LA STERMINATA FAMIGLIA

1 Novembre 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Il 1 novembre è il giorno di festa della mia famiglia, la sterminata famiglia Adinolfi: un’australiana 24enne di Sydney e un attore salernitano 27enne si univano in matrimonio nella basilica di Santa Francesca Romana al Palatino. Era il 1970 e quattro anni dopo sarebbe nata mia sorella Ielma, sempre il 1 novembre. Le storie di famiglia sono così, zeppe di coincidenze che sembrano raccontarci l’unicità delle nostre esperienze, in realtà molto comuni. Le mie due nonne, ad esempio, sono nate in due emisferi differenti ma lo stesso identico giorno: il 3 maggio. La napoletana Ielma Parisi coniugata Mario Adinolfi, soldato di Sua Maestà il re, eroicamente fuggito da tutti i campi di battaglia con l’obiettivo di portare a casa la pelle era nata lo stesso giorno di Deirdre Curtis, soldato australiano che proprio in divisa conobbe David Hill militare anche lui in onore del papà caduto giovanissimo nella battaglia di Gallipoli, in cui truppe australiane e neozelandesi dell’Impero britannico vennero fino in Turchia per trovare la morte in quella carneficina da duecentomila vittime, prima guerra mondiale, 1915. Che storie. Straordinarie, clamorose. Eppure non se ne parlava mai. Penso al nostro stare attaccati affannosamente ora dopo ora agli smartphone, per vedere “cosa succede” agli altri, a far pettegolezzo 2.0 sui like di tizio piuttosto che sulle tresche di caio. Le storie grandiose che ognuno ha in famiglia tendiamo a dimenticarle, addirittura a non conoscerle. Sono invece il nostro patrimonio più prezioso, anche quando non finiscono bene.
La mia sterminata famiglia, quella che mi faceva invidiare i compagni che facevano tutti i giorni i compiti dai nonni (io per vedere i miei potevo scegliere tra una trasvolata intercontinentale di 28 ore e la lentissima tratta Roma-profondo Sud degli Anni Settanta, con tempistiche equivalenti), quella su cui non calava mai il sole perché quando nonno Mario andava a dormire a via Bastia a Salerno, nonno David si alzava per andarsi a fare un giro di golf respirando l’odore dell’oceano a Bondi Beach, oggi è una famiglia sterminata. Non ci sono più i nonni, non c’è più mia sorella, non c’è più papà, i ricordi color pastello si tuffano in vicende fosche di malattie, suicidio, dolore, morte. Restiamo mamma ed io, nucleo resistente ma esile, di qualcosa che aveva radici profonde. E ho sempre pensato che se mi sono dedicato anima e corpo per tutta la vita alla difesa della famiglia è per via dei colpi inferti alla mia e per aver nella difficoltà estrema sperimentato che l’unica nave che regge la tempesta è lì: in quella “società naturale” dove l’amore è gratis, dove non devi spiegare perché il nonno morirebbe pur di difendere il nipote, dove è il sangue a farci fare qualsiasi sacrificio per i figli e non si può dare razionale motivazione a ciò. Così è, punto, così è sempre stato e così sempre sarà: disarticolare questa nave dell’amore gratuito vuol dire consegnarsi alla tempesta senza difesa possibile. Lo capisci quando la famiglia si dissolve, quando la vita ti procura abissi di dolore e per riemergere non fai altro che cercare l’appiglio di un braccio che sai che non ti tradirà.
La famiglia è un luogo faticoso. Nella mia hanno litigato tutti, sempre, fin da quel 1 novembre 1970 che è data d’origine della nostra. Al matrimonio a Santa Francesca Romana i genitori di mia mamma Louise non vennero, un po’ perché avevano divorziato e non si parlavano più ed erano terrorizzati all’idea di ritrovarsi, un po’ perché non approvavano proprio la scelta di quella figlia ribelle che s’era imbarcata su una nave nel porto di Sydney prima ancora di compiere 22 anni ed ora aveva deciso di non tornare dall’altro emisfero addirittura sposandosi. S’era pure convertita, da protestante era diventata cattolica e quando penso al dibattito su Lutero e quel mezzo millennio trascorso dalla Riforma, penso che in materia di ecumenismo a casa Adinolfi abbiamo lezioni da fornire: è tutto molto semplice, basta che i protestanti si convertano. Le assenze alle cerimonie in chiesa divennero comunque una specialità della casa: mio padre non andò ai funerali del padre né a quelli della madre, che a sua volta non era venuta ai funerali di mia sorella e sua nipote, mia madre marcò visita ai funerali del padre, il divorzio aveva lasciato in lei traccia profonda, non glielo aveva mai perdonato. Quindi quando parlo di famiglia davvero non ho in mente quella “del Mulino Bianco”, come spesso provano a dire. Conosco tutta l’immensa fatica dello stare insieme tra diversi, l’hanno compiuta mia mamma e mio papà per mezzo secolo e mica sono state rose e fiori. Ma è l’unica nave che regge la tempesta.
A Santa Francesca Romana c’è uno dei pochi affreschi di Melozzo da Forlì e la storia della sterminata famiglia era destinata ad avere l’ultima delle puntate finora scritte con la nascita di Clara proprio a Forlì, figlia di un matrimonio celebrato a Las Vegas e con Livia Adinolfi
ormai ventenne che vive a Parigi, sempre per mantenere il sapore internazionale della famiglia. Coincidenza, si dirà. Il solito gioco a credere uniche storie che poi sono di tutti. Forse. Ma in ogni famiglia ci sono vicende straordinarie che vanno disseppellite a partire dalla bellezza del giorno 1. Il nostro giorno 1 è il 1 novembre 1970 ed era una bellissima giornata a Roma che mai come allora fu per noi Caput Mundi, perché lo squattrinato attore Ugo disse sì per sempre alla bellissima e sola Louise, la “straniera”. Giurarono davanti a Dio che l’uomo non avrebbe diviso ciò che Lui aveva unito, lo giurarono e mantennero fede al giuramento, nonostante ogni tempesta: a premio e memoria di quella promessa, sempre il 1 novembre arrivò quell’angelo di mia sorella. Oggi, per la prima volta, è 1 novembre di mero ricordo velato da lacrime: non è compleanno, non è anniversario. Ciò che il Signore ha dato, il Signore si è ripreso. La sterminata famiglia è famiglia sterminata, ma resiste salda l’idea di questa nave che attraversa la tempesta e tiene ancora, disegnata con un figlio che somiglia al padre che oggi guarderà la mamma con lo stesso sguardo d’amore di quel 1 novembre 1970, anche se sa che lei oggi come allora avrà quell’ombra di malinconia della fragile donna che è stata in qualche modo ingiustamente lasciata sola.