UN CAMMINO DA PERCORRERE INSIEME

9 Marzo 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Ci sono tre fatti che hanno colpito l’opinione pubblica nelle ultime 48 ore e poiché sono un cittadino come gli altri hanno colpito anche me: l’incredibile orrore dell’omicidio del Collatino a Roma, con due gay che si strafanno con 1.800 euro di cocaina adescano, violentano, torturano e infine uccidono il povero Luca Varani “per vedere l’effetto che fa”; la seconda notizia di cui si parla sui giornali è la compravendita dei voti (davanti alle telecamere) alle primarie del Partito democratico, che fa dire persino al navigato Bassolino “sono disgustato” ed è l’ultimo atto dell’allineamento dei candidati ai blocchi di partenza in vista delle amministrative di primavera; infine, mi colpisce e si discute della seconda sentenza consecutiva del tribunale dei minori che legittima la “stepchild adoption” addirittura incrociata, in sfregio al Parlamento che quella norma ha bocciato al momento dell’approvazione (per ora solo al Senato) della legge sulle unioni civili. E stavolta i bambini “swappati” sono tre, nella precedente sentenza erano due. Siamo sempre alla logica del “più uno”.
Tre notizie molto diverse, ma che segnalano tre elementi di forte degrado: il degrado morale, il degrado politico e il degrado istituzionale. Gli elementi di degrado morale dell’omicidio del Collatino non c’è neanche bisogno di elencarli, portano all’orrore puro. I segni palesi, vere e proprie pustole, del degrado politico hanno fatto scrivere al pur laicissimo Ezio Mauro persino sulle colonne di Repubblica che chi compra e vende i voti “ha perso l’anima”. La vicenda di degrado istituzionale con cui la magistratura si arroga il diritto di sentenziare di fatto contro le deliberazioni del Parlamento in materia di adozione per le coppie omosessuali, dovrebbe essere sottolineata con adeguato allarme, se non fossimo in un paese in cui la lobby lgbt tiene in scacco tutta l’informazione.
Che risposta si può dare a questo triplice degrado? Prima di tutto, forse, bisogna porsi la domanda: c’è qualcuno che si pone il problema di fornire una risposta o al degrado ci siamo, tutto sommato, abituati? E allora facciamo come quei dirigenti del Partito democratico alla Matteo Orfini o alla Lorenzo Guerrini, che fanno neanche la fatica di negare le compravendite dei voti alle primarie napoletano, dicono semplicemente che il risultato è quello e chi se ne fotte, gli elementi di degrado sono dettagli. Quindi figuriamoci se storcono il naso quando la magistratura impone per sentenza quello che alcuni senatori “cattolici” si vantavano di aver evitato, cioè la stepchild adoption, senza capire che il Parlamento doveva rigettare in toto quella normativa sulle unioni civili, altrimenti le operazioni alla Nichi Vendola sarebbero diventate la prassi, così come le sentenze con lo scambio di potestà genitoriale.
Mentre passeggiavo passando di abbraccio in abbraccio lo scorso 30 gennaio in mezzo al popolo del Circo Massimo pensavo (e poi l’ho scritto su La Croce) che davvero quella era l’Italia migliore. Più passano i giorni, più ne sono convinto. L’Italia giovane, sorridente, ancorata alla dimensione valoriale, capace di sostenere i propri valori senza per questo insultare quelli altrui, allo stesso tempo rendendo testimonianza alla verità, è l’Italia che salverebbe l’Italia dal triplice degrado. In questi giorni qualcuno ha accusato me e l’avvocato Gianfranco Amato di aver voluto forzare i tempi sulla nascita di un soggetto politico che potesse esser una casa per il Popolo della Famiglia già dalle prossime amministrative. Riflettevo sulle notizie delle ultime 48 ore e ho cominciato a pensare che il nostro peccato è stato forse l’esatto opposto: aver indugiato troppo. Fossimo stati più coraggiosi e avessimo parlato chiaro già al Circo Massimo, magari avremmo evitato l’approvazione di una brutta legge. Invece abbiamo sperato, anche noi, che lo status quo contenesse gli anticorpi per respingere la malattia del degrado. Ma quegli anticorpi non esistono più, il corpus civilis è ormai privo delle più basilari difese immunitarie. Occorre ricostruirle e occorre farlo subito, a partire dal Popolo della Famiglia.
Non è un cammino che si fa in due, è il cammino di una moltitudine, un cammino che si fa insieme, anche con ruoli distinti. Mi ha colpito molto la modalità con cui padre Livio, su Radio Maria, ha presentato con benevolenza il Popolo della Famiglia, il nostro soggetto politico con cui ci presenteremo alle amministrative di primavera chiedendo il voto agli italiani, a tutti gli italiani, non solo ai cattolici. Padre Livio ci ha dedicato quasi un’ora di programma in cui ha sempre ribadito l’indipendenza di Radio Maria da qualsiasi partito politico, compreso il nostro, perché lo scopo dell’emittente è l’evangelizzazione non la politica. Ma allo stesso tempo ha voluto far sapere ai suoi ascoltatori il buono che c’è nell’iniziativa, inviandoci la sua benedizione. Voglio svelare un retroscena: io da più di un anno conduco una trasmissione settimanale su Radio Maria, il Mormorio di un vento leggero, eppure non ho mai parlato in vita mia con padre Livio né l’ho mai incontrato. Ci siamo scambiati quattro o cinque email in tutto. Ma quando c’è consonanza verso il Bene, non c’è bisogno d’altro.
Ecco quello di cui abbiamo bisogno per compiere insieme un cammino necessario che risollevi l’Italia dalle secche morali, politiche e istituzionali in cui è andata ad incagliarsi: consonanza verso il Bene, anche in ruoli distinti, con funzioni distinte. Distinti, ma uniti in questa lotta impari contro il degrado.
Uniti è la parola chiave e lo è certo anche per il Popolo della Famiglia. In tutte le città emergono candidature degli schieramenti maggiori e, incredibilmente, non ce n’è una che non si sbracci ad affermare il proprio sostegno alle unioni civili, quando non ai diritti di filiazione e al matrimonio omosessuale. A Milano Stefano Parisi e Beppe Sala fanno a gara a chi è più filo-Lgbt. A Roma i “sette nani” (mi scuseranno i miei competitori per il Campidoglio, ma è intollerabile che il degrado morale che ha spazzato via sindaco e consiglio comunale abbia avuto come risposta nell’anno del Giubileo un personale politico così scadente e frammentato) sono tutti pro-unioni gay. A Napoli De Magistris e la Valente sul tema filano d’amore e d’accordo. A Bologna neanche a parlarne. Il Popolo della Famiglia fornisce all’Italia migliore, quella incontrata al Circo Massimo, la possibilità di scegliere e di scegliere come candidato non il solito “meno paggio”, ma uno che sugli impegni assunti dal Family Day sarà conseguente perché li vive come carne e sangue, con la carne e il sangue li ha testimoniati.
Ci chiedono quali siano i nostri obiettivi. Il primo è fracassare lo status quo, perché lo status quo ha prodotto disastri. C’è chi scrive che il nostro attivismo ha infastidito qualche parlamentare che pure la battaglia l’ha fatta. A loro siamo davvero grati, ma allora poi a Roma non si può sostenere un candidato che è a favore delle unioni gay, così si rovina tutto. Serve chiarezza ed anche un pizzico di radicalità positiva. Questo tipo di status quo va movimentato e chi crede che senza movimentarlo ci possano essere esiti diversi rispetto al tradimento dei senatori “cattolici” verificatosi il 25 febbraio sul ddl Cirinnà, ovviamente si illude. O finge di illudersi perché vecchie camarille e qualche diritto di veto fanno comodo a molti e le “cose nuove” (per usare il vocabolario di padre Livio) fanno paura.
Invece davvero di “cose nuove” c’è bisogno. E a chi chiede a noi del Popolo della Famiglia che obiettivo ci poniamo, noi rispondiamo: quello di muovere il primo passo. Varremo più o meno di Giuliano Ferrara? Eleggeremo o no consiglieri comunali? Supereremo lo sbarramento a Roma? Non lo so, a Roma penso che meriteremmo di arrivare come minimo al ballottaggio, vista la pochezza delle candidature in campo. Di certo le amministrative del 2016 saranno la prima, ma non l’ultima sfida nelle urne per il Popolo della Famiglia. Poi, la politica è un gioco complesso e noi abbiamo due mesi per mettere a punto alla perfezione la macchina, con risorse economiche praticamente nulle. Ma sentiamo addosso la responsabilità di dare rappresentanza all’Italia migliore e sentiamo anche la spinta di una moltitudine. Camminiamo insieme, un passo alla volta, distinti nei ruoli se si ritiene, ma uniti e nella direzione giusta, per portare l’Italia fuori dal pantano e offrendo una risposta al triplice degrado.
Uniti e nella direzione giusta, il cammino così da doveroso si farà anche piacevole.