Fare la festa al papà

20 Marzo 2023 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia

Attenti, la questione è cruciale. Siamo passati dalla festa del papà, oggi, 19 marzo, ricorrenza di San Giuseppe, alla generalizzata caccia al papà per fargli la festa. Nelle scuole il politicamente corretto impone di non celebrare più il father’s Day; sui giornali attorno alla parola padre si accompagnano solo i termini “padrone”, “patriarcato” e “femminicidio”; persino il Padre Nostro ci hanno cambiato e il concetto stesso di Dio Padre ce l’hanno aggiornato con un po’ di femminismo ecclesialese (“Dio è donna”, disse acclamato quel Papa, che poi voleva dire tutt’altro ma lasciamo stare). In ogni ambito della società la figura paterna è stata presa a picconate. L’esito è la società dei figli persi.

Da ventisette anni faccio il papà, peraltro di femmine: sono cintura nera di problemi affrontati e da affrontare. Pure all’Agesci ormai cancellano la figura paterna, spero che almeno ci lascino essere il genitore 1, ma è più probabile che scivoleremo nel ruolo di genitore 2. La lotta al patriarcato ha sfondato anche tra gli scout cattolici. Sono stato un papà severo e ora mi sto per arrendere all’idea che finirò denunciato o direttamente arrestato per aver osato oppormi all’idea che il genderismo possa far bene alle mie figlie adolescenti e già so che alla domanda “cosa farebbe se sua figlia le dicesse di essere lesbica” devo rispondere che darei una grande festa invitando Francesca Pascale con intrattenimento musicale di Paola Turci che canta Devi Andartene, brano contro Berlusconi che contiene un bel verso sul mondo “che non conosce il senso della parola impedire”.

I papà a pensarci bene servirebbero proprio a questo, dovrebbero impedire ai figli di farsi del male, usando la propria autorevolezza per guidare e talvolta vietare. Il figlio a sua volta genera dialetticamente rispetto all’ordine proposto dal padre un proprio inevitabile desiderio di crescita e affrancamento, che passa anche dalla trasgressione. Ma in una società in cui tutto si può fare, in cui l’impedimento è impedito e il buon genitore è quello che compra i preservativi alla figlia minorenne affinché non contragga malattie veneree, questi poveri ragazzi come potranno mai trasgredire? E infatti crescono fiacchi, conformisti, incapaci di slanci, lobotomizzati dai social e dagli schermi dei loro cellulari. Che nessun padre potrà mai confiscare, pena denuncia all’autorità morale superiore della logica dell’autodeterminazione: ognuno deve poter fare quel che gli pare, dal chiedere farmaci bloccanti della pubertà attorno agli undici anni per preparare il cambio di sesso a drogarsi con costi possibilmente a carico dello Stato. Che poi tra le canne e il cellulare non so cosa faccia peggio. Nel dubbio, cari colleghi papà, zitti su tutto. Tanto l’autorità per vietare non ve la riconoscono più e i comandamenti son ridotti a miti consigli, a partire da quello sull’onorare genitore 1 e genitore 2.
Partecipavo due sere fa a un dibattito televisivo dove la capa delle famiglie arcobaleno orgogliosamente mi faceva sapere che la figura paterna loro l’hanno proprio eliminata, non serve. Si fa tutto con due mamme. Nessuno osa mettere in dubbio questo nuovo dogma della contemporaneità che travolge il “mater semper certa est” così come il “di mamma ce n’è una sola”, anticaglie per noi boomers. O meglio, quei pochissimi che affacciano i loro dubbi sono certamente omofobi, lo dicono pure Elly Schlein e Zan, così torniamo alla questione dell’arresto.

Il mondo avrebbe così tanto bisogno di padri, di figure autorevoli capaci di indirizzare verso il bene le spinte giovanili che tendono alla libertà, in un tempo in cui i giovani ne hanno così tanta che non sanno che farsene. E la libertà senza un orizzonte di senso diventa solo una confusione dentro la quale è troppo facile perdersi. Leggo uno studio secondo cui un adolescente su quattro è depresso, uno su tre ha avuto contatti con la droga da minorenne, uno su dieci si ubriaca più volte al mese, i fumatori di tabacco sono meno dei fumatori di cannabis, ovviamente il sesso è consumato già tra quindicenni ed è l’età media, vuol dire che molti cominciano anche a dodici. Poi ci sono i disturbi del comportamento alimentare, le fobie, le psicosi, i danni da lockdown, gli hikikomori che si isolano totalmente dal mondo e quelli per cui sono questione di vita o di morte i like o i dislike su Tik Tok o su Instagram, in quella gabbia terribile che sono i social che dovrebbero essere assolutamente vietati ai minori, così come i siti pornografici dove ormai si forma l’immaginario erotico dei nostri figli di undici anni, causando disastri irrecuperabili solo per favorire un’industria da cento miliardi di dollari che invece andrebbe stroncata così come quella che tramite i social tende a trasformare in prostitute le nostre figlie.

E invece se una di loro fa i soldi vendendosi su Onlyfans tu ti devi congratulare per il successo ottenuto nel suo ”lavoro” e astenerti da qualsiasi valutazione di tipo moralistico. L’istinto di prendere la ragazza a schiaffoni va represso che altrimenti, sempre là finiamo, c’è l’arresto.

Ho contestato a lungo mio padre, la sua ansia spasmodica di avere attorno a sé una rappresentazione dell’ordine costituito priva di ombre e soprattutto ignifuga rispetto a ogni scintilla di contestazione. Mio papà dava ordini e dovevano essere eseguiti. Per non farlo più appena maggiorenne me ne andai di casa, ma oggi rimpiango assolutamente i tempi del mio essere figlio, protetto da un papà che si prendeva rigorosamente cura di me e, lo ammetto oggi, aveva ragione su tutto. Meritava gli auguri il giorno della festa del papà, si applicava con assoluta dedizione al suo compito.
Una società senza padri, una società che li ha trasformati ormai in eterni Peter Pan amici o complici dei figli, è avviata al disastro. L’uccisione del principio di autorità che si accompagna alla demolizione della figura paterna è la radice del male oscuro vissuto dalla stragrande maggioranza dei nostri figli, della cupezza che si è impadronita della nostra quotidianità, dello sbandamento complessivo della nostra società. Non va di moda parlare del maschio, del padre, in questo tempo artificialmente femminilizzato. Possiamo però festeggiare ancora il papà anziché fargli la festa? Tanto tra poco il 19 marzo diventerà come il 4 novembre, una data che risuona nella nostra memoria perché in passato era addirittura giorno di vacanza, ma non ci ricordiamo proprio il motivo.