La direzione nazionale del Partito democratico ha messo in scena una dinamica piuttosto evidente: Matteo Renzi accelera sulla fase congressuale, per farsi incoronare leader entro aprile e andare al voto a giugno potendo scegliere chi mettere in lista, cancellando chiunque non lo appoggerà nella conta interna. Con le nuove normative proporzionali per Camera e Senato alla minoranza converrà tra qualche settimana fare la scissione, per prendersi i suoi seggi altrimenti Renzi non gliene fa eleggere manco uno. Il premier Paolo Gentiloni doveva intervenire alla direzione, ha capito che non era aria e se ne è andato dopo aver ascoltato il suo amico mandargli il noto hashtag #paolostaisereno. La cosa non gli è piaciuta e non è piaciuta neanche a Sergio Mattarella che dal Quirinale faceva filtrare un “no alle forzature” sussurrato nel corso della visita al Palazzo di un gruppo di allievi di una scuola elementare. La partita insomma è ancora complessa, ma se non sarà giugno sarà settembre: si vota per le elezioni politiche entro quattro-sette mesi. L’avviso è per il Popolo della Famiglia, i tempi sono questi, sono già in corso le procedure per presentare il movimento alle amministrative, in realtà sarà un “riscaldamento” in vista delle elezioni politiche. La direzione nazionale del Partito democratico ha dettato i tempi, al di là delle chiacchiere, l’accelerazione è nelle cose. La rissa tra Salvini e Berlusconi fa capire che ognuno andrà a prendersi i propri voti. Anche per il popolo del family day è giunto il tempo di farlo.