Bernini è sconosciuta ai più, non lo è a chi in questi anni si è battuto in difesa di una concezione antropologica cristiana della vita, della famiglia e della libertà educativa. Non è sconosciuta soprattutto a chi ha vissuto l’esperienza dei due Family Day di Piazza San Giovanni nel 2015 e del Circo Massimo nel 2016. Per spiegare anche agli ignari i motivi della preoccupazione per questa candidatura, mi limito a citare un interessante articolo pubblicato da Repubblica il 13 febbraio 2016, proprio a ridosso dell’ultimo Family Day. Si tratta di un pezzo di Silvia Bignami intitolato ‘L’ex ministro di Forza Italia: «Voto sì a unioni gay e adozioni»’. Il sottotitolo è ancora più esplicito: ‘La senatrice bolognese Anna Maria Bernini si smarca dal suo partito: «La battaglia per i diritti civili è il vero ossigeno dello spirito liberale»’. L’incipit dell’articolo, invece, merita di essere integralmente riportato: «Anna Maria Bernini è l’unica senatrice di Forza Italia che ci ha messo la faccia, come si usa dire oggi, e ha dichiarato che voterà sì sia alle unioni civili sia alla stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner in una coppia gay. Addirittura, lei si sarebbe spinta oltre: fino alla modifica dell’articolo 29 della Costituzione. Quello che regola il matrimonio e che avrebbe dato via libera alle nozze gay». Infatti, la stessa Bernini ha candidamente riferito in Senato che «ciò avrebbe significato non solo riconoscere le unioni civili come forma familiare consentita, accettata, possibile, ma avrebbe anche fatto fare un balzo in avanti alla società italiana». Beh, niente male per essere un’esponente del centrodestra. Poi la sua frase storica, un aforisma che resterà scolpito nella sua storia politica: «La battaglia per i diritti civili è il vero ossigeno dello spirito liberale». Inutile precisare che nei cosiddetti diritti civili sia inserito non solo il matrimonio e l’adozione gay, ma anche tutto il corollario dei falsi miti di progresso”.

Fin qui Amato, non smentito e non smentibile. Ma il problema va ben al di là della scelta di Anna Maria Bernini come seconda carica dello Stato. Il problema politico è più grave e complessivo. Milioni di cattolici sono stati indotti a votare Lega in mille maniere: con il fuoco amico contro il Popolo della Famiglia, con la retorica del voto utile, con la scenetta un po’ patetica del rosario agitato come fosse un amuleto e dei giuramenti sul Vangelo. Milioni di cattolici hanno votato Lega (e anche Forza Italia o Fratelli d’Italia, è stato chiesto il voto persino per la quarta gamba già andata in frantumi) perché, ci è stato spiegato con solennità e tono grave, solo la coalizione di centrodestra poteva essere “coalizione di riferimento per coloro che si riconoscono nel Family Day”. Nello stesso comunicato in cui si scriveva questa, con sprezzo del ridicolo, lo scrivente si autodefiniva “voce profetica” nel chiedere questa “responsabilità nel voto” alla coalizione di centrodestra. Giorno 1 della legislatura: il centrodestra non esiste più, la Lega rompe con Berlusconi e fa l’alleanza con il M5S, in più l’alleanza la si fa sulla più laicista delle senatrici berlusconiane (indotta al consueto tradimento, al cui il povero ex premier deve ormai essersi abituato) platealmente ostile ai valori del Family Day. Ripeto, è il giorno 1 della legislatura.

Alcuni mi fanno notare che Simone Pillon ha votato per Anna Maria Bernini, visto che l’unico voto mancante dei 58 leghisti di Palazzo Madama è quello di Umberto Bossi. Non sarò tra coloro che lo rimproverano. Se i voti non sono i tuoi ma del partito che ti ha eletto, voterai come ti dice il partito, lealmente, è persino giusto che sia così. Per questo il Popolo della Famiglia ha chiesto i voti in proprio, per essere libero dai condizionamenti partitici. Ne ha presi pochi rispetto alla necessità per entrare in Parlamento, solo 219.535. Ma forse qualcuno ora sta ragionando: solo un soggetto politico autonomo può salvare i difensori della vita, della famiglia naturale, dei principi non negoziabili, da una condizione di subalternità che oltre che politica è culturale. E dire culturale davanti a Salvini e Di Maio sa di paradosso.

Ma, insomma, hanno 112 senatori i grillini e 57 i leghisti, il loro totale fa 169 e ora se vogliono possono eleggersi chi dicono loro al Senato perché 169 è maggioranza assoluta e in politica contano i numeri. Forza Italia con i suoi 61 senatori è forza marginale, figuriamoci Fratelli d’Italia con la sua dozzina scarsa. La Lega ha sparigliato completamente la partita, ha compiuto una mossa che in campagna elettorale abbiamo spiegato essere inevitabile: poiché nessuno avrebbe raggiunto la maggioranza, l’inciucio era il solo esito possibile e chi votava centrodestra votava l’inciucio. Non siamo stato creduti ma è bastato il giorno 1 della legislatura a spiegare che le “voci profetiche” avevano la vista offuscata, è capitato loro spesso.

La sola strada praticabile, difficile e faticosissima, è la traversata del deserto che il Popolo della Famiglia propone a tutte le persone di buone volontà che credono veramente nella difesa dei principi essenziali e quindi non negoziabili, prendendo spunto proprio dalla storia di M5S e Lega. Quest’ultima ci ha messo un quarto di secolo ad affermarsi e a potersi smarcare dall’abbraccio subalterno a Berlusconi (pur avendolo sognato fin dai tempi di Bossi e del “patto delle sardine”, ricordo per fissati della politica), il M5S prendeva l’1% alle comunali di Roma del 2008, dieci anni dopo sta al 33% e comanda l’Italia. In politica servono pazienza e costanza, servono idee forti e determinazione, soprattutto serve tempo per la edificazione di una casa politica solida. Il primo passo che abbiamo proposto il 4 marzo 2018 era ragionevole ma in troppi sono stati attratti dalla consueta proposta politica che già nel 2013 si era dimostrata inadeguata, è da lì che l’unità del centrodestra è minata. Oggi il centrodestra come lo abbiamo imparato a conoscere fin dal 1994, con Berlusconi a dare le carte, alleato con Lega e destre subalterne, ha cessato di esistere. Bisogna saper riconoscere le fasi storiche e dopo un quarto di secolo quello schema, rassicurante per tanti cattolici, mostrava da tempo tutti i suoi limiti. Anche per questo è nato il Popolo della Famiglia e avevamo ragione a chiedere il vostro voto per uno schema nuovo fin dal 4 marzo. Chi non ce l’ha dato e ora si trova con il centrodestra finito e l’inciucio Di Maio-Salvini sul nome della laicista Bernini può anche non chiederci scusa, ma da domani sappia che (come recitava il nostro slogan) “l’alternativa c’è”. E si chiama Popolo della Famiglia. Da votare fin dalla stagione delle amministrative che si apre con le regionali del Molise del 22 aprile e arriverà fino a giugno con il rinnovo di quasi 800 consigli comunali.

Ora è tempo di avere coraggio e di mettersi in marcia. La traversata del deserto è l’unica opzione possibile, la pazienza nella costruzione di una casa comune unitaria che si chiama Popolo della Famiglia caratterizzerà la nostra azione, che sarà politica nel senso più alto del termine. Gli inciuci di Palazzo li lasciamo a chi deve ai voti degli altri la sua presenza nel Palazzo. Non potrà che obbedire ai diktat di partito, è comprensibile, anche se sbagliato. Conosco troppo bene quei meccanismi per mettermi a giudicare. Ma ora è davvero il tempo nuovo dei liberi e forti.

Soprattutto dei liberi.