Cosa cambia con la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum? Praticamente tutto. La sentenza era pronta da ottobre, era stata anticipata dai principali giornali, non si capisce bene perché i giudici abbiano dovuto attendere l’esito del referendum del 4 dicembre se non per opportunità politica: salta il ballottaggio e, questione minore, salta la libertà per i capilista di scegliersi gli eletti subentranti (libertà che gli eletti in più collegi con ogni legge elettorale hanno sempre, improvvisamente alla Consulta hanno deciso che questa pratica è incostituzionale, ma è dal 1948 che lo si è fatto senza che mai si abbia avuto niente da ridire, vabbè, piccola noterella storica). Non vengono toccati gli sbarramenti dell’Italicum: per accedere al riparto dei seggi occorre raggiungere il 3% dei consensi. La sentenza è immediatamente applicativa, così come lo è quella che riguardava il Porcellum e aveva prodotto il cosiddetto Consultellum. Quali scenari si aprono ora?
La strada verso le elezioni politiche è teoricamente sgombra. Se domani fossero sciolte le Camere, si voterebbe per la Camera con il nuovo Italicum figlio della sentenza della Corte (sbarramento al 3%, turno unico, premio di maggioranza alla lista che ottiene più voti con soglia minima del 40%, se nessuno raggiunge la soglia, riparto proporzionale tra tutte le liste che superano lo sbarramento, territorio diviso in 100 collegi, capilista bloccati e altri candidati che corrono con le preferenze) e per il Senato con il Consultellum (abbastanza simile, ma senza premio di maggioranza). In teoria sarebbe ragionevole che il Parlamento armonizzasse ulteriormente le leggi elettorali di Camera e Senato, perché la prima ha un impianto ancora maggioritario, la secondo è di tipo schiettamente proporzionale. Ma in pratica se il tavolo per la riforma elettorale dovesse saltare, chi ha l’obiettivo di mandare subito il Paese al voto ha un’arma in più perché l’argomento dell’assenza di una legge elettorale con cui votare non c’è più.
Dal punto di vista politico la legge per la Camera che emerge dalla sentenza della Corte rende ancora più frenetici i meccanismi centripeti innescati dalla prima versione dell’Italicum. Se il premio di maggioranza scatta alla lista che supera il 40% è difficile immaginare, ad esempio, che il centrodestra non si aggreghi in una sola lista, che francamente però nello schema tripolare attuale ha davvero scarse probabilità di centrare l’obiettivo. Renzi ritiene di valere il 40%, il Pd lo ha effettivamente preso alle europee 2014 e il risultato del referendum è un 41% che i più ottimisti dei renziani ascrivono totalmente al loro leader. I grillini vengono dati in crescita ma molto lontani da quel traguardo di consensi. C’è comunque la legge del Senato che restando di impianto totalmente proporzionalistico consegna la prossima legislatura al grande inciucio tra centrodestra e centrosinistra come scenario maggiormente probabile.
Per il Popolo della Famiglia lo scenario che si apre è quello che ci aspettavamo: all’assemblea nazionale del 28 gennaio 2017 al teatro Eliseo di Roma partirà una lunga campagna elettorale che sarà come un missile a due stadi. Il primo stadio è l’obiettivo delle amministrative in alcune grandi e piccole città (Palermo, Genova, Verona, Brescia, Parma, Piacenza) nelle quali si voterà in primavera, per arrivare poi al grande traguardo delle politiche dove dovremo centrare l’obiettivo del milione di voti su scala nazionale che ci garantirebbe di superare lo sbarramento e entrare in Parlamento. Non ci sono sostanziali novità rispetto a quello che ci eravamo prefissi come il traguardo di questa prima fase del nostro cammino e il 28 gennaio 2017 a Roma cominceremo, lanciando il tesseramento 2017 al Popolo della Famiglia, a conoscere i volti dei nostri iscritti che ci rappresenteranno con le 945 candidature che presenteremo alle elezioni politiche per Camera e Senato, oltre alle migliaia di altri iscritti che saranno gli esponenti del Pdf in gara per le elezioni amministrative, che potrebbero riguardare nel corso dell’anno anche la città di Roma (certamente il municipio di Ostia, grande due volte Brescia).
Noi dobbiamo semplicemente, ora, farci trovare pronti perché la sfida per le elezioni politiche è decisiva per la difesa delle nostre istanze e ora la Corte costituzionale ha sostanzialmente sgombrato la strada al voto. Si potrebbe andare alle urne tra cinque o tra otto mesi, di certo ormai è cominciato il conto alla rovescia. La diciottesima legislatura repubblicana sarà quella della “galera per gli omofobi”, dell’eutanasia, della droga libera, della scuola assaltata dall’ideologia gender, della televisione pubblica controllata dagli Lgbt, dell’utero in affitto legalizzato e del “matrimonio egualitario”. Oppure sarà la legislatura del Popolo della Famiglia. Ora sta a voi scegliere e si comincia scegliendo di venire a Roma al teatro Eliseo alle ore 15 sabato 28 gennaio 2017.
La Consulta ha sentenziato. Noi abbiamo capito. Tutti a Roma, tutti a Roma.