Mario Adinolfi: Sulla questione del fascismo

29 Gennaio 2018 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Intervistato dai ragazzacci della Zanzara, venerdì scorso, ho ritenuto di dire cosa ovvia affermando che “Mussolini ha fatto anche cose buone”. Ora, a differenza di altri che armeggiano su questi argomenti per vie ideologiche, io non ho alcuna necessità di difendere il fascismo per ragioni di simpatia o adesione ideale mascherate. Anzi, per il fascismo non ho alcuna simpatia, sono reperibili sul web dure prese di posizione contro un regime che quando era necessario stigmatizzare ho stigmatizzato. Io ho un solo problema, anzi due. Il primo problema, il più grande, è che qualche anno fa ho giurato a me stesso che avrei sempre e solo testimoniato la verità, senza paura e prescindendo da calcoli sulle conseguenze. Dunque se mi dicono che il fascismo è stato “male assoluto”, quindi solo male, ricordo che la definizione è di Gianfranco Fini e ne sorrido per molteplici ragioni. Il secondo problema, minore, è che sono un laureato in Storia. Di più, un laureato di un Dipartimento di Studi Storici Contemporanei che sono sempre stati la mia più segreta e assoluta passione fin da bambino.

A sette anni i miei coetanei ogni settimana compravano Topolino, io uno dei 47 volumi tascabili della Bur da cui era composta la magnifica Storia d’Italia di Indro Montanelli (e Mario Cervi e Roberto Gervaso). I miei amici collezionavano le figurine Panini dei calciatori, io di un astruso e meraviglioso album chiamato La Storia (i miei genitori erano poveri, le bustine costavano 20 lire a differenza delle 100 lire delle Panini, piccola controindicazione: non avevo nessuno con cui scambiare i doppioni a ricreazione). Per tutte le elementari fui tormentato da un compagno di banco appassionato di fumetti di Tex, io leggevo solo La Storia d’Italia a fumetti firmata da Enzo Biagi. Adesso mia figlia Clara ha sette anni e mi piacerebbe trasmetterle questa passione. Con Livia pure ho provato, ma senza grandi risultati. Lo studio della storia sembra essere un vecchio arnese che a nessuno interessa più. Io invece l’ho studiata in maniera estremamente approfondita, amandola e non mi definisco personalmente uno “storico” solo perché ho studiato con alcuni che erano immensamente più colti di me e dunque mi sentirei inadeguato. Ma le nozioni fondamentali per esprimere un’opinione motivata e chiara sul fascismo le ho.

Ricapitoliamo. Non sono un simpatizzante fascista o neofascista, in alcun modo. Non traggo alcun vantaggio a impelagarmi in questa polemica, anzi, alcuni amici premurosi mi hanno detto di lasciar perdere perché il tema “è divisivo” e in campagna elettorale può farmi perdere voti. In più ci sono movimenti apertamente neofascisti che potrebbero vivere la mia come una “invasione di campo” e sentirsene irritati, almeno quanti miei ex compagni del Pd. Ma, insomma, per un giorno voglio dimenticarmi di essere un candidato alle elezioni e voglio scrivere qualcosa che resti sull’argomento.

Il fascismo dal punto di vista dell’ordinamento giuridico ha certamente varato leggi orrende e cariche di tragedia, non mi riferisco solo alle leggi sulla “difesa della razza” del 1938 o al decreto di ingresso in guerra nel 1940 al fianco della pazzia di Adolf Hitler, ma anche al pacchetto di “leggi fascistissime” che tra il 1925 e il 1926 trasformarono l’Italia in uno Stato totalitario guidato da un regime dittatoriale che cancellava le libertà democratiche e finanche elementi fondamentali della libertà d’espressione come la libertà di stampa. Il mio giudizio di “storico” (massì, per una volta passi questo momento di vanagloria) è più che netto su tutto il complesso di quelle leggi, le conosco bene e analiticamente, quindi non posso che condannarle con il massimo della decisione.

Allo stesso tempo come è noto il regime fascista ha goduto per quasi due decenni del consenso della stragrande maggioranza degli italiani. A causa di una prolungata infatuazione collettiva innervata solo dall’ossessiva propaganda del regime? No, non è andata così. Quel consenso si è stratificato anno dopo anno per via di una raffica di provvedimenti che hanno innovato l’Italia e migliorato le condizioni di vita delle classi subalterne. In sostanza la “nazionalizzazione delle masse” ha avuto buon gioco grazie alla capacità del governo di Benito Mussolini di migliorarne le concrete condizioni di vita. Come?

E qui veniamo al tema “Mussolini ha fatto qualcosa di buono”. Fatto che è storicamente innegabile e riscontrabile nell’ordinamento giuridico del Paese. Inail e Inps nascono rispettivamente nel 1933 e 1935. Prima, nel 1923 vengono istituite l’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia (sì, la pensione per invalidi e anziani) e nel 1926 l’assicurazione sull’assenza di lavoro (sì, il sussidio di disoccupazione è una invenzione fascista, non social-comunista). Nel 1928 ha esentato dalle tasse le famiglie numerose. La settimana lavorativa nel 1937 viene ridotta a 40 ore e nello stesso anno vengono istituiti gli assegni familiari, molto più ricchi in proporzione di quelli attuali. Con Cesare Mori il fascismo ha fatto la guerra vera alla mafia e alla massoneria, dal 1933 al 1939 ha bonificato le paludi in mezza Italia e fondato città dove prima c’erano acquitrini. Mussolini va al governo in un paese di analfabeti, in 14 anni raddoppieranno gli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado. Nella mia città nascono il quartiere dell’Eur e il complesso del Foro Italico con lo Stadio dei Marmi. Vengono inaugurati i primi 436 km di linea autostradale italiana (con la Milano-Laghi e la Genova-Serravalle). Mussolini risponde alla crisi del 1929 con 37 miliardi in opere pubbliche (6.000 case popolari, 3.131 fabbricati economici popolari, 11.000 aule scolastiche, ponti e acquedotti che hanno portato l’acqua in casa a oltre dieci milioni di italiani) e nonostante tutti questi investimenti pubblici riesce a mantenere il pareggio di bilancio. Mussolini ha fondato la Fao, l’Imi, l’Iri, le casse rurali e artigiane, ha portato sotto controllo pubblico la Banca d’Italia, ha abrogato la schiavitù in Etiopia, ha istituito i parchi nazionali dello Stelvio, del Gran Paradiso, dell’Abruzzo e del Circeo, ha stabilito l’obbligo scolastico fino a 14 anni. Tutte queste sono cose buone.

Voler negare le evidenze del male rappresentato dal fascismo e della ragione per cui ha goduto di ampio consenso, che risiede in una capacità di governo degli italiani che ne ha migliorato le concrete condizioni di vita, significa negarsi all’analisi storica e consegnarsi a quella ideologica priva di verità. E io, pure in una fase di campagna elettorale, questo atto di disonestà intellettuale rispetto a una fase determinante della storia d’Italia non voglio compierlo, anche se mi converrebbe e dire ciò che è andato e ciò che non è andato ha il doppio svantaggio di scontentare sia gli antifascisti che i nostalgici. Ma tant’è, spero che attraverso questo scritto scopriate qualcosa che non sapevate del nostro passato, che poi qui risiede l’attività del giornalista e dello storico.

Dedico questo articolo alla memoria di Indro Montanelli, con gratitudine.